04/04/2018, 11.26
LIBANO
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Beirut, ai donatori la richiesta di aiuti per risanare un’economia in ginocchio

Il prossimo 6 aprile nella capitale francese in programma la conferenza dei Paesi donatori del Libano. Il conflitto siriano e la crisi migranti hanno bloccato lo sviluppo e impoverito la popolazione. Il premier vuole recuperare “fra i sei e i sette miliardi” fra fondi e linee di credito. Corruzione ed evasione fiscale bloccano le riforme. Servono interventi strutturali e tagli alla spesa.

 

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Per rilanciare una economia in forte crisi - acuita dall’emergenza migranti innescata dal conflitto siriano, che ha reso i cittadini sempre più poveri - il 6 aprile Beirut spera di raccogliere miliardi di dollari dall’incontro dei Paesi donatori, guidati dalla Francia. Il Libano è oggi la terza nazione più indebitata al mondo; la crescita della piccola nazione del Mediterraneo è crollata a più riprese per le numerose crisi politiche e le tensioni regionali.

La guerra in Siria, divampata nel marzo 2011 e giunta al suo ottavo anno, ha provocato il trasferimento oltreconfine, in Libano, di oltre un milione di rifugiati. Un numero enorme e di difficile gestione per il Paese dei cedri, che prima della guerra contava solo quattro milioni di abitanti.

La conferenza dei Paesi donatori di Parigi cade in un periodo particolare per il Libano, che si avvia a celebrare le prime elezioni generali - in programma a maggio - dell’ultimo decennio. Dal 2009, infatti, il Parlamento ha prolungato i termini del mandato infrangendo i dettami e la prassi costituzionale.

Dall’incontro nella capitale francese la leadership di Beirut intende raccogliere stimoli, aiuti e investimenti che possano contribuire al rilancio dell’economia. Nadim Munla, consigliere del Primo Ministro Saad Hariri, conferma che l’obiettivo è recuperare “fra i sei e i sette miliardi di dollari” sotto forma di fondi e linee di credito agevolate.

Oggi il deficit di bilancio ammonta a 4,8 miliardi di dollari; un valore due volte superiore rispetto al 2011, anno in cui è divampato il conflitto siriano. Secondo l’economista Paul Doueihy questo “buco” indica che “le probabilità di una crisi del sistema” sono oggi “più grandi che mai”. Per evitare la bancarotta, aggiunge l’esperto, lo Stato dovrebbe contenere la spesa “con la massima urgenza”. Tuttavia, nel luglio scorso il Parlamento ha approvato un aumento dei salari pubblici, con un ricarico ulteriore sulla spesa complessiva di oltre un miliardo di dollari all’anno. E negli ultimi tre anni lo Stato ha assunto 26mila nuovi lavoratori, contribuendo così a prosciugare le casse. Spese e debiti che hanno allarmato il Fondo monetario internazionale (Fmi). Nelle scorse settimane gli esperti hanno lanciato un monito alle autorità libanesi, chiedendo loro di affrontare la “crescita vertiginosa” del debito pubblico. Nel 2017 il rapporto fra debito e Pil (Prodotto interno lordo) si è attestato al 150%, il terzo valore più alto al mondo dopo Giappone e Grecia.

Al problema del bilancio si aggiunge poi quello della svalutazione progressiva della moneta locale. La Banca centrale a novembre ha prelevato oltre 800 milioni dalle sue riserve estere, per mantenere fisso il tasso di cambio di circa 1500 sterline libanesi sul dollaro in vigore dal 1997. Tuttavia, per gli esperti i fattori che sono alla base della fragilità della moneta restano immutati. Perché il Paese importa molti più beni e servizi di quanti non ne esporta e, per questo, la moneta resta sopravvalutata in maniera artificiale. E la tendenza sembra destinata a proseguire, con il deficit corrente che “dovrebbe rimanere sopra al 20%”. Questa situazione proiettata nel medio e lungo periodo è destinata a inficiare gli investimenti e allo svuotamento delle casse del Paese.

A ottobre il governo è intervenuto aumentando l’Iva all’11% per finanziare la spesa pubblica. Resta il fatto che in quadro di economia debole e di erosione del potere di acquisto, la scelta di aumentare le tasse non porterà benefici nel futuro. Una risposta potrebbe venire dalla lotta all’evasione fiscale, stimata attorno ai 4,2 miliardi di dollari all’anno. Tuttavia, persistono enormi difficoltà interne ed esterne fra cui una corruzione endemica che blocca qualsiasi riforma. Un dato su tutti lo dimostra: nell’ultimo rapporto di Transparency International, il LIbano è risultato 143 su 180 nazioni al mondo in base all’indice di corruzione percepita.

 

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