05/02/2013, 00.00
RUSSIA
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Cristiani copti e siriani in fuga a Mosca, ma in Russia mancano centri di accoglienza

di Nina Achmatova
Attivisti per i diritti umani denunciano le strutture inadeguate per la ricezione di immigrati e gli impedimenti della burocrazia. Un copto ad AsiaNews racconta le minacce di morte dei Fratelli musulmani per non essersi convertito all'islam.

Mosca (AsiaNews) - Il flusso di profughi che da Siria ed Egitto inizia a riversarsi anche a Mosca per fuggire a guerre e violenze in patria sta portando alla luce l'inadeguatezza delle strutture per la ricezione degli immigrati in Russia. La denuncia è di una delle veterane dell'assistenza ai migranti, la presidente del 'Comitato assistenza civica', Svetlana Gannushkina. Da una settimana l'organizzazione ospita nei suoi uffici una famiglia di 10 cristiani copti, tra cui un bambino di pochi mesi, fuggiti - a quanto raccontano - dalla persecuzione religiosa da parte di gruppi islamisti in atto nella cità di Marsa Matrouh, vicino al confine con la Libia. "Ci hanno minacciato di morte se non ci convertivamo e non facevamo indossare il velo alle nostre donne e bambine", ha detto ad AsiaNews Reda, 26 anni, fuggito con la moglie 19enne incinta. "Dopo la rivoluzione sono arrivati molti attivisti dei Fratelli musulmani - ha aggiunto il fratello Viktor, 30 anni, - che hanno iniziato a fare pressione su noi cristiani perché ci convertissimo. I nostri problemi sono iniziati già a fine 2011, ma sono andati peggiorando l'anno scorso, quando dopo la mia lite col preside della scuola che voleva costringere mia figlia a indossare l'hidjab, ci è stato detto che la presenza dei cristiani in città non era più accettata". "Abbiamo cercato riparo da un sacerdote locale - ha concluso - ma la sua chiesa era stata già incendiata una volta e per questo ha deciso di non esporsi".

Ora tutti e 10 gli egiziani, più un iracheno e un sudanese, sono costretti a vivere in una camera di 20 mq, solo con qualche sedia e un tavolo, perché in città non vi è alcun centro di accoglienza temporanea per gli immigrati in attesa di ricevere lo status di rifugiati.

"Tutti aspettano di ricevere risposta dal Servizio federale per l'immigrazione - ha spiegato ad AsiaNews Gannushkina, più volte candidata al Nobel per la Pace - che deve decidere sul loro eventuale trasferimento a Ochyor, nella regione di Perm, dove si trova uno dei soli tre centri di accoglienza per rifugiati nel Paese".

Le pratiche, però, possono durare settimane e le autorità non hanno pensato ad alcuna sistemazione temporanea per questa persone, che non hanno un posto dove vivere. "Il problema è molto più grave per i copti - ha sottolineato Gannushkina - perché per loro qui, a differenza dei siriani, non vi è una vasta comunità e una rete di connazionali pronta ad aprire le loro case". "E' inverno e con queste condizioni climatiche si rischia di morire assiderati - ha aggiunto la donna - siamo costretti a ospitare questa gente nei nostri uffici, che però non sono attrezzati in modo adeguato". Il piccolo Cirillus, arrivato con la mamma, il papà e la sorellina anche lui da Marsa Matrouh, si è già ammalato ed è stato visitato dai dottori di Medici senza Frontiere.

L'anno scorso ad 'Assistenza civica' si sono rivolte in cerca di aiuto 700 persone, di cui 80 egiziani copti. I nuovi arrivi si aggiungono ai circa 30 siriani che solo a gennaio di quest'anno hanno già fatto richiesta a Mosca per lo status di rifugiati. Cento sono invece i siriani arrivati solo negli ultimi sei mesi del 2012.

Centri di accoglienza per profughi che scappano da persecuzioni e guerre sono previsti in tutti i Paesi che hanno firmato la Convenzione Onu sullo status dei rifugiati. In Russia - ha denunciato la Gannushkina - formalmente vi sono tre centri, ma di fatto ne lavora solo uno, quello di Ochyor, per più di 80 persone. "Qui l'integrazione non esiste e le condizioni igienico-sanitarie sono pessime", ha aggiunto. Secondo voci che circolano sulla stampa e tra le Ong, il Servizio immigrazione sta pensando addirittura di chiuderlo. Gli altri due centri si trovano uno nella regione di Tver e l'altro in quella meridionale di Rostov, ma non lavorano a pieno regime. "In un Paese grande come la Russia tre centri per gli immigrati non sono praticamente nulla, se si pensa che la Polonia, molto più piccola di noi, ne ha 11", ha aggiunto la Gannushkina, la quale ha sempre dichiarato che se mai vincerà il Nobel destinerà i soldi del premio alla costruzione di almeno un altro centro per rifugiati, vicino a Mosca. 

 

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