25/02/2013, 00.00
TURCHIA - VATICANO
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Bartolomeo I: Con Benedetto XVI, un rapporto fraterno di profonda fecondità

di NAT da Polis
Dalla visita al Fanar, al cammino ecumenico mai interrotto; dalla ripresa del dialogo teologico alla messa a fuoco del ministero del papa, secondo la tradizione della Chiesa indivisa: il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ribadisce il forte legame fra la sua Chiesa e il pontefice, ringraziandolo per la sua teologia, cultura, tenacia nel perseguire l'ideale per cui Cristo ha pregato: Che tutti siano uno.

Istanbul (AsiaNews) - A pochi giorni dalla decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, testimonia la stima per lui e per il suo impegno a continuare il rapporto con le Chiese ortodosse e ad aprire nuovi campi ("una terza fase") di collaborazione comune nella difesa delle minoranze, nella libertà religiosa, nell'ecologia, fino alla discussione dello stesso ministero di Pietro, il tema "più spinoso" nel dialogo cattolico-ortodosso. Ecco l'intervista rilasciata per AsiaNews.

 

Tutti ricordiamo la visita del Papa a Istanbul. Che cosa ha segnato quel momento?

La visita di Sua Santità Benedetto XVI al Patriarcato ecumenico è stata una risposta all'invito personale di partecipare il 30 novembre 2006 alle celebrazioni per la festa di Sant'Andrea, il "primo chiamato fra gli apostoli e fratello maggiore di san Pietro". Essa è la festa della sede del Patriarcato e avevamo fatto l'invito fin dalla sua elezione al soglio di Pietro. Come il suo predecessore, il papa Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha deciso di visitare il Fanar quale gesto simbolico del suo impegno nelle relazioni ecumeniche e quale conferma del dialogo dell'amore e della verità fra le due Chiese sorelle.

Alla fine della visita di Benedetto, abbiamo firmato una dichiarazione comune sulla necessità di proteggere le minoranze, la libertà religiosa e l'ambiente naturale. La visita perciò ha segnato un sincero e significativo rinnovamento delle nostre obbligazioni e responsabilità - come capi delle Chiese cristiane dell'Est e dell'Ovest - per seguire e compiere il comandamento [dato] dal Signore prima del suo tradimento e della sua passione, che i suoi discepoli "siano uno".

Qual è stato il suo rapporto personale con Benedetto XVI?

Il nostro rapporto con papa Benedetto è stato insieme di stretta cooperazione e di profonda fecondità. Abbiamo seguito con grande interesse e amore il suo ministero come erudito e prolifico professore di teologia in Germania, come stimato vescovo e leale verso la tradizione petrina, come tradizionale Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e ora come venerabile capo spirituale della Chiesa cattolica romana diffusa nel mondo. Molte personalità della gerarchia ortodossa attuale in tutto il mondo hanno avuto il privilegio di gustare le sue conferenze e imparare dalla sua saggezza. In tutti questi anni, abbiamo mantenuto caldi e fraterni rapporti con l'attuale papa, basati sulla comune dedizione all'unità delle nostre due Chiese. Per questa ragione, fin dalla sua elezione e inizio del ministero come papa, abbiamo continuato la tradizione, istituita negli anni '60 fra il Patriarca ecumenico Athenagoras e papa Paolo VI, dello scambio formale ogni anno di delegazioni nelle rispettive feste dei patroni delle nostre Chiese.

A sua volta, papa Benedetto XVI, con generosità ci ha invitato a fare un discorso - l'unico per un capo ecumenico - durante le cerimonie ufficiali in piazza san Pietro per i 50 anni dall'apertura del Concilio Vaticano II, lo scorso ottobre 2012.

Il cardinal Walter Kasper, già Presidente del Consiglio per l'unità dei cristiani, diceva che il dialogo cattolico-ortodosso è entrato nella sua "terza fase". Quale è stato, a suo avviso, il contributo originale di Benedetto XVI a questo progresso?

Le discussioni teologiche fra Ortodossi e Chiese cattoliche sono state il punto centrale del nostro amore e attenzione fin dal 1980, quando dopo il periodo conosciuto come "il dialogo dell'amore" (inaugurato dal Patriarca Athenagoras e dai papi Giovanni XXIII e Paolo VI), è stata stabilita la Commissione congiunta per il dialogo teologico dal nostro predecessore, il Patriarca Dimitrios e dal predecessore di Benedetto XVI; papa Giovanni Paolo II. Ed è iniziato il "dialogo della verità". Gli incontri di questa Commissione, in gruppi di lavoro e in sessioni plenarie, hanno portato alla pubblicazione di dichiarazioni comuni sul mistero della Chiesa, sui sacramenti della Chiesa, la visione dell'unità e i problemi dell'uniatismo, ecclesiologia e conciliarità, e di recente il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa. Come può immaginare, questi non sono temi facili da discutere in modo aperto e onesto, specie dopo secoli dal tempo in cui le nostre due Chiese si incontravano allo stesso tavolo a conversare (13mo e 15mo secolo). Nonostante ciò, siamo convinti che dovremmo continuare ad attraversare queste barriere, riconoscendo che anche se non riusciamo ad accordarci sull'unità teologica e sacramentale, almeno siamo d'accordo sul nostro dispiacere per le tragiche divisioni e le dolorose ferite del passato. Da questo punto di vista, il ruolo di Benedetto XVI è stato sostanziale e decisivo perché egli ha condiviso la nostra preoccupazione e ha sostenuto la nostra ricerca per riprendere il dialogo teologico, purtroppo interrotto nel 2000. Così, nel 2006, i membri della Commissione mista internazionale  hanno ripreso il dialogo in modo ufficiale.

