04/07/2008, 00.00
TURCHIA
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Colpi bassi nello scontro tra Erdogan e l’establishment kemalista

di NAT da Polis
Da una parte la richiesta alla Corte costituzionale di sciogliere l’AKP, dall’altra gli arresti di ex generali coinvolti nel caso Ergenekon. Se la Corte dovesse dissolvere l’AKP, l’attuale premier ha già pronto il nuovo partito. Ma lui non potrebbe più fare, ufficialmente, politica.
Ankara (AsiaNews) – Continua lo scontro, con tanto di colpi bassi, tra Erdogan e l’establishment politico che si richiama ai principi laici e si proclama erede del Kemalismo. Da una parte ci sono stati il no della Corte Costituzionale alla riforma che permetteva l’ingresso nelle università statali delle donne con il velo islamico, seguito dall’atto di accusa davanti alla stessa Corte da parte del procuratore generale Yalcinkaya, che chiede la chiusura dell’AKP e l’allontanamento per 5 anni dall’attività politica di 71 membri dell’ AKP - tra i quali il presidente della Repubblica Gul e il primo ministro Erdogan. L’accusa: tentativo di introdurre in Turchia la legge islamica. Mentre Erdogan ha già pronto il nuovo partito, il Guclu Turkiye Partisi (Partito della Turchia Forte), la replica del governo ha puntato sull’inchiesta Ergenekon (la Gladio turca) e si è concretizzata nei due arresti eccellenti di Sener Erugur, ex capo della gendarmeria, e di Hursit Tolon, ex capo della 1° armata – accusati di pensare già nel 2004 ad un colpo di Stato - oltre che del capo dell’ufficio di Ankara del giornale Cumhuriet, dello scrittore Erol Mutercmler e del medico personale e consigliere di Erdogan, Turhan Comez, presunto informatore del cosiddetto Stato profondo.
 
Fatto assai curioso, gli arresti sono avvenuti dopo l’incontro di Erdogan con il capo delle esercito turco Basbug, che a fine agosto subentrerà a Buyukanit, attuale uomo forte e capo dello stato maggiore, il quale ha smentito qualsiasi relazione. Ed è di pochi giorni fa un altro fatto importante: il rapporto pubblicato dal giornale Taraf su un progetto messo a punto nel settembre del 2007 dalle forze armate, che hanno smentito, senza eliminare però tutte le perplessità. Tale progetto istigava la magistratura ad opporsi a qualsiasi riforma costituzionale e ad usare i media e vari intellettuali allo scopo di impedire qualsiasi tentativo di cambiamenti costituzionali, realizzando una campagna di logoramento del governo e senza lesinare risorse finanziarie E’ subito iniziato la ricerca di eventuali collaborazionisti tra giornalisti e mondo intellettuale.
 
Dal canto suo il Times in una inchiesta pubblicata la scorsa settimana e ripubblicata da Today’s Zaman, ha messo in rilievo le preoccupazioni di Bruxelles sulle iniziative finanziarie del gruppo OYAK. Tale gruppo, fondato nel 1961 per gestire tra l'altro un fondo pensione supplementare dei dipendenti delle forze armate (militari e civili), non si comporta come un normale gestore di un portafoglio di un fondo pensione, ma è un veicolo strategico di controllo politico finanziario che dispone di notevoli risorse.
 
E tutto questo perché, per le forze armate turche, la Turchia è nata come espressione soprattutto geografica, non culturale. Per cui la cultura va imposta e qualsiasi diversificazione va considerata come un attentato contro l’integrità alla Nazione Turca. Solo così si può capire quello che sta avvenendo, diceva un vecchio diplomatico italiano. Anche il vicepresidente dell’AKP Denghir Mirfirat in una sua intervista al New York Times cercando di spiegare le particolarità di questo Paese ha detto: “le riforme di Ataturk hanno creato un trauma al popolo, come qualsiasi riforma rivoluzionaria che si impone di colpo”.
 
Questo continuo scontro, per ammissione dello stesso Erdogan, ha messo in crisi l’economia turca, l’inflazione aumenta e i tassi di interessi pure.
 
Un sondaggio fatto da Adil Gur, forse il miglior analista della società turca, pubblicata dal settimanale Tempo ha rilevato che la gente non ha fiducia negli attuali politici e teme un ritorno della crisi economica del 2001. L’uomo medio chiede uomini nuovi ed un nuovo divenire. Se si andasse ora alle elezioni, l’AKP avrebbe il 39,7 % (contro il 47% del luglio 2007), il CHP il 17,1% (lo stesso) e il MHP il 17,1% (+2%).
 
La maggioranza degli elettori, però, rimane indecisa. Alla domanda se avrebbero votato l’AKP senza Erdogan a suo capo, il 61% ha detto di sì, dimostrando così di condividere i suoi principi. Ad un’altra domanda se c’è bisogno di un nuovo partito il 53.8% ha risposto di no.
 
Questa incertezza ha fatto dire oggi al generale Basbug, che la Turchia sta attraversando momenti difficili “Dobbiamo operare tutti con maggiore logica e responsabilità”.
 
Da parte sua, la presidenza francese della UE ha fatto un'altra volta presente che la chiusura dell’AKP congelerebbe il processo di adesione della Turchia all’Europa. Intanto Erdogan ha già pronto il nuovo partito, nel caso che la Corte decidesse per lo scioglimento, (che sicuramente risparmierebbe il presidente Gul) che si chiamerà Guclu Turkiye Partisi (Partito della Turchia Forte). Un partito che forse verrà capeggiato da Babacan o da Goksel Akman. C’è infine da osservare che nel caso in cui Erdogan venisse sospeso, per lui sarebbe la seconda volta (la prima fu nel 1998) e quindi in base al Codice penale verrebbe allontanato a vita da qualsiasi attività politica. Non a caso Istanbul è tappezzata di manifesti dell’AKP con la foto di Erdogan e la scritta: “Abbiamo visto spesso il sole risorgere. Magistratura permettendo”.
 
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