22/01/2008, 00.00
UZBEKISTAN
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Contro lo sfruttamento dei minori, boicottare il cotone uzbeko

Lo chiede una lettera aperta di attivisti per i diritti, che denuncia che lo Stato costringe gli scolari a lasciare la scuola e raccogliere il cotone, per salari minimi. I guadagni beneficiano soprattutto i leader politici. Adesione di ditte leader dell’abbigliamento, ma anche polemiche. La testimonianza di un’ex insegnante.

Tashkent (AsiaNews/Agenzie) – In Uzbekistan l’uso di lavoro minorile coatto è ormai “una deliberata politica statale”, finalizzata ad “ottenere maggiori profitti” dalla coltivazione del cotone. In una “lettera aperta” del 17 gennaio circa 140 dissidenti e attivisti uzbeki denunciano che il lavoro minorile, usato nel Paese sin dall’epoca sovietica, ora è praticato “su massima scala”, con migliaia di studenti portati via da scuola ogni autunno, anche a 9 anni, e costretti per settimane a raccogliere cotone nei campi, in pessime condizioni di lavoro e con salari minimi. Chiedono di non comprare questo cotone, per far pressione sul governo.

Nedejda Atayeva, capo della Associazione per i diritti umani in Asia centrale, con base a Parigi, dice all’agenzia Radio Free Asia che “i tentativi di risolvere il problema all’interno del Paese non hanno portato alcun risultato”. Per questo vari gruppi già a novembre hanno chiesto a Unione europea, Stati Uniti, Cina e Russia, come pure alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, alla Banca mondiale, al Fondo per bambini delle Nazioni Unite (Unicef) e all’Organizzazione internazionale del lavoro, di non acquistare il cotone uzbeko e di non dare sussidi. Il Paese esporta cotone per circa 1 miliardo di dollari annui ma il guadagno va a beneficio soprattutto dell’elite di potere. La popolazione non ne riceve vantaggi, per cui il boicottaggio non la colpirebbe.

Juliette Williams, capo di un altro gruppo che sostiene la proposta, annuncia che ha aderito anche la Marks and Spencer, maggiore catena britannica di negozi, che ora chiede ai suoi fornitori “di assicurarsi che nei loro abiti non sia utilizzato cotone uzbeko”. In precedenza hanno aderito numerose altre ditte, come la britannica Tesco, terza maggiore catena mondiale di negozi di abiti.

Il boicottaggio non dovrebbe colpire gli interessi delle ditte occidentali, che possono approvvigionarsi in altri Paesi come il Bangladesh.

Ma il 30 novembre lo statunitense Comitato consultivo internazionale per il cotone si è opposto al boicottaggio, definendo queste accuse “esagerate” e “assurde”. Dice che “non è vero” che i bambini debbano lavorare in campi coperti di pesticidi, respirandoli.

Tashkent ha sempre negato simili accuse, dicendo che “è proibita qualsiasi forma di lavoro minorile nei campi di cottone e nell’agricoltura”.

Ma la Ateyeva dice che in Uzbekistan ha perso il suo lavoro di insegnante proprio perché si è rifiutata di mandare gli scolari malati sui campi di cotone. “Siamo preoccupati per questi bambini che, per raccogliere ‘l’oro bianco’, sono privati di un’adeguata istruzione”.

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