12/12/2005, 00.00
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Cina, il governo minimizza la strage di Dongzhou

Quasi inesistente la copertura mediatica degli scontri nel villaggio del Guangdong. Per il governo vi sono stati 3 morti ed 8 feriti "in maniera accidentale". Fonti indipendenti parlano di oltre 70 vittime.

Dongzhou (AsiaNews) – La sparatoria contro i manifestanti di Dongzhou non ha copertura mediatica in Cina ed è stato riconosciuto dal governo solo ieri con un comunicato che deplora lo scontro "innescato dalla violenza dei manifestanti". Nella provincia meridionale del Guangdong, in cui si trova il villaggio, solo 3 giornali locali hanno riportato il fatto dando voce alla versione ufficiale.

Gli articoli sono tutti uguali e titolati "Scoppiato grave incidente contrario alla legge nella zona in via di sviluppo della baia del Mar Rosso nella città di Shanwei". In essi è riportata la notizia dell'arresto del comandante delle forze di pubblica sicurezza, che ha ordinato di sparare contro i manifestanti. L'ufficiale è stato arrestato "a norma del codice penale" perché "si è fatto sfuggire di mano la situazione, causando in maniera accidentale 3 morti e 8 feriti". La causa della violenza – sostiene sempre la nota ufficiale – è comunque da cercare nella "violenza dei manifestanti" che hanno cercato "in tutti i modi" lo scontro con gli agenti.

Lo scontro fra pubblica sicurezza ed abitanti del villaggio è avvenuto dopo l'arresto ingiustificato di 3 rappresentanti del villaggio. Lunedì 5 dicembre essi si erano recati al cantiere della centrale elettrica per chiedere il pagamento del risarcimento promesso agli abitanti in cambio dell'esproprio del terreno, su cui si sta costruendo l'impianto.

Il 6 dicembre migliaia di abitanti si sono presentati nel cantiere per chiedere il rilascio dei rappresentanti. Gli agenti hanno lanciato centinaia di lacrimogeni per disperderli, ma senza effetto. Poche ore dopo si sono presentati gli agenti in tenuta anti-sommossa che hanno aperto il fuoco. Non vi sono stime attendibili: oltre a quelle ufficiali vi sono alcune fonti indipendenti che parlano di oltre 70 morti e centinaia di feriti.

L'articolo della Xinhua – agenzia di stampa del governo cinese – sostiene invece che i dimostranti protestano perché convinti che la centrale elettrica in costruzione rovina il loro feng shui [i criteri di geomanzia tradizionale, che studiano l'armonia fra tera, aria, acqua, fuoco, come garanzia di salute e benessere ndr]. "L'incidente – si legge nell'articolo – è da imputare ad un piccolo numero di istigatori che dovranno rispondere delle loro azioni davanti alla legge". La notizia non è più disponibile sul sito ufficiale dell'agenzia. I giornali di tutto il resto della Cina, compresi quelli della capitale, non hanno riportato alcuna notizia.

Gli abitanti di Dongzhou non sono soddisfatti della versione ufficiale: "Non ci fidiamo di alcun politico – dice un residente – né locale né centrale. Si usano fra di loro per coprirsi e condividono gli stessi interessi". "Ho visto i parenti di coloro che sono stati uccisi – racconta un abitante di nome Wei – inginocchiati davanti alla polizia [vedi foto ndr] per riavere i cadaveri spariti e poterli seppellire. I poliziotti hanno rifiutato e nessuno sa dove siano al momento".

Scontri fra polizia e abitanti dei villaggi sono sempre più comuni in Cina. Lo sviluppo selvaggio a cui è sottoposto il paese spinge capi politici e imprenditori a trovare vie facili per acquisire nuovi terreni per l'industria, derubando i contadini.

L'11 giugno scorso 6 contadini sono stati uccisi e altri 100 hanno subito profonde ferite in uno scontro con centinaia di uomini armati che hanno attaccato il villaggio di Shengyou (Hebei), dove la ditta del figlio del ministro Li Peng voleva costruire una centrale elettrica requisendo i terreni ai contadini.

Altro caso esemplare è quello di Taishi, villaggio di circa 2 mila abitanti nella provincia del Guangdong. Per mesi i contadini si sono ribellati contro la corruzione del loro capo-villaggio (eletto con la frode) e contro la requisizione e vendita illegale dei loro terreni.

Il governo si dice preoccupato di tutte queste tensioni sociali, ma sembra impotente. Secondo il Ministero della Pubblica sicurezza, nel 1994 vi sono state 10 mila rivolte nel Paese; nel 2004 ve ne sono state oltre 74 mila, coinvolgendo più di 3,5 milioni d persone.

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