08/02/2017, 08.46
TURCHIA
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Continuano le purghe di Erdogan: cacciati 4500 dipendenti del pubblico impiego

Fra questi vi sono 2585 impiegati del ministero dell’Istruzione, 893 della Gendarmeria, 10 della Corte di Cassazione, altri 10 dell’Alto consiglio elettorale e 88 della catena televisiva pubblica TRT.  Licenziato anche uno dei più autorevoli docenti di Diritto costituzionale. Salgono a 41mila le persone arrestate in seguito al fallito golpe. 

 

Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità turche hanno licenziato circa 4.500 personale supplente nel pubblico impiego, nel contesto delle purghe promosse dal governo dopo il fallito colpo di Stato del luglio scorso. Secondo un decreto legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, fra le 4.464 persone cacciate vi sono 2585 impiegati del ministero dell’Istruzione, 893 della Gendarmeria, 10 della Corte di Cassazione, altri 10 dell’Alto consiglio elettorale e 88 della catena televisiva pubblica TRT. 

Fra i  funzionari cacciati, vi sarebbero anche 330 accademici membri del Consiglio superiore di istruzione (YÖK); fra questi spicca il nome di Ibrahim Kaboglu, uno dei più insigni docenti di Diritto costituzionale di tutta la Turchia. 

I licenziamenti si inseriscono nel contesto dell’inchiesta lanciata dalle autorità contro (presunti) esponenti e simpatizzanti del movimento che fa capo al predicatore islamico  Fethullah Gülen, in esilio negli Stati Uniti. Secondo il presidente Recep Tayyip Erdogan e i vertici di governo egli sarebbe la mente del colpo di Stato in Turchia in cui sono morte 270 persone, migliaia i feriti.

In risposta al fallito golpe, nei mesi scorsi le autorità turche hanno arrestato oltre 41mila persone, fra cui docenti, militari, intellettuali, oppositori politici, imprenditori, giornalisti, attivisti e semplici cittadini. Sospesi dal servizio o licenziati circa 100mila funzionari del settore pubblico.

Occidente e gruppi attivisti pro diritti umani rinnovano l’allerta per le purghe in atto nel Paese, in aperta violazione ai diritti umani dei cittadini. L’opinione diffusa è che le autorità sfruttino lo stato di emergenza - e la recente ondata di attentati - per eliminare ogni voce di dissenso e di opposizione al presidente. In questo contesto il Paese si avvia ad una modifica istituzionale, che trasformerà la nazione da Repubblica parlamentare al presidenzialismo, con un ulteriore ampliamento dei poteri di Erdogan

 

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