Si aspettava che un giorno la Commissione teologica sarebbe arrivata a parlare dell'esercizio del primato di Pietro? Che venisse approvato un documento al riguardo, e che la discussione potesse ancora progredire?

Come ho già detto, lo sviluppo e il progresso del dialogo teologico non è stato sempre senza ostacoli e sfide. Nonostante ciò siamo convinti che un dialogo genuino e aperto, che tende alla piena unità sacramentale, non può essere raggiunto senza un prezzo. Non possiamo sperare di obbedire al comandamento del Signore di "amarci gli uni gli altri" e di "essere uno" senza uno spirito di sacrificio. Senz'altro non vi è una via confortevole o indolore per portare la croce di Cristo. Naturalmente, dietro agli incontri delle sessioni plenarie, è emersa una linea, un metodo e un crescente consenso fra le nostre due Chiese. Per questo abbiamo iniziato con  temi quali la Trinità, la Chiesa, l'eucaristia, così da avanzare su temi come il rapporto fra la nostra fede comune e la comunione sacramentale, come pure il significato e la teologia del ministero ordinato, specie il ruolo del vescovo. E abbiamo sempre saputo che l'ultimo e il più spinoso tema da discutere è il ruolo del papato nella vita della Chiesa locale, regionale e universale.

 Ad ogni modo, gli elementi essenziali della nostra fede sono collegati in modo vitale e non possono essere isolati nella loro importanza ecclesiologica, canonica e sacramentale. È stata una benedizione aver potuto perseverare in questi due decenni col dialogo teologico e nei precedenti anni con le fraterne relazioni fra le nostre due Chiese. Ora siamo in posizione di aprire una nuova pista e - in spirito di umiltà ed amore, con una volontà in cui rispettare e imparare l'uno dall'altro - crescere ancora di più verso la realtà che è esistita nella Chiesa del primo millennio, quando eravano un solo corpo, anche se con tante membra.

Crede che il Sinodo pan ortodosso a cui sta lavorando da tanto tempo sarà finalmente celebrato? E che cosa potrà significare nell'ulteriore progresso dei rapporti ecumenici?

La Chiesa Ortodossa è una famiglia di 14 Patriarcati e Chiese autocefale, tutte unite nella fede e nella comunione sacramentale, pur rimanendo autonome nella loro vita spirituale. In questa comunione mondiale, come primo fra uguali, il Patriarca di Costantinopoli ha un primato di responsabilità, proponendo, ma senza forzare, un raduno attraverso consultazioni.

Per questo, abbiamo convocato una Sinassi dei capi supremi delle Chiese ortodosse, la prima dal 1872!  Abbiamo tento incontri a Istanbul (1992), sull'isola di Patmos (1995), a Gerusalemme e  Istanbul, in occasione del nuovo millennio(2000) e di recente ancora a Istanbul (2008). In tale incontro Panortodosso si percepisce l'espressione visibile dell'unità di tutte le Chiese ortodosse, la manifestazione tangibile della coscienza cattolica della Chiesa. Alla quinta Sinassi, ci siamo concentrati sulle difficoltà che segnano la cristianità ortodossa nel mondo: condividiamo la stessa fede e riti, ma di fatto presentiamo un'immagine di unità incompleta, come se non fossimo una sola Chiesa, ma piuttosto una confederazione di chiese, dando spesso priorità ai nostri interessi nazionali. In tale contesto, abbiamo proposto di affrettare la preparazione per un Santo e Grande Sinodo della Chiesa ortodossa e risolvere problemi in sospeso della diaspora ortodossa, una delle sfide più acute nella situazione del mondo ortodosso.

Su nostro invito, durante la seconda metà del XX secolo, le Conferenze preconciliari panortodosse hanno confermato il loro impegno;  durante gli anni '90, i Comitati preparatori ortodossi  hanno messo in atto accordi  riguardanti la cosiddetta diaspora Ortodossa.  Inoltre, in tutto il mondo si sono radunate assemblee regionali di vescovi per presentare una voce unica della Chiesa ortodossa su temi contemporanei che affliggono l'umanità di oggi, come un preludio alla convocazione del Santo e Grande Concilio. È nostra fervida preghiera e ferma speranza che tutte le Chiese ortodosse vi aderiscano e abbraccino le decisioni delle Conferenze preconciliari panortodosse, nell'attesa di una nostra comune visione per il Santo e Grande Concilio.

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