30/11/2006, 00.00
vaticano - turchia
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Benedetto XVI e Bartolomeo I: La nostra unità per l'uomo europeo e per il mondo

di Franco Pisano
L'impegno ecumenico riaffermato in una Dichiarazione comune per rinsaldare le radici cristiane dell'Europa e annunciare il Vangelo nel mondo secolarizzato. Un appello alla libertà religiosa nel mondo. Qua e là in Turchia proteste senza molto seguito. Dal nostro inviato speciale.

Istanbul (AsiaNews) - L'unità dei cristiani come strumento per l'evangelizzazione, necessaria anche nell'Europa ferita dalla secolarizzazione, il dialogo teologico tra cattolici ed ortodossi che, a tale, scopo è ripreso e sta affrontando anche la questione chiave del primato petrino, la libertà religiosa, come diritto che l'Europa dovrebbe tutelare e promuovere, la difficile condizione di molti cristiani nel mondo. E' centrata su tali questìoni la Dichiarazione comune che il Papa e il patriarca ecumenico di Costantinopoli hanno firmato oggi, al termine della solenne Divina Liturgia, celebrata nella chiesa patriarcale nel giorno della festa di Sant'Andrea, patrono delle Chiese orientali.

Un testo, a quanto si apprende, limato fino all'ultimo momento e nel quale sono identificabili tre parti: l'ecumenismo, l'annuncio del Vangelo anche all'Europa, la libertà religiosa.

La visita al Patriarcato era il motivo principale del viaggio e contro di essa si sono scagliati i nazionalisti islamici, che l'hanno dipinta come una ricerca di unità per una nuova crociata. Nel mirino, oltre all'incontro in Patriarcato, l'attesissima visita di oggi pomeriggio a Santa Sofia e il timore che il Papa possa pregarvi. "Servirebbe a riconsacrare l'antica chiesa", è stato fantasiosamente scritto. Proteste con scarso o nullo seguito. Ce n'era una organizzata anche per oggi. "C'erano dieci manifestanti, cento poliziotti e mille giornalisti", la pungente descrizione di uno dei presenti.

La giornata, nuvolosa, è cominciata con una celebrazione solenne nella settecentesca chiesa di San Giorgio, nella lunga e splendida liturgia bizantina, cantata da diaconi e monaci. Benedetto XVI, che non indossa paramenti liturgici, è arrivato all'inizio della mattinata, dopo, informa il programma papale, avere celebrato messa. Una informazione che sta a segnare la mancanza di piena comunione tra cattolici ed ortodossi: non c'è concelebrazione.

Tra i metropoliti che accolgono il Papa all'inizio della piccola scalinata che porta alla sede del Patriarcato, in una stradina del quartiere del Fanar, c'è Giovanni di Pergamo, colui che ha guidato la delegazione ortodossa ai lavori della Commissione mista, nella recente sessione di Belgrado. Entrato nel complesso degli edifici del Patriarcato e traversato il cortile interno, sulla soglia della chiesa il Papa riceve l'abbraccio di Bartolomeo I, che indossa i paramenti liturgici.

Separatamente, nelle parole pronunciate nel corso della cerimonia, Bartolomeo e Benedetto XVI sottolineano la volontà di proseguire nel cammino ecumenico, come peraltro afferma la Dichiarazione comune. Bartolomeo parla, in greco, di "nostra comune volontà di continuare, senza tentennamenti, il nostro cammino, nello spirito di amore e fedeltà, verso la verità del Vangelo e nella comune tradizione dei santi Padri, per restaurare la piena comunione delle nostre Chiese".

