16/08/2012, 00.00
PAKISTAN
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Centinaia di famiglie indù in fuga: ideale tradito di un Pakistan che celebra l’Indipendenza

di Shafique Khokhar
A Faisalabad musulmani e cristiani hanno ricordato l’idea di nazione promossa dal fondatore Ali Jinnah nel 1947. Attivista cristiano: la realtà odierna è “lontana”. Parlamentare musulmano: le relazioni fra comunità migliorano. Ma continua l’esodo di centinaia di famiglie indù, vittime di sequestri e conversioni forzate.

Faisalabad (AsiaNews) - Musulmani e cristiani in Pakistan hanno celebrato la festa dell'Indipendenza ricordando l'ideale di nazione promosso dal padre fondatore, Ali Jinnah: un Paese democratico e aperto al contributo di tutte le razze e le fedi religiose, che devono godere di pari diritti. In molte città il 14 agosto, data che segna la fine del colonialismo britannico e la nascita del nuovo Stato, si sono svolte manifestazioni di piazza e cerimonie contraddistinte da canti, bandiere e dalla diffusione dell'inno nazionale. E in alcuni casi le cerimonie hanno assunto una connotazione interconfessionale, come avvenuto a Faisalabad grazie all'iniziativa di fondazioni dedite alla difesa dei diritti umani. Tuttavia, il Paese continua a registrate episodi di violenze e persecuzioni verso singoli, comunità o intere etnie e religioni. Come avviene nelle ultime settimane ai danni della minoranza indù: centinaia di famiglie si dirigono verso il confine, per sfuggire alle violenze, in un esodo che ricorda molto da vicino il flusso migratorio incrociato registrato nel 1947: i musulmani verso il neonato Pakistan, e le comunità indù in fuga dalle terre di origine in cerca di riparo e accoglienza in India.

A Faisalabad, nel Punjab, la Fondazione Pace e sviluppo umano (Phd) assieme alla Care Foundation, ha promosso una festa interconfessionale per celebrare l'indipendenza. Nel corso della manifestazione si sono letti passi tratti dalla Bibbia e dal Corano, è risuonato l'inno nazionale e semplici cittadini - cristiani e musulmani, assieme a leader politici e sociali - hanno sventolato bandiere e stendardi. Durante la manifestazione, si è sottolineato a più riprese il ruolo delle minoranze religiose nella nascita e nello sviluppo del Pakistan.

I relatori intervenuti al seminario "Visione di un Pakistan pacifico e democratico", promosso nel contesto della giornata di festa, hanno ricordato che è compito del governo seguire la linea tracciata dal padre fondatore, guidare la nazione secondo i suoi ideali, promuovendo l'unità e contrastando ogni forma di discriminazione. Suneel Malik, attivista cristiano e direttore di Phd, conferma che "la realtà odierna" è lontana "dalla visione di Ali Jinnah"; per questo è necessario rilanciarne l'eredità, inserendola "nella Costituzione".

Gli fa eco l'attivista per i diritti delle donne Shazia George, che esprime "grande preoccupazione" per la continua crescita di "conversioni forzate, odio, discriminazioni e violenze", che hanno messo a rischio la vita e le proprietà delle "comunità più deboli". Ina preoccupazione condivisa dal parlamentare del Punjab Rana Afzal Khan, un musulmano, secondo cui "le minoranze religiose devono affrontare numerose sfide" nonostante - in linea teorica - debbano godere di pari diritti e pur avendo contribuito "moltissimo" alla "nascita della nazione". Egli è convinto che "le relazioni" tra comunità diverse migliorino con il passare del tempo e, per questo, "non dobbiamo perdere la speranza".

Tuttavia, la realtà dei fatti sembra diversa e l'esodo di centinaia di famiglia indù ne è una prova. Negli ultimi giorni - mentre il Paese celebra l'Indipendenza - oltre 300 famiglie hanno oltrepassato il confine cercando rifugio in India, attraverso il varco di Attari. La gente cerca di sfuggire a persecuzioni e abusi, sequestri, conversioni e matrimoni forzati  come racconta Raj Kumar, un abitante del Sindh la cui figlia è stata rapita e convertita a forza all'islam. "Siamo nati qui, in Pakistan - afferma l'uomo - ma non ci hanno mai accettati come figli di questa terra". Nel 2011, riferiscono le stime ufficiali, almeno 7mila famiglie sono emigrate in India e altre 5mila sono in attesa di varcare i confini. Ma per i leader islamici questa è propaganda, come afferma Syed Munawar Hassa, capo di Jamat-e-Islami: le minoranze godono di uguali diritti, afferma, il Pakistan "è la sola nazione al mondo che assicura protezione alle minoranze". Ma ciò che davvero conta, per il capo talebano, è il "compiti di ogni musulmano di accrescere la umma", anche al prezzo di conversioni forzate e violenze.

(Ha collaborato Jibran Khan)

 

 

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