04/05/2018, 10.18
COREA-VATICANO
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Card. Yeom: Spero di andare presto a Pyongyang

di Thomas Han*

Il summit intercoreano fra Moon Jae-in e Kim Jong-un apre prospettive di pace ed unità per l’intero popolo coreano. Moltiplicare le riunioni delle famiglie divise dalla guerra. Per la Chiesa coreana a un maggiore impegno negli aiuti e nei rapporti interpersonali con il Nord. Seoul non si è mai dimenticata di pregare per il Nord e per i suoi martiri. Un’intervista all’arcivescovo di Seoul e amministratore apostolico di Pyongyang.

Seoul (AsiaNews)  -  L’incontro intercoreano fra il presidente Moon Jae-in e il leader Kim Jong-un suscita nel card. Andrea Yeom Soo-jun un grande senso di gratitudine a Dio e agli uomini che l’hanno reso possibile. Ad AsiaNews dice che essendo egli non solo arcivescovo di Seoul, ma anche amministratore apostolico di Pyongyang, coltiva il desiderio di poter andare presto nella capitale del Nord, per incontrare i cristiani rimasti e celebrare con loro una messa. Dopo la guerra di Corea, nel Nord è stata fatta piazza pulita della Chiesa e molti sacerdoti, suore e fedeli laici sono morti come martiri. Il card. Yeom afferma che la fede dei cattolici del Sud è debitrice della testimonianza dei fedeli del Nord: “La nostra libertà nel vivere la fede è dovuta anche alla loro preghiera e al loro sacrificio”. Egli spera che presto si possa inviare a Pyongyang un sacerdote in maniera stabile, per offrire i sacramenti ai fedeli rimasti nel Nord. Il porporato crede “fermamente che il fuoco dello Spirito Santo sia sempre rimasto acceso nel Nord”. Egli valuta anche in modo molto positivo l’incontro delle famiglie divise dalla guerra, e promette di potenziare gli aiuti umanitari dal Sud verso il Nord, perché siano occasione non solo di scambi materiali, ma di incontro fra persone e persone. Ecco l’intervista completa.

Eminenza, quali sono le sue prime impressioni sull’incontro intercoreano avvenuto a Panmunjom?

Guardando al vertice Sud-Nord appena concluso il mio cuore è riempito con un profondo sentimento di gratitudine a Dio che sempre ricorda delle nostre preghiere, a Beata Vergine Madre di Dio che si prende cura del nostro popolo, agli ultimi Papi che hanno sollecitato le autorità responsabili di risolvere i problemi attraverso il dialogo, chiedendo tutti i popoli del mondo di pregare per questa intenzione. Ringrazio in particolar modo Papa Francesco, che ha invitato tutti i popoli del mondo di sostenere ogni tentativo di dialogo nella penisola coreana. Ringrazio dunque tutti i popoli del mondo che hanno pregato per la pace nella penisola coreana.

Come valuta i risultati dell’incontro?

Il risultato più significativo di questo vertice, direi, è il vertice stesso, nel senso che esso cerca di verificare che il dialogo è l’unico strumento moralmente valido per costruire una pace duratura su questa penisola, superando le attuali contrapposizione. Questo vertice, il terzo nel suo genere avvenuto dopo la divisione tra il Sud ed il Nord, costituisce solo il primo passo sulla strada verso la vera pace nella penisola. È molto significativo che esso abbia finalmente aperto la strada verso la pace e l’unificazione attraverso la denuclearizzazione completa della penisola coreana. Mi auguro sinceramente che questo vertice serva come un importante volano per la pace vera dell’intero popolo coreano.

Il vertice non è solo una mossa di geopolitica, ma investe anche problemi umanitari. Quali i più importanti?

Poiché la vera pace si basa sul vivere una vita pienamente umana, la soluzione dei problemi umanitari è molto importante. Fra gli accordi di questo vertice, ritengo molto positivo la ripresa delle riunioni delle famiglie separate dalla guerra coreana, negli ultimi 65 anni. Abbiamo vissuto per un periodo troppo lungo di tempo questa realtà così straziante. Nel Sud circa 700 mila persone sono state separate dalle loro famiglie nel Nord, senza alcuna possibilità di comunicare tra loro. Più o meno lo stesso è per le persone del Nord. In passato, nel Sud circa 130 mila persone hanno domandato al governo di poter incontrare le loro famiglie nel Nord. Oltre la metà di essi, cioè oltre 70 mila persone sono già morte nel frattempo. Per quanto io sappia circa 57 mila persone sono ancora vive e molti hanno più di 80 anni. Eppure, a causa di ragioni politiche, non sono stati autorizzati nemmeno a comunicare tra loro, per non dire della possibilità di incontrare le loro famiglie nel Nord, tranne in rari momenti di accordo politico tra Sud e Nord. Dal 1985 sono stati organizzate 20 riunioni di famiglie separate. Ogni volta questa riunione durava più o meno 12 ore divise in tre giorni. È straziante vedere che le famiglie sentono ancora più dolore dopo tali riunioni.

