07/06/2008, 00.00
ASIA CENTRALE
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Come una piaga biblica, le locuste devastano coltivazioni già impoverite

Dopo un inverno gelido e la siccità, le locuste sono arrivate in Asia centrale più numerose del solito. Distrutti coltivazioni e pascoli, in difficoltà molti allevatori che si trovano costretti a vendere il bestiame a basse prezzo. E rischia di mancare la carne per il prossimo inverno.
Astana (AsiaNews/Agenzie) – Dall’Afghanistan al Kazakistan l’Asia centrale è invasa dalle locuste, che distruggono intere coltivazioni. Arrivano ogni anno, ma ad aprile hanno trovato raccolti più scarsi, dopo un gelido inverno, e si sono spostate più avanti a settentrione e ad occidente, devastando campi di grano e cotone, frutteti e persino i pascoli del bestiame.
 
In due mesi hanno già infestato oltre 220mila ettari di coltivazioni in Tagikistan, 200mila nel Kazakistan meridionale e 50mila in Kirghizistan. Sono anche arrivate in Uzbekistan, nell’occidentale provincia di Herat in Afghanistan e in Iran. Si muovono in sciami di milioni e ogni locusta può produrne altre 500, le uova possono stare nella terra tra 5 e 10 anni in attesa delle condizioni ideali per schiudersi.
Nel Tagikistan già ci sono problemi alimentari e oltre la metà della popolazione vive in povertà. L'esercito è mobilitati in aiuto alla gente, ma mancano i soldi per i pesticidi.
 
Il Kazakistan ha proibito l’esportazione di grano per proteggere il consumo e i prezzi interni, ma l’invasione è tale che le autorità temono di non poterla contenere. Serik Alzahov, vicedirettore del dipartimento dell’Agricoltura nella meridionale zona di Oblast, spiega a Radio Free Europe che “la siccità ha già lasciato poca erba per il bestiame” e che si teme che gli insetti devastino i pascoli non lasciando nulla, così da dover abbattere gli animali.
 
Sarebbe necessario portarli ad altri pascoli, lontani centinaia di chilometri. Speculatori già avvicinano gli allevatori offrendo bassi prezzi e molti accettano, non potendo portare le bestie altrove. In molti luoghi già si teme per il prossimo inverno, quando oltre a raccolti che si preannunciano magri si rischia anche una scarsità di carne, dopo l’abbattimento di intere mandrie.
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