A tale comune volontà, Benedetto XVI, che parla in inglese, aggiunge la conferma della disponibilità a trovare un modo accettabile di esercizio del primato petrino. A Pietro, ricorda, "in maniera particolare furono affidate le chiavi del Regno dei cieli" e "il suo itinerario" l'ha condotto a Roma, "così che da questa città potesse esercitare una responsabilità universale. Il tema del servizio universale di Pietro e dei suoi successori – prosegue - ha sfortunatamente dato origine alle nostre differenze di opinione, che speriamo di superare, grazie anche al dialogo teologico, ripreso di recente". In proposito, Benedetto XVI cita l'enciclica Ut Unum Sint nella quale Giovanni Paolo II "fece l'invito ad entrare in dialogo fraterno, con lo scopo di identificare vie nelle quali il ministero petrino potrebbe oggi essere esercitato, pur rispettandone la natura e l'essenza, così da realizzare un servizio d'amore riconosciuto dagli uni e dagli altri. E' mio desiderio – sottolinea - oggi richiamare e rinnovare tale invito".

Affontando un tema che gli è particolarmente caro, e del quale ci sarà eco nella Dichiarazione comune, il Papa afferma poi che l'incarico della evangelizzazione "è lungi dall'essere compiuto. Al contrario oggi esso è ancora più urgente e necessario. Esso infatti riguarda non soltanto le culture toccate marginalmente dal messaggio del Vangelo, ma anche le culture europee da lunga data profondamente radicate nella tradizione cristiana. Il processo di secolarizzazione ha indebolita la tenuta di quella tradizione; essa è anzi posta in discussione e persino rigettata".

Particolarmente simbolico, in questo contesto, il calice offerto dal Papa a Bartolomeo ed anche il Vangelo che questi ha donato a Benedetto XVI.

Bello, alla fine della celebrazione e dopo la benedizione dal balcone che dà sul piccolo cortile del patriarcato, il gesto di Bartolomeo che ha preso e sollevato il braccio del Papa, tra gli appluasi dei presenti.

Nella Dichiarazione comune ci sono naturalmente, in primo luogo la volontà di proseguire il cammino e la sottolineatura della ripresa dei lavori della Commissione mista, ferma da sei anni. "In occasione della sessione planaria della Commissione mista per il dialogo teologico – vi si legge - recentemente tenutasi a Belgrado, abbiamo espresso la nostra gioia per la ripresa del dialogo teologico".

L'Europa, l'annuncio del Vangelo, la secolarizzazione e la difficile vita dei cristiani in molte zone del mondo, gli altri punti più significativi del documento solennemente firmato, tra gli applausi nella Sala del trono del Patriarcato. "Abbiamo valutato positivamente – vi si legge - il cammino verso la formazione dell'Unione europea. Gli attori di questa grande iniziativa non mancheranno di prendere in considerazione tutti gli aspetti che riguardano la persona umana e i suoi inalienabili diritti, soprattutto la libertà religiosa, testimone e garante del rispetto di ogni altra libertà. In ogni iniziativa di unificazione, le minoranze debbono essere protette, con le loro tradizioni culturali e le loro specificità religiose. In Europa, cattolici e ortodossi, pur rimanendo aperti alle altre religioni e al contributo che esse danno alla cultura, debbono unire i loro sforzi per preservare le radici, le tradizioni e i valori cristiani, per assicurare il rispetto della storia, come pure per contribuire alla cultura dell'Europa futura, alla qualità delle relazioni umane a tutti i livelli".

L'unità dei cristiani, nella Dichiarazione, è strumento per dare forza all'annuncio del Vangelo al mondo di oggi, nel quale "non possiamo ignorare la crescita della secolarizzazione, del relativismo e perfino del nichilismo, soprattutto nel mondo occidentale. Tutto ciò esige un rinnovato e potente annuncio del Vangelo, adatto alle culture del nostro tempo".

Nel documento c'è infine un pensiero ai "luoghi del mondo dove oggi vivono i cristiani e alle difficoltà che debbono afrontare, in particolare la povertà, le guerre e il terrorismo, ma anche le diverse forme di sfruttamento dei poveri, degli emigrati, delle donne e dei bambini."

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