07/03/2011, 00.00
INDIA
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Corte suprema dell’India: no all’eutanasia. Un verdetto storico

di Nirmala Carvalho
I giudici hanno respinto una petizione per eutanasia attiva nei confronti di un’infermiera paralizzata dal 1973 avanzata da uno scrittore. I medici affermano: “accetta il cibo in maniera normale e risponde con espressioni del viso”, e reagisce “ in maniera intermittente ai comandi, esprimendo suoni”. Il verdetto accolto con gioia nell’ospedale: “Ci è stato fatto un regalo per la Giornata della donna”.

 Mumbai (AsiaNews) – La Corte suprema ha respinto il 7 marzo la richiesta di eutanasia per Aruna Shanbaug, avanzata dallo scrittore Pinki Virani. La corte ha osservato che “l’eutanasia passiva è ammissibile, sotto la supervisione della legge, in circostanze eccezionali, ma che l’eutanasia attiva non è accettabile”. I giudici hanno sottolineato che c’è la necessità di legiferare in tema di eutanasia, ma che fino a quando non vi sarà una nuova legge resterà in vigore il giudizio della Corte suprema. Aruna Ramachandra Shanbaug, infermiera del King Edward Memorial Hospital (Kem) fu aggredita e violentata il 27 novembre 1973 da Sohanlal Bhartha Walmiki, uno spazzino dell’ospedale, che cercò anche di strangolarla. L’uomo fu condannato a sette anni di prigione. Aruna soffrì di severi danni al cervello, e restò quasi completamente paralizzata. Pinki Virani in un suo libro sostiene che è “praticamente morta”, e quindi sarebbe giusto sospenderle nutrimento e idratazione. Le autorità dell’ospedale hanno dichiarato alla Corte che la donna “accetta il cibo in maniera normale e risponde con espressioni del viso”, e reagisce “ in maniera intermittente ai comandi, esprimendo suoni”.

Il dott. Sanjay Oak, portavoce dell’ospedale, ha accolto con soddisfazione il verdetto. “Sono grato alla suprema Corte. Continueremo a occuparci in maniera speciale di Aruna. E’ bene che questo caso apra un dibattito sull’eutanasia. In un rapporto di quattro pagine lo staff del Kem  (i dottori JV Divatia, Roop Gurshani e Nilesh Shah, nella foto) ha dichiarato ai giudici: “A ogni nuova infornata di allievi infermieri, le infermiere sono condotte a vedere Aruna; viene detto loro che Aruna è una di noi e che continua a stare con noi..una bimba di cui hanno avuto cura e assistito con amore per 37 anni. La sola idea di privarla di cibo, o di addormentarla con un farmaci in maniera attiva è molto difficile da accettare per chiunque qui in ospedale. Aruna ha probabilmente passato i 60 anni, e un giorno giungerà alla sua fine naturale. I dottori, le infermiere e tutto lo staff del Kem sono decisi a prendersi cura di lei fino all’ultimo respiro”.

Anche il dott. Pascoal Carvalho, membro della Commissione diocesana sulla vita umana dell’arcidiocesi di Mumbai si è espresso favorevolmente verso il verdetto. “Accogliamo con favore il rigetto della petizione di eutanasia per Aruna Shanbaug. I nostri giudici hanno sentenziato in favore di una cultura della vita. L’India è radicata nella spiritualità in cui ogni vita viene considerata sacra. Solo Dio è padrone della vita umana, e nessuno ha il diritto di padronanza sulla vita. L’eutanasia, l’uccisione cosiddetta per pietà e il suicidio assistito sono sempre immorali e non devono essere accettati legalmente. Dire che l’eutanasia è una cosa buona è un’offesa alla dignità della persona umana”. Nell’ospedale, fra gli altri commenti, abbiamo registrato questo: “Ci è stato fatto un regalo per la Giornata della donna. Aruna è parte della nostra famiglia, continueremo a occuparci di lei con amore”.

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