26/08/2005, 00.00
CINA
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Cina, villaggi minacciano nuove rivolte contro l'inquinamento

Gli abitanti della contea di Dongyang minacciano di riprendere le armi contro le fabbriche inquinanti della zona, che il governo locale protegge.

Dongyang (AsiaNews/Scmp) – Gli abitanti dei villaggi della contea di Dongyang sono pronti a riprendere in mano le armi per far chiudere le fabbriche inquinanti della zona. Il governo locale aveva promesso di far chiudere o di spostare le industrie inquinanti dopo le rivolte del 10 aprile scorso.

"Il governo – dice un abitante del luogo – aveva promesso di ripulire le fabbriche entro il 26 aprile ma questo non è avvenuto. Solo una delle 13 fabbriche inquinanti è stata chiusa". L'industria, la Maikesi Chemical Co., è stata spostata con un indennizzo di 180 mila yuan (1.800 euro). Chen Qixian, capo del Dipartimento informazioni della contea, afferma di non sapere nulla di una data fissata dal suo governo per la chiusura delle fabbriche. Egli dichiara anche di "non essere sicuro di sapere cosa sia successo in questa zona in aprile".

Il 10 aprile scorso 30 mila abitanti di Hua Xi – uno dei villaggi della contea - si sono scontrati con la polizia inviata nella zona per reprimere con la violenza la protesta popolare contro l'alto tasso di inquinamento. Gli abitanti hanno dichiarato che dal 2001, anno di attivazione delle 13 industrie, l'inquinamento è aumentato così tanto che il terreno è diventato arido e le verdure non commestibili. Un residente locale racconta che la popolazione ha dovuto smettere di coltivare e dedicarsi ad altre piccole attività.

Gli scontri hanno coinvolto 1.500 uomini della pubblica sicurezza e sono durati 2 giorni. Al termine 7 poliziotti sono morti e 17 abitanti sono stati incarcerati; di questi, 8 sono ancora in prigione. Fra gli arrestati fa discutere il caso di Wang Liangping, 50 anni, proveniente dal villaggio di Xishan. La famiglia lo ritiene totalmente estraneo alle rivolte di aprile ed accusa gli altri abitanti del villaggio di averlo venduto alla pubblica sicurezza per ottenere la ricompensa prevista per i delatori. Il giornale della polizia, il Dongyang Police Newspaper, conferma che gli agenti offrono una ricompensa – l'ammontare non è specificato – per informazioni sui leader della rivolta.

La situazione è per ora in stallo. Secondo documenti ufficiali, il governo ha ordinato a 6 industrie l'immediata chiusura e ad altre 3 ha confiscato la licenza per produrre materiale chimico. Le rimanenti 7 industrie dovrebbero essere ferme da aprile in attesa delle ispezioni ambientali delle autorità provinciali: nessuno di questi ordini è mai stato eseguito.

L'industria più grande della zona, la Dongnong Chemical Factory Ltd., ha ricevuto l'ordine di spostarsi "immediatamente" dalla zona. Contattati via telefono i responsabili della fabbrica hanno rifiutato di commentare.

Sempre secondo documenti ufficiali si apprende poi che il governo del Zhejiang aveva ordinato all'intero complesso chimico di chiudere nell'aprile dello scorso anno perché le terre occupate dalle fabbriche erano state acquisite dai contadini della zona con manovre illegali. Anche in questo caso l'ordine non è mai stato eseguito.

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