04/11/2006, 00.00
CINA - AFRICA
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Cina e Africa devono parlare di diritti umani, non solo di commercio

Mentre si svolge il summit tra Cina e Paesi africani, Human Rights Watch denuncia che i reciproci rapporti commerciali non devono recare danno ai diritti di intere popolazioni e chiede che tengano presenti i diritti umani.

Pechino (AsiaNews/Hrw) – È iniziato oggi il terzo forum per la cooperazione Cina-Africa. In una Pechino presidiata dalla polizia, sono giunti i leader di 48 Paesi africani. All'apertura del summit il presidente Hu Jintao ha già annunciato che entro il 2009 il suo governo raddoppierà gli aiuti al Continente nero, mettendo a disposizione 3 miliardi di dollari in crediti agevolati e 2 miliardi in crediti export. Gli osservatori economici già parlano di "trionfo" per la diplomazia cinese e gli statisti africani lodano il rapido sviluppo economico di Pechino, che dicono di voler imitare.

"Penso che l'intera Africa guardi alla grande trasformazione della Cina – ha detto Ellen Johnson-Sirleaf, presidente della Liberia, al suo arrivo a Pechino – e vediamo la crescente cooperazione come nuove modalità per darci un reciproco sostegno".

"L'Africa con noi è sempre stata un partner affidabile, nelle questioni politiche internazionali e nella cooperazione economica", risponde He Wenping, direttore degli Studi africani all'Accademia cinese di scienze sociali.

Ma l'organizzazione Human Rights Watch (Hrw) osserva che Pechino dovrebbe considerare non solo il commercio, ma anche lo status dei diritti umani nel Continente nero. Sophie Richardson, vice direttore di Hrw per l'Asia, dice che "la Cina ripete di non voler 'interferire' negli affari interni di altri Stati e si dichiara grande amica dei popoli africani e una responsabile potenza mondiale. Ma questo contrasta con il perdurante silenzio sulle uccisioni di massa nel Darfur", dove si stimano oltre 200 mila morti dal 2003.

Il commercio di Pechino con l'Africa è triplicato in pochi anni, giungendo a oltre 40 miliardi di dollari Usa nel 2005. La Cina ha abbonato ai Paesi africani molti debiti per prestiti e di recente la World Bank ha notato che i prestiti cinesi non hanno fatto aumentare l'indebitamento dell'Africa. Ma di questi prestiti beneficiano anche governi corrotti, come l'Angola, che possono così rifiutare le condizioni poste da altri Paesi per un maggior rispetto dei diritti umani. Il presidente della Wb Paul Wolfowitz ha osservato che Pechino "non rispetta" i principi internazionali che chiedono garanzie che i prestiti agli Stati africani siano utilizzati per progetti sociali e di sviluppo e si è augurato che non segua la passata politica occidentale di sostenere dittatori e governanti corrotti.

La politica cinese – dice Hrw- non solo ha sostenuto i regimi più repressivi, ma ha indebolito gli sforzi di altri Paesi per ottenere un maggior rispetto dei diritti umani. Per esempio in Sudan le ditte cinesi controllano il 40% degli impianti produttivi e Pechino ha più volte impedito all'Onu di adottare sanzioni contro questo governo. Solo di recente la Cina ha iniziato a premere sul Sudan perché accetti la presenza della forza di pace Onu.

La Cina ha continuato a vendere merci e tecnologia allo Zimbabwe, rompendo l'isolamento internazione contro il presidente Robert Mugabe, che perseguita ogni opposizione e sta distruggendo l'economia nazionale.

Hrw chiede al governo cinese di sospendere con il Sudan i commerci che possono essere utilizzati per il genocidio del Darfur (come la fornitura di armi) e di insistere perché sia consentita la presenza della forza di pace Onu. "I popoli africani – conclude Hrw – non hanno bisogno di un altro potere esterno che aiuti i regimi illegittimi. Invece hanno bisogno che tutte le potenze, compresa la Cina, pongano il rispetto dei diritti umani al centro della loro politica". "Questo sarebbe un vero approccio rivoluzionario, specie per chi si dichiara solidale con il mondo in via di sviluppo: la difesa dei diritti umani".

Intanto i leader africani visitano le floride città costiere e sempre meno credono ai discorsi sulla solidarietà tra "Paesi in via di sviluppo". "Quando dico ai miei amici africani che siamo ancora un Paese in via di sviluppo, iniziano a ridere", racconta He. "Ma dico di loro di prendere la strada dietro i miei campi: vedranno tutta la povertà di un Paese che deve svilupparsi". (PB)

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