26/06/2008, 00.00
COREA
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Chiesa coreana: contro la carestia, 200mila tonnellate di cibo al Nord

La Divisione aiuto alla Corea del Nord, organizzazione dell'episcopato che gestisce l’aiuto della Chiesa ai nordcoreani, ha lanciato una raccolta fondi per acquistare gli aiuti alimentari, fondamentali per garantire la sopravvivenza della popolazione nordcoreana. La carestia potrebbe uccidere 900mila persone.
Seoul (AsiaNews) – La Chiesa sudcoreana ha deciso di continuare a fornire aiuti alimentari al Nord, nonostante la repressione del regime e l’assoluta mancanza di libertà religiosa nel Paese, per cercare di contenere i danni della terribile carestia che si è abbattuta sulla popolazione. Lo ha deciso il 15mo incontro della Divisione aiuto alla Corea del Nord, organizzazione dell'episcopato che gestisce l’aiuto della Chiesa ai nordcoreani.
 
In concreto, i vescovi coreani hanno lanciato una novena di preghiera per la Corea del Nord, da recitare in ogni diocesi durante la Settimana di preghiera per la riconciliazione della penisola coreana. All’appello hanno risposto tutte le parrocchie del Paese, che hanno preparato programmi speciali nel corso della settimana, conclusasi ieri. Lo scopo è stato quello di raccogliere fondi per acquistare 200mila tonnellate di aiuti alimentari da inviare al Nord.
 
Secondo Noh Ok-jae, direttore del Dipartimento di ricerca della Fondazione per la pace, la Corea del Nord ha bisogno ogni anno di circa 1,8 milioni di tonnellate di cibo. Per cercare di arginare la crisi provocata dalla carestia – che secondo stime indipendenti mette a rischio la vita di circa 900mila persone – il Paese ha urgente bisogno di almeno 200mila tonnellate di cibo.
 
Il p. John Kim Hun-il, segretario esecutivo della Divisione, dice: “La situazione andrà fuori controllo entro il prossimo anno, se le cose continuano così. Per questo, i fedeli devono dare un esempio di amore fraterno ed aprire un canale di scambio fra le due Coree”. Il p. Thomas Shin Ho-cheol, della diocesi di Chuncheon, aggiunge: “Fa male vedere che la nostra società è meno interessata alla Corea del Nord rispetto alla Cina o al Myanmar, colpiti da disastri naturali a cui abbiamo risposto con urgenza. Ora la stessa emergenza è sulla porta di casa, ma sembra che non ci interessi”.
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