Credo che la riunione delle famiglie separate possa servire a sanare le piaghe della divisione e promuovere la pace. Credo quindi che le autorità del Sud e del Nord dovranno fare ogni sforzo per assicurare che questa riunione non si limiti ad un evento, una volta ogni tanto, ma si svolga spesso e di continuo, tenendo conto dell’età tanto avanzata dei membri di queste famiglie.

Oltre al tema delle famiglie separate, è importante la questione degli aiuti umanitari poiché implicano contatti tra le persone del Sud e del Nord. Gli aiuti umanitari non dovrebbero limitarsi alla consegna di beni materiali, ma piuttosto dovrebbero comportare l'incontro di persone, l’incontro a tu per tu tra le persone, la condivisione dell'amore e della speranza, e l'unione dei cuori nel popolo. L'arcidiocesi di Seoul ha sempre cercato di fare del suo meglio per portare avanti in un modo o nell’altro vari progetti di aiuti per i poveri, gli ammalati, gli anziani, i neonati e i bambini del Nord che si trovano nell’indigenza. Continueremo ad ampliare tali progetti in quantità e qualità, cercando di servire realmente i destinatari e attuare la condivisione della pace attraverso i contatti intrapersonali.

Oltre agli aiuti umanitari, qual è l’impegno della Chiesa del Sud verso il Nord?

La preghiera costituisce l’alfa e l’omega dell’impegno della Chiesa che persegue di promuovere la riconciliazione, l’unità e la pace nella Penisola coreana. La preghiera ci unisce tutti in uno e rende le nostre vite centrate attorno a Dio. Quindi, ci rende fratelli e sorelle.

I fedeli della nostra arcidiocesi, negli ultimi 23 anni, non hanno mai mancato di celebrare la Santa Messa per la riconciliazione del nostro popolo in modo regolare, alle 7 ogni martedì sera nella cattedrale di Myeong-dong, a Seoul. Soprattutto negli ultimi anni abbiamo celebrato questa Santa Messa anche con l’ulteriore intenzione di custodire nel nostro cuore e pregare per le parrocchie che erano attive nel Nord prima che il Paese fosse diviso. Prima della guerra coreana nel Nord c’erano 57 parrocchie attive, con 52 mila fedeli e molti sacerdoti, religiosi e laici che hanno dato la vita per la fede con il martirio.

Soprattutto dopo la visita di papa Francesco in Corea, la nostra arcidiocesi ha iniziato un nuovo progetto, cioè una campagna di preghiera dal titolo “Una parrocchia del Nord nel mio cuore” che intende ravvivare nella preghiera il ricordo di martiri e fedeli della Chiesa nel Nord che si prendevano cura della Chiesa con la loro fede totale, fino all’ultimo momento, diffondendo la pace di Cristo nel Nord, e quindi per realizzare la vera pace nella penisola coreana.

Continuiamo a pregare con uno slogan: “Uno è vivo finché viene ricordato; la preghiera sarà adempiuta se persiste”. Chiedo umilmente a tutti voi di pregare per la Chiesa e i nostri fratelli e sorelle nel Nord.

Lei è anche amministratore apostolico di Pyongyang. Come vive questa responsabilità?

L’anno scorso nella cattedrale di Seoul abbiamo celebrato il 90mo anniversario dello stabilimento della diocesi di Pyongyang. Purtroppo, io, come Amministratore apostolico della diocesi di Pyongyang, non sono mai stato in grado di mettere piede a Pyongyang. Ma ogni giorno prego il rosario, chiedendo l’intercessione di Santa Maria Immacolata perché il Signore conceda in abbondanza la grazia per la Chiesa nel Nord e per i fedeli laici che tuttora vivono la loro fede lì in qualche modo.

Credo fermamente che il fuoco dello Spirito Santo sia sempre rimasto acceso nel Nord. Anzi, sta bruciando ancora più intensamente nei momenti di difficoltà. Credo fermamente che grazie allo Spirito santo molti fedeli tuttora custodiscono il ricordo della vita sacramentale, cioè della vita in Dio, pregandolo di aiutarli a vivere una vita in fede piena nella Chiesa quanto prima. In un certo senso, la nostra libertà nel vivere la fede è dovuta anche alla loro preghiera e al loro sacrificio.

Auguro a me stesso di potere visitarli quanto prima e celebrare la Santa Messa, ringraziando e lodando Dio insieme. È mio fervente desiderio che possa quanto prima possiamo inviare loro dei sacerdoti per amministrare i sacramenti e vivere con loro e per loro.

 

* Già ambasciatore della Repubblica di Corea presso la Santa Sede.

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