17/03/2006, 00.00
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Continua la guerra dello stato d'Israele contro l'Ospizio delle suore della Carità

di Arieh Cohen

Governo e organizzazioni commerciali da decenni tentano di espropriare con mezzi illeciti una costruzione  che a Gerusalemme ospita bambini poveri, anziani e portatori di handicap, per costruire cinema e centri di intrattenimento. Richiesta la mobilitazione dell'opinione pubblica cattolica mondiale.

Tel Aviv (AsiaNews) – La Chiesa cattolica in Israele sta cercando tutti i modi di salvare l'Ospizio per anziani e bambini, il convento e la chiesa delle Figlie della Carità di san Vincenzo de' Paoli. La prestigiosa istituzione caritativa è infatti nel mirino di un'alleanza fra governo israeliano e imprenditori che vuole costringerle a vendere la proprietà ad alcune aziende private. In un ultimo appello, le suore hanno denunciato il complotto alla Corte distrettuale di Gerusalemme, ma molto difficilmente la Corte darà ascolto alle suore senza l'intervento diplomatico del Vaticano e senza la pressione dell'opinione pubblica cattolica in tutto il mondo.

A tutt'oggi l'Ospizio ospita 150-200 persone: circa 30 neonati e bambini al di sotto dei 4 anni; fra 80 e 120 ragazzi e ragazze minori di 18 anni; un gruppo di adulti e anziani con forti handicap fisici e mentali. Ogni giorno 30 bambini ricevono cure ambulatoriali; un centinaio di bambini e bambine, in maggioranza poveri, sono accolti in un asilo. L'Ospizio è mantenuto in funzione da 7 suore Figlie della Carità e da uno staff di 75 persone fra dottori, psicologi, psichiatri, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti e altri. Al centro dell'edificio vi è una delle chiese cattoliche più famose e importanti di Gerusalemme.

L'Ospizio è riconosciuto e ammirato dal folto pubblico per il suo insostituibile impegno a favore dei bisognosi e sofferenti, piccoli e grandi. Ma la sua posizione, al confine fra Gerusalemme est e ovest, a breve distanza dalla porta di Giaffa, lo hanno reso da sempre una preda ambita.

Nel 1974, l'allora sindaco di Gerusalemme, noto per i suoi continui sforzi di trasferire proprietà ecclesiastiche a mani israeliane (governo e privati), ha fatto pressioni sulla superiora facendole firmare un contratto di vendita di una parte dell'Ospizio, a favore di un businessman israeliano. Non essendo autorizzata dalla Chiesa, la vendita era illegale e la Chiesa di Gerusalemme ha richiesto che il contratto venisse dichiarato nullo. Per tutta risposta lo stato ha confiscato la proprietà, assicurandone il trasferimento agli imprenditori israeliani.

La Chiesa si è allora rivolta ai tribunali per annullare la confisca. A questo punto lo Stato israeliano preme sulle suore per far loro firmare un nuovo contratto di vendita (più precisamente "di affitto per 125 anni…").

Nel nuovo contratto lo Stato ha incluso diverse condizioni richieste dalla Chiesa, per garantire il buon funzionamento dell'Ospizio, della chiesa e del convento. Così, per esempio, era stata garantita una "via di accesso" attraverso l'area confiscata (o "affittata"), per permettere ad auto, ambulanze, camion di fornitori di entrare e uscire dal centro. Un'altra garanzia scritta era che l'area edificata nella nuova proprietà non avrebbe dovuto essere troppo alta per non privare l'Ospizio della luce solare.

Le nuove costruzioni, varate di recente, violano in modo netto tutte le garanzie richieste dalla Chiesa. In particolare, i nuovi proprietari si rifiutano di fare una strada di accesso, minacciando di soffocare l'Ospizio, rendendo impossibile il suo funzionamento. I nuovi edifici, poi, sono progettati per giungere ad una tale altezza che l'Ospizio sarà destinato a non vedere per sempre la luce del sole. Violando il contratto, sono in programma cinema e centri di intrattenimento, minacciando di affogare l'Ospizio e i suoi residenti in un chiasso perpetuo, specialmente di notte.

Le Figlie della Carità si sono lamentate e hanno domandato al governo e all'organizzazione commerciale di onorare le loro promesse stilate sul contratto. Come risposta, governo e businessmen hanno consigliato alle suore di vendere tutta la proprietà, chiudere l'Ospizio e andare via… Ormai, diverse persone a Gerusalemme pensano che questo fosse lo scopo ultimo dell'operazione fin dall'inizio.

Le suore hanno presentato una nuova denuncia, chiedendo al governo e all'organizzazione commerciale di onorare i loro impegni. Ma il cammino sembra arduo. Il potere politico cerca da molto tempo di strappare in tutti i modi edifici di proprietà delle Chiesa per incamerarli in mano israeliana, pubblica e privata. In questo caso, al potere forte dello stato si aggiunge anche un forte potere economico, dati gli enormi interessi commerciali coinvolti.

Secondo l'Accordo Fondamentale  del 1993 fra la Santa Sede e Israele, la chiesa e il convento delle suore sarebbero dei "luoghi sacri", con diritto a una speciale protezione (v. Art 4, par. 3 del trattato). Ma il governo israeliano continua a rifiutarsi di recepire l'Accordo nelle leggi dello Stato e ha dichiarato diverse volte che esso reputa l'Accordo non vincolante e non applicabile nei tribunali israeliani. Ancora di recente – in un altro caso, davanti alla Corte suprema di Israele – il governo ha riaffermato la posizione secondo cui Israele non è vincolato dalle obbligazioni contratte con l'Accordo Fondamentale con la Santa Sede.

Fonti locali dicono che è molto probabile un'assistenza diplomatica della Francia. In passato la Francia ha infatti firmato alcuni accordi con Israele per la protezione di diverse istituzioni cattoliche. Ma le stesse fonti affermano che la speranza più forte è nella mobilitazione dell'opinione pubblica cattolica mondiale. Perdere l'Ospizio significa perdere un elemento significativo della presenza e della missione cattolica a Gerusalemme, una perdita insieme morale e fisica.

In Israele la missione di servizio delle Figlie della Carità ha un importante ruolo di testimonianza di ciò che è il cuore della fede cristiana: manifestare che "Dio è amore", come il papa della "Deus caritas est" ha ricordato alle Chiese e al mondo. Evidentemente, politici e  imprenditori  israeliani hanno altri interessi e altre idee…

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