13/09/2006, 00.00
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Cristiani europei in aiuto alla giovane Chiesa della Cina

di Bernardo Cervellera

Un Colloquium svoltosi nei giorni scorsi a Triuggio (Milano) analizza i cambiamenti avvenuti in questi 25 anni all'interno del Partito comunista cinese, ma soprattutto all'interno delle comunità cristiane della Cina. La sorpresa di una Chiesa viva e moderna pur dentro le persecuzioni.

Triuggio (AsiaNews) – La Chiesa di Cina, ufficiale e sotterranea, è più viva che mai. È una Chiesa che soffre ed evangelizza e che non attende i rapporti diplomatici fra Cina e Vaticano come una panacea. Anche se è schiacciata da controlli, arresti, persecuzioni, cresce al ritmo di 150 mila battesimi di adulti ogni anno. Tutto questo avviene mentre il governo confisca proprietà della Chiesa ufficiale e cerca di annientare i sacerdoti sotterranei, costretti ogni sera a dormire in un luogo diverso per evitare la cattura. Pur nelle prigioni, nella povertà e nell'imbavagliamento, riesce a produrre e diffondere corsi di teologia per corrispondenza; nelle città predica il Vangelo via computer e compact disc; nelle università diverse personalità cristiane dibattono insieme agli intellettuali i problemi sociali di oggi: lo sviluppo economico, l'inquinamento, la crisi del materialismo.

È questa l'immagine che emerge dal Colloquium Cina-Europa (European Catholic China Europe Colloquium, Eccc) a Triuggio dal 6 al 10 settembre. All'incontro hanno partecipato circa 200 persone dalla Cina e dal mondo cattolico e missionario. Fra i maggiori rappresentanti del mondo asiatico, erano presenti mons. John Tong, vescovo ausiliare di Hong Kong, personalità ortodosse del Patriarcato di Mosca e del mondo protestante. Fra gli italiani intervenuti, mons. Luigi Bressan, arcivescovo di Trento e presidente della Commissione episcopale per l'evangelizzazione; mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia; mons. Angelo Mascheroni, vescovo ausiliare di Milano, rappresentante del card. Tettamanzi, arcivescovo della diocesi ospitante il convegno.

Quest'anno il Colloquium ha celebrato la sua 7ma edizione. Iniziato in modo informale nel 1992, dall'interesse e la passione per la Cina di alcuni missionari europei, il Colloquium è divenuto  poco a poco un punto di riferimento importante per il rapporto fra Chiese europee e Chiesa cinese.

Ma la ripresa dei rapporti fra cristiani europei e cinesi risale ad almeno 25 anni fa, dopo la morte di Mao Zedong e le prime timide aperture di Deng Xiaoping. Il tema di quest'anno è stato proprio: "25 anni di incontro con la Chiesa in Cina. Una valutazione guardando al futuro".

Il ricordo del ministro italiano Vittorino Colombo

Fra coloro che hanno aperto la strada in questo rapporto, i partecipanti hanno voluto onorare in modo speciale il defunto ministro italiano Vittorino Colombo, politico cattolico che, con la sua fede e il suo coraggio, e contro ogni tatto diplomatico, ottenne nel 1981 la riapertura della prima chiesa a Pechino, dopo le distruzioni della Rivoluzione Culturale. Nella commemorazione dell'impegno di Vittorino Colombo, il p. Angelo Lazzarotto PIME, ha anche ricordato che l'on. Colombo chiese con insistenza come segno di benevolenza del governo, la scarcerazione dell'allora arcivescovo di Shanghai Ignazio Gong Pinmei, in prigione da quasi 30 anni. In viaggi ulteriori domandò anche di poterlo incontrare. "Al vescovo Gong – ricorda p. Lazzarotto, presente a quello storico incontro il 14 dicembre 1986 – avevano proibito di rivolgersi all'ospite straniero… Alla fine  Vittorino gli chiese di cantare insieme il Salve Regina. Baciando poi il suo anello, sapevamo di onorare un martire della Chiesa cinese da parte di tutta la Chiesa universale".

