23/02/2011, 00.00
VIETNAM
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Card. Pham Minh Mân: la Chiesa vietnamita cresce e vuol far crescere la società

L’arcivescovo di Saigon parla dell’incremento di fedeli, sacerdoti e religiosi, avvenuto negli ultimi anni nella sua diocesi. Non si deve più chiedere il permesso per far entrare un giovane in seminario. “In genere” il governo non fa abiezioni sui nomi dei futuri vescovi, “se ci sono difficoltà il Vaticano ha dovuto superarle”.
 Ho Chi Minh City (AsiaNews) - Una Chiesa, quella di Saigon, in rapida crescita, maggiore delle altre di un Vietnam nel quale “in generale” il governo non fa obiezioni alle nomine di vescovi proposte dal Vaticano (“quando ci sono difficoltà il Vaticano ha dovuto superarle”), una Chiesa che non deve più chiedere il permesso di accogliere in seminario candidati al sacerdozio - anch’essi in numero crescente - i quali, come i laici, debbono abbandonare la mentalità di “autodifesa” avuta finora e andare avanti sulla via del dialogo “con tutte le componenti della società, compreso lo Stato”, per il servizio al Vangelo, alla vita di tutti gli esseri umani, cattolici e non, e allo sviluppo del Paese.

Il cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân in una intervista al National Catholic Reporter ha definito così la realtà attuale della sua arcidiocesi di Saigon e alcuni elementi della Chiesa del suo Paese, compresi i rapporti con il governo.

La crescita della sua Chiesa, spiega il porporato, è in una serie di dati: paragonando la situazione del 1998 con quella del 2009, si vede che le parrocchie sono passate da 191 a 200, i fedeli da 524 281 a 662 148, i sacerdoti diocesani da 244 a 318, quelli religiosi da 169 a 327, i religiosi e le religiose da 2 655 a 4 754. Dal 2007, poi, “non devo più chiedere il permesso per accogliere nuovi candidati al sacerdozio”. Prima il seminario ne poteva accogliere 20 ogni due anni, Oggi ne entrano 20 ogni anno e attualmente sono 300 i giovani che sono iscritti nella lista d’attesa. “Nei 12 anni passati, il numero medio dei nuovi preti è stato di dieci. Tra quattro anni,speriamo che diventino 20”.

La “più grande sfida” che ora il cardinale vede per la sua diocesi è la “risposta” che le famiglie debbono dare all’appello lanciato dalla Grande assemblea del popolo di Dio: “il rinnovamento e l’allargamento della comunione nella Chiesa di Cristo in modo tale che possiamo integrarci meglio nella vita sociale del popolo nel quale viviamo, per annunciarvi il Vangelo”.

Un’altra sfida è data dalle interruzioni delle gravidanze: ogni anno vengono praticati più di due milioni di aborti, “un flagello che va contro la tradizione morale e culturale del nostro popolo”. “Dieci anni dopo che io ho sollevato la questione, le autorità si sono preoccupate del problema e hanno messo in guardia che ciò stava portandoci ad una catastrofe. Numerose organizzazioni cattoliche e non hanno trovato vie diverse per aiutare le donne a non ricorrere all’aborto. Ma oggi è apparso un nuovo male. Troviamo sempre più dei neonati abbandonati. Ci sono organizzazioni religiose e laiche che tentano di rimediare alle conseguenza distruttive di una ‘cultura della morte’. Ma non c’è ancora una mobilitazione generale. Tutti gli elementi della società debbono andare insieme per lavorare per questo, per guardare a un nuovo stile di vita.”

Fondamentale, per il card. Pham Minh Mân è poi la formazione dei laici. “Per 30 anni dopo il 1975, i laici non hanno avuto occasione di allargare e approfondire la loro conoscenza di fede e di pastorale. Nel 2004 abbiamo costituito un centro pastorale per andare incontro a queste necessità, specialmente per gli organismi pastorali, che comprendono più do cinquemila membri dei consigli pastorali, più di cinquemila catechisti, i numerosi componenti dei 900 cori delle 200 parrocchie e 25 organizzazioni apostoliche di laici. Ogni anno seimila persone seguono i corsi, le classi di formazione al centro pastorale. Tutto questo è mirato ad aiutare i laici a prepararsi a giocare la loro piena capacità di partecipare al lavoro di costruzione della Chiesa e a rinnovare la loro vita spirituale”.

Un’ultima questione riguarda la possibilità di una visita del Papa “entro due o tre anni”. “Ho espresso questa speranza - risponde il cardinale – almeno due volte, la prima a Giovanni Paolo II. Mi chiese come i comunisti e la Cina guardassero a questo. La seconda volta ho parlato a papa Benedetto XVI. Gli ho detto che una visita avrebbe portato maggiore stabilità e speranza. Ha alzato le mani al cielo e mi ha invitato a pregare e guardare ai disegni della Provvidenza. Non ho capito se faceva riferimento alla sua salute o alla situazione mondiale. Forse a tutte e due?”.

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