19/03/2009, 00.00
CINA
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Carceri cinesi sotto accusa: morti non chiarite di detenuti anche minorenni

Nelle prigioni dell’Hunan muoiono due giovani detenuti. Cresce la sfiducia della gente e la stampa statale parla della necessità di riforme e di rispettare i diritti dei carcerati. L’opinione di esperti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Infuria la polemica sul sistema carcerario cinese, dopo che in pochi giorni sono morti due minorenni reclusi nelle carceri dell’Hunan. Mentre i genitori non accettano le spiegazioni ufficiali e chiedono indagini approfondite, l’opinione pubblica, sostenuta pure dalla stampa ufficiale, chiede urgenti riforme e garanzie contro torture e violenze nelle carceri.

Xiao Haixing del villaggio Dongjing vicino Changsha (Hunan), 18 anni, scontava dal 2007 una condanna a 5 anni per furto con scasso presso il Centro di correzione giovanile n. 5 della provincia. E’ morto il 3 marzo presso l’Ospedale n. 3 Xiangya dell’Università Centro-Sud.

Qiu Xiaolong, proveniente dalla zona di Chengzhou (Hunan), 17 anni, era in carcere al Centro di correzione giovanile n. 2 per furto, sarebbe uscito il prossimo ottobre. E’ stato trovato esanime nel suo lettino la mattina del 6 marzo. E’ stato portato al vicino ospedale, che ne ha constatato il decesso. Le autorità carcerarie  parlano di un attacco d’asma, di cui soffriva.

Ma le famiglie non accettano le spiegazioni e chiedono indagini. Hanno messo su internet fotografie dei due ragazzi, per suscitare attenzione sulla loro morte. La stessa agenzia Xinhua osserva che non sono stati resi noti i risultati delle autopsie, anche se i rapporti iniziali non parlano di segni di violenze o di avvelenamento.

L’opinione pubblica ha sfiducia verso il sistema carcerario, dopo i recenti casi nei quali le autorità di alcune prigioni hanno qualificato come “accidentali” le morti di detenuti, che invece erano stati battuti a morte da altri carcerati. In passato la polizia è stata spesso accusata di estorcere confessioni con la tortura o usare la violenza per ottenere obbedienza dai prigionieri. C’è anche il forte sospetto che la polizia carceraria tolleri che l’ordine nella prigione sia “tenuto” da gruppi organizzati di detenuti che vessano gli altri.

Oggi su Xinhua il professore di procedura penale Chen Weidong, dell’università Renmin di Pechino, commenta che le autorità “dovrebbero controllare e proteggere il [rispetto dei] diritti umani in carceri e altre strutture detentive, accertare e punirne le violazioni quali le confessioni estorte con violenza e tortura”.

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