31/10/2018, 13.06
VATICANO
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Cristiani e indù in difesa dei ‘vulnerabili’ della società

Messaggio agli indù del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso in occasione della festa di Diwali. “Attenzione e cooperazione sono necessarie non solo per difendere il legittimo posto e i diritti dei vulnerabili in seno alla società, ma anche per nutrire una cultura della cura e della considerazione nei loro confronti”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Si intitola “Cristiani e Indù: in difesa dei vulnerabili della società” il messaggio che il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ha inviato agli indù in occasione della festa di Diwali. Celebrata da tutti gli indù, la festa  è conosciuta come Deepavali ossia “fila di lampade ad olio”. Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male.

Nel documento, a firma del segretario mons. Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.J., si legge che “dai notiziari e dal web, e per esperienza diretta, siamo a conoscenza delle prove quotidiane che devono subire i membri vulnerabili della nostra società: poveri, infermi, anziani, disabili, indigenti, abbandonati, migranti; emarginati ed esclusi da un punto di vista sociale, religioso, culturale e linguistico; e le vittime di abuso e violenza, specialmente donne e bambini. In gran parte privi d’aiuto e indifesi, scartati e ignorati da una società sempre più indifferente e perfino insensibile ai bisogni e alle sofferenze umane, dappertutto oggi i vulnerabili soffrono moltissimo. In questo contesto inquietante vogliamo condividere con voi una riflessione su come noi, induisti e cristiani insieme, possiamo impegnarci in sforzi per difendere, proteggere e assistere queste persone”.

“Il dovere morale di prendersi cura dei vulnerabili scaturisce dalla nostra credenza condivisa che siamo tutti creature di Dio e, di conseguenza, fratelli e sorelle, uguali per dignità, e reciprocamente responsabili, ma tale dovere nasce anche dall’esperienza della nostra stessa vulnerabilità, quando a volte cerchiamo qualcuno che ci aiuti. Una sana consapevolezza della nostra comune condizione umana e del nostro dovere morale verso gli altri ci spinge a perorare la loro causa facendo tutto il possibile per alleviare le loro sofferenze, difendere i loro diritti e ridare loro dignità”.

“Sotto questo aspetto non c’è dubbio che individui, gruppi e comunità di diverse parti del mondo stiano compiendo molti lodevoli sforzi. Eppure, dato il gran numero dei vulnerabili e le complessità che comporta la soddisfazione dei loro bisogni, quegli sforzi sembrano come gocce d’acqua in un oceano. Ma le occasioni di servizio ci circondano, perché i vulnerabili risiedono in ogni comunità e in ogni società. Sono necessari sforzi maggiori, ispirati da un senso di solidarietà, affinché essi percepiscano ‘la presenza dei fratelli e delle sorelle che si preoccupano di loro e che, aprendo la porta del cuore e della vita, li fanno sentire amici e famigliari’ (Papa Francesco, Messaggio per la II Giornata Mondiale dei Poveri, 18 novembre 2018). Finalmente, il vero livello di civiltà di ogni società si misura da come vengono trattati i suoi membri più vulnerabili. Attenzione e cooperazione sono necessarie non solo per difendere il legittimo posto e i diritti dei vulnerabili in seno alla società, ma anche per nutrire una cultura della cura e della considerazione nei loro confronti. Pure nelle nostre famiglie si dovrebbe fare ogni sforzo per assicurare che nessuno si senta indesiderato, non amato, ignorato o escluso. Ogni livello di società – specialmente i responsabili politici e di governo, e quelli più preparati a fornire assistenza pratica – deve mostrare un volto e un cuore umano ai vulnerabili della nostra società e raggiungere tutti coloro che sono emarginati e oppressi. Questa generosità non deve apparire un gesto simbolico, ma come frutto di un’inspirazione divina nell’ottica di un’autentica emancipazione e benessere dei vulnerabili e della difesa della loro causa”.

“Come credenti radicati nelle nostre rispettive tradizioni spirituali, e come individui ai quali sta a cuore il benessere di tutti, possiamo unirci agli aderenti di altre tradizioni religiose e a tutte le persone di buona volontà, per compiere sforzi collettivi e organizzati per assicurare un presente gioioso e un futuro di speranza ai nostri fratelli e sorelle vulnerabili!”.

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