11/05/2012, 00.00
CINA
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Cina, rallenta l'inflazione dei prezzi al consumo, ma è sempre alta quella sul cibo

I dati di aprile mostrano un calo generale nell'aumento dei prezzi, che si attesta al 3,4 %. Ma per i cibi siamo al 7 %, anche se il governo fa di tutto per tenere bassi i prezzi di alcuni prodotti fondamentali per la dieta cinese. Calano anche i numeri relativi a importazione ed esportazione: Pechino deve aprire il proprio mercato interno.

Pechino (AsiaNews) - L'inflazione sui beni di consumo in Cina sembra rallentare grazie alle politiche bancarie del governo centrale, ma i dati relativi all'inflazione sui beni alimentari continua a preoccupare la popolazione e gli esperti, che vedono nell'aumento del prezzo del cibo una possibile causa di malcontento e di protesta popolare. Inoltre alcuni analisti temono che le cifre reali siano diverse e che quelle pubblicate siano frutto di alcune speculazioni al ribasso compiute dal governo stesso.

Pechino ha pubblicato i dati relativi ad aprile: il tasso sui prezzi al consumo è pari al 3,4 %, inferiore all'obiettivo governativo fissato al 4 %, mentre quello sui generi alimentari è al 7 %. I numeri indicano un rallentamento dell'inflazione, che a marzo era al 3,6 %, e rappresentano il terzo mese consecutivo di progressiva diminuzione del fenomeno. Gli analisti finanziari auspicano ora un cambio di marcia da parte della Banca centrale del popolo e delle altre istituzioni bancarie cinesi, che dovrebbero allentare le politiche monetarie per incentivare la crescita interna. I dati sull'esportazione e sull'importazione, pubblicati ieri, non sono infatti favorevoli.

Complice la crisi finanziaria internazionale e il rallentamento delle economie europee e statunitense, infatti, la politica economica governativa incentrata sulle esportazioni ha subito un duro colpo. Pechino deve per forza iniziare ad aprire il proprio mercato interno - che potrebbe divenire il maggiore al mondo - aiutando il credito alle famiglie e ai privati. In questo modo, sostengono gli esperti, potrebbe riuscire a mantenere il tasso di crescita quasi invariato: per fare questo, però, dovrebbe concedere molto al mondo del lavoro (aumenti di salario e libertà di movimento all'interno del Paese) e per ora non sembra intenzionata a farlo.

Le uniche misure intraprese in questo senso riguardano le banche, cui il governo centrale ha ridotto la richiesta di riserve valutarie per operare in Cina. Il taglio significa che gli istituti di credito hanno più denaro da erogare in forma di prestiti e mutui, ma per adesso questi sono stati indirizzati soltanto ad aziende (per lo più statali) e a privati collegati al Partito comunista o al governo stesso.

In ogni caso, il dato preoccupante rimane quello dell'alto prezzo degli alimenti. Anche se alcuni prodotti specifici sono stati tenuti bassi in maniera artificiale - come la carne di maiale, fondamentale nella dieta cinese - la media inflattiva del 7 % rappresenta un problema per la stabilità sociale del Paese. 

 

 

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