20/05/2015, 00.00
CARITAS - THAILANDIA
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Caritas Thailandia, una casa per 120mila rifugiati birmani

Accoglienza a esuli di etnia karen in nove campi profughi sul confine occidentale del Paese. Tra le attività Caritas anche assistenza medica nei villaggi e aiuto a piccoli proprietari terrieri. Un operante: “Non basta dare aiuto materiale. Dobbiamo incontrare la vita delle persone”.

Roma (AsiaNews) – La Caritas in Thailandia “gestisce 9 campi profughi sul confine occidentale del Paese, da nord a sud. Vi abitano circa 120mila rifugiati dal Myanmar, soprattutto di etnia karen. Noi li prepariamo per il ritorno a casa, anche se non sappiamo quando avverrà”. Lo racconta ad AsiaNews Jirawat Chenpasuk, ‘program coordinator’ della Caritas thai, a Roma per la XX Assemblea generale dell’organizzazione.

I karen sono la minoranza etnica più numerosa in Myanmar (cinque milioni, quasi il 10 per cento della popolazione) e fuggono da un passato di feroce persecuzione  dal conflitto con il potere centrale, con qguerre e guerriglie che durano da quasi sessant’anni.

Jirawat spiega gli altri aspetti del loro lavoro: “Siamo attivi in diversi settori: l’aiuto ai rifugiati, il supporto alle comunità contadine, la lotta al traffico umano e al lavoro forzato (come i pescatori ridotti in schiavitù)”. “Il governo ci sostiene: per costituzione il re è patrono di tutte le religioni, senza distinzione. Ogni mese – dice l’operante – ci incontriamo con i leader delle altre religioni per discutere dei problemi del Paese”.

Tra le attività principali della Caritas vi è la “distribuzione di medicinali e l’assistenza sanitaria nei villaggi remoti del nord, sulle montagne. Facciamo il giro dei villaggi ogni due mesi – racconta Jirawat – accompagnati da sacerdoti. Insieme all’istruzione sanitaria spieghiamo anche il catechismo. Facciamo una pastorale sociale, visto che là non ci sono né preti né parrocchie”.

Nonostante questo “il nostro vescovo ci ricorda sempre che il nostro lavoro non è finalizzato alla conversione della gente. Dobbiamo spiegare che questo è il lavoro della Chiesa e che noi facciamo questo per amore di Gesù, poi se qualcuno vuole convertirsi è una sua scelta personale”. “La cosa più importante – afferma l’operante – è che noi incontriamo la vita delle persone, non solo per dare loro aiuti materiali”.

In Thailandia, la maggior parte della popolazione è povera – circa il 30% vive con meno di 4 dollari al giorno – ed è composta da piccoli proprietari terrieri. “Queste persone sono messe in ginocchio dalle difficoltà – racconta il coordinatore Caritas – , dal cambiamento climatico e dalle grandi compagnie che vogliono cacciarli dalle loro terre o costringerli a coltivazioni chimiche che distruggono il terreno e li fanno indebitare”.

“Abbiamo dei programmi per aiutare queste persone e organizziamo degli incontri in cui questi contadini possano incontrare altri coltivatori che vivono un’esperienza diversa. Essi comprendono solo se vedono”.

Nel Paese il 98% della popolazione è buddista, per questo “il dialogo interreligioso gioca un ruolo fondamentale in ogni opera della Caritas. La religione cristiana è ben conosciuta in Thailandia – racconta l’operante – grazie agli istituti educativi e sociali. Molte iniziative sono state fondate da sacerdoti cattolici secoli fa”. Nonostante questo “probabilmente dovremmo cambiare qualcosa nel nostro modo di evangelizzare, perché negli anni il numero di cattolici non è aumentato. Il mese scorso si è tenuto il primo Sinodo della Chiesa cattolica thailandese. È l’inizio di un lungo lavoro di riforma per noi”. 

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