22/09/2008, 00.00
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Cristiani e musulmani ricostruiscono una convivenza, dopo gli scontri a Mindanao

di Santosh Digal
Nel villaggio di Muntay, cristiani e islamici si offrono reciproca assistenza, per proteggersi dai combattimenti tra esercito, ribelli musulmani, gruppi armati cristiani. Per riprendere una difficile convivenza, contro l’odio che rischia di trionfare.

Manila (AsiaNews) – Cristiani e islamici cercano di ricostruire una convivenza quotidiana, dopo gli assalti dei ribelli del Fronte islamico Moro (Milf) nel Mindanao negli ultimi due mesi. “Una convivenza pacifica è possibile, nonostante la crisi nella regione”, spiega Josie Toico, musulmana di Muntay, villaggio della zona di Kolambugan, in Lanao del Nord (Mindanao). Qui ad agosto è fuggito il 70% delle famiglie, specie cristiane, riparando nella vicina Città Ozamiz. Ma sono rimaste molte famiglie islamiche. “C’era un panico generale. Dovunque risuonavano spari di fucile”.

A fine luglio ed agosto i ribelli del Milf hanno occupato molti villaggi a maggioranza cristiana nel Nord Cotabato. L’esercito ha risposto con attacchi massicci ed è ripreso un conflitto che dura da 40 anni e che sembrava prossimo alla fine, con la prevista creazione di una zona autonoma a maggioranza musulmana nel Mindanao. I violenti scontri hanno fatto fuggire circa mezzo milione di persone, appartenenti a oltre 100mila famiglie, spesso prive di ripari, vestiti, acqua potabile, cibo. Ci sono stati oltre 60 vittime e circa 100 feriti, per la quasi totalità civili.

Anche Abdulcamid Dimalapang, di etnia Maranao, membro di una delle 56 famiglie islamiche che vivono a Muntay insieme a 262 famiglie cristiane e attuale segretario del villaggio, ricorda come quei giorni molti sono fuggiti, ma che “abbiamo sempre pensato che, se restavamo senza armi, non saremmo stati molestati dai combattenti”. “C’erano l’esercito, i ribelli Moro, membri dell’Organizzazione volontari civili e altri gruppi armati. Ma abbiamo pensato che, se non abbiamo armi, non saremmo stati coinvolti in scontri”.

Ricorda che il 18 agosto ci sono stati scontri nelle città di Kolambugan e di Kauswagan e che uomini armati del Film sono arrivati fino al ponte a Sitio Kulasian vicino Muntay e li hanno osservati a lungo, poi sono andati via. Quel giorno ci sono stati 43 morti, 41 feriti e 36 case bruciate nella zona, secondo fonti ufficiali. A Muntay non ci sono stati incidenti e chi è fuggito è ora tornato, ma c’è come una distanza tra cristiani e islamici. Le autorità hanno convocato una discussione nella comunità, nella quale tutti hanno concordato che qui cristiani e islamici non debbono combattersi, ma agire per mantenere la pace nonostante la crescente tensione della provincia. Hanno sottoscritto un impegno nel dialetto locale Visayan per vietare qualsiasi tipo di arma e condividere ogni notizia utile per la sicurezza.

“Siamo stati tutti d’accordo – sintetizza Dimalapang – che il conflitto è tra esercito e gruppi del Milf. Noi non ne siamo parte. Se qui verranno ribelli Moro o gruppi cristiani armati, ne informeremo i capi villaggio e parleremo con loro per dissuaderli da colpire chiunque”. In caso di violenze, cristiani e islamici si daranno reciproca accoglienza. Toico conclude che “Noi tutti, islamici e cristiani, vogliamo solo vivere in pace nella nostra comunità”. Intanto a Muntay sono ospitati profughi fuggiti dalle città di Tangkal e Munai.

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