È toccato a p. Jeroom Heyndrickx, cicm, un veterano dei rapporti con la Cina, tracciare un primo bilancio di questi 25 anni, dal 1981 al 2006. Nella sua relazione egli ha sottolineato che "la Cina di oggi non è quella di 25 anni fa": l'ideologia comunista è ormai crollata e lo stesso Partito comunista cerca di modernizzarsi; anzi, negli stessi vertici vi sono divisioni molto forti fra conservatori e progressisti. Proprio queste tensioni spiegano il carattere "a pendolo" della politica cinese sulla libertà religiosa, con aperture e chiusure, novità e durezze, modernità e prigionie.

Nel corso del Colloquium, altri autori – fra cui p.Roman Malek, svd, e p. Giancarlo Politi, PIME -  hanno invece sottolineato che, pur con qualche aggiustamento, la politica religiosa di Pechino non è cambiata per nulla in questi 60 anni di comunismo. Ne è causa l'eredità confuciana e imperiale che impone il controllo sulla vita dei cinesi e il progetto comunista di distruggere le religioni o perlomeno dominarle.

Una Chiesa in trasfromazione

Ciò su cui tutti gli autori sono d'accordo è invece il fatto che "la Chiesa in Cina non è più quella di 25 anni fa". Agli inizi degli anni '80, la Chiesa cinese, appena uscita dall'uragano della Rivoluzione culturale e da una chiusura quasi ventennale dei seminari e dei conventi, era una Chiesa povera di clero, con sacerdoti molto anziani, senza religiosi o religiose.

Dalle testimonianza presenti al convegno – sacerdoti, religiose, laici dei quali non ci è possibile fare i nomi per sicurezza - emerge con chiarezza che oggi la Chiesa della Cina è giovane: in molte diocesi l'età media dei sacerdoti è sui 34-35 anni; in molte aree fioriscono vocazioni religiose femminili a carattere diocesano, anche se rimane il divieto governativo a far nascere e radunare vocazioni religiose maschili. Anche gli impegni ecclesiali sono maturati. Da una semplice pastorale di sopravvivenza, oggi le comunità cristiane sono passate a un impegno massiccio nella carità verso orfani, anziani, malati di Aids. In molti casi, nella Cina che  ha eliminato ogni sostegno sociale, essi offrono cure mediche gratuite ai poveri. Tutti questi impegni della Chiesa ufficiale e non ufficiale sono ben visti dal governo perché rispondono a bisogni che lo Stato stesso ignora o non riesce a soddisfare.

Educazione spirituale e culturale

I problemi di questa Chiesa – al di là di quelli esterni causati dalla persecuzione – sono dovuti proprio al divario fra la relativa giovinezza dei nuovi convertiti e la profonda vecchiaia delle sue leve più anziane, con un marcato gap generazionale. Fra i sacerdoti e le suore cinesi presenti, varie testimonianze hanno sottolineato che nel clero e fra le religiose mancano figure di mezz'età (50-60 anni, corrispondenti agli anni della Rivoluzione Culturale), che dovrebbero avere funzione di leadership, o di direttori spirituali, con i quali i più giovani potrebbero trovarsi più facilmente in sintonia. Il rischio sottolineato da molti e in particolare da mons. John Tong, è che i giovani, senza modelli da seguire, si esauriscono nell'attivismo e nelle pratiche di pietà senza maturare nella contemplazione.

Un altro problema cocente è l'urgenza di educare al passaggio da una fede tradizionale e poco ragionata – fatta di devozioni e precetti – a una fede più adulta, capace di vivere e testimoniare la gioia del rapporto con Gesù Cristo. In modo ironico, un sacerdote ha detto: "La Chiesa di Cina è una Chiesa