11/04/2011, 00.00
CINA
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Centinaia di cristiani arrestati: espulsi da una sala, volevano pregare in piazza

La polizia ha portato via quasi 200 persone della Chiesa protestante di Shouwang, tra le maggiori chiese domestiche. I fedeli volevano pregare in piazza, dopo essere stati cacciati dai loro locali. La repressione contro “la rivoluzione dei gelsomini” si estende anche ai gruppi religiosi. Molti attivisti sono divenuti cristiani.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Circa 200 cristiani sono stati arrestati dalla polizia, nei distretto di Haidian (nord di Pechino), per essersi dati appuntamento ieri in una piazza pubblica per celebrare la liturgia. E’ la maggior operazione contro cristiani degli ultimi anni. Il timore dei cristiani è che la repressione in atto per impedire una Rivoluzione dei gelsomini in Cina, sia estesa anche ai gruppi religiosi.
 
I fedeli appartengono alla Chiesa protestante di Shouwang, una delle maggiori chiese domestiche (non riconosciute) del Paese con oltre 1000 membri. Di recente sono stati cacciati dai locali di un ristorante dove tenevano gli incontri: la polizia ha obbligato il padrone del ristorante a espellere i fedeli. Centinaia di poliziotti hanno presidiato sin dal mattino la zona di Zhongguancun e hanno portato via i fedeli appena arrivavano, per partecipare al servizio liturgico fissato per le ore 8.30, caricandoli su pullman in attesa. La liturgia in piazza non era segreta: era stata annunciata dai fedeli su internet.
 
Sin dalla sera del 9 aprile la polizia ha pure messo agli arresti domiciliari almeno 5 pastori della comunità. Tra loro il pastore Jin Tianming spiega che la polizia ha chiesto a molti degli arrestati l’impegno a non frequentare la chiesa di Shouwang. Ieri notte erano state rilasciata solo 10 persone.
La polizia ha arrestato anche un fotografo del New York Times, rilasciato più tardi. Molti cittadini denunciano che le autorità hanno disabilitato le comunicazioni telefoniche cellulari nella zona per ritardare la notizia degli arresti, che, invece, si è subito propagata via internet.
 
“Non abbiamo violato la legge – protesta Jin – e non c’è motivo per l’interferenza del governo”. Negli ultimi anni le autorità hanno più volte minacciato i fedeli e li hanno costretti a cambiare oltre 20 volte il luogo di riunione, ma non c’era mai stato un intervento così massiccio. Quando nel novembre 2009 la Chiesa è stata cacciata dal luogo di riunione, i fedeli per 2 settimane si sono riuniti in un parco per celebrare il servizio festivo. Jin spiega che la Chiesa ha comprato uffici per 1.500 metri quadrati in un edificio commerciale per 27 milioni di yuan. Ma il proprietario si è rifiutato di dare loro le chiavi, su pressione delle autorità, nonostante il prezzo sia stato pagato. La Chiesa ha chiesto il riconoscimento dal 2006, senza ottenere risposta.
 
Nel Paese ci sono decine di milioni di cristiani protestanti, in gran parte seguaci di chiese domestiche non registrate. Pechino esige che tutti i fedeli aderiscano al Movimento delle Tre autonomie (insieme dei protestanti controllati dal Partito comunista) ma solo 20 milioni di cristiani sono nella Chiesa di Stato, rispetto agli oltre 50 milioni di fedeli (ma altre fonti dicono che sono oltre 100 milioni) membri di chiese non ufficiali.
 
L’operazione giunge una settimana dopo l’arresto del noto artista Ai Weiwei, portato via dalla polizia il 3 aprile e da allora scomparso, senza nessuna notizia nemmeno ai familiari.
 
Da metà febbraio in Cina è in atto la peggiore persecuzione dal 1998, con arresti e condanne ad anni di carcere, per paura che possano scoppiare proteste analoghe alla Rivoluzione dei gelsomini in atto in Nord Africa e Medio oriente. Finora sono stati colpiti in modo sistematico centinaia di attivisti per i diritti e dissidenti, non gruppi religiosi. Ma è vero che molti degli arrestati sono cristiani. Fra gli attivisti e dissidenti si nota infatti una forte ricerca religiosa che spesso sfocia nella loro conversione al cristianesimo.
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