23/04/2012, 00.00
TURCHIA - VATICANO
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Chiesa cattolica turca chiede il ritorno di 200 proprietà. Ma è meglio domandare il riconoscimento giuridico

La richiesta dei vescovi è basata su una lista del 1913, sottoscritta dall'impero ottomano e dalla Francia, al tempo protettore dei cattolici. La richiesta, di difficile soluzione, ha suscitato critiche dei partiti e imbarazzo delle altre comunità cristiane. Mons. Lucibello, nunzio in Turchia: È urgente che Ankara riconosca la Chiesa cattolica, dopo 60 anni di rapporti diplomatici con la Santa Sede.

Istanbul (AsiaNews) - La Chiesa cattolica turca sta cercando di riprendere possesso di 200 proprietà confiscate dal governo di Ankara negli anni '30. Ma vari elementi della comunità pensano che la Chiesa dovrebbe focalizzare i suoi sforzi sul riconoscimento giuridico della comunità.

Alcuni giorni fa alcuni vescovi cattolici, fra cui mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale, si sono incontrati con la Commissione per la Riconciliazione del parlamento turco. La Commissione lavora da tempo per  studiare il ritorno di proprietà confiscate dal governo di Ataturk alle comunità non musulmane (v.: 29/08/2011 Storica decisione: Erdogan restituisce le proprietà sequestrate alle minoranze religiose). Ma i cattolici non fanno parte della lista di "comunità non musulmane" perché al tempo erano riconosciute come comunità "straniere".

La Chiesa turca ha presentato una lista di oltre 200 proprietà (chiese, scuole, orfanotrofi, ospedali, cimiteri,...) basandosi su una lista stilata nel 1913 fra il Gran Visir dell'impero ottomano e la Francia, al tempo protettore della Chiesa cattolica.

Il problema del ritorno di queste proprietà è molto complesso: anzitutto, questi beni sono passati di mano in mano e non è certo che esse possano essere ritornate. Ma il fato più importante è la mancanza di statuto giuridico della Chiesa cattolica nell'attuale ordinamento turco. A tutt'oggi la Chiesa cattolica in Turchia non può possedere beni e questi possono solo essere intestati a cittadini turchi privati (spesso laici legati alla Chiesa o dei prestanome), con ambigue conseguenze.

Diversi partiti e giornali si sono scagliati contro le richieste dei vescovi, giudicandole "avide". La richiesta ha imbarazzato anche altre comunità cristiane.

Alcune personalità della Chiesa turca hanno sottolineato ad AsiaNews che il vero problema da risolvere e su cui concentrare le forze è l'ottenimento del riconoscimento giuridico da parte dello Stato.  Fonti vicine all'episcopato affermano che nell'incontro con la Commissione per la Riconciliazione,  questo argomento non è stato nemmeno affrontato.

"Su questo riconoscimento  - spiega il nunzio apostolico in Turchia, mons. Antonio Lucibello - vi sono dei pour parler che datano da decenni. Anche il papa, nell'incontro con il nuovo ambasciatore turco in Vaticano [7 gennaio 2010],  ha chiesto per l'ennesima volta il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica. Tale  riconoscimento sarebbe dovuto perché un Paese come la Turchia ha rapporti con la Santa Sede da 60 anni e non può non dare questo riconoscimento: sarebbe una conseguenza logica perché la Chiesa in Turchia è in un certo senso come una derivazione della Santa Sede".

Secondo gli esperti, l'imminente riforma costituzionale turca potrebbe aprire spiragli per il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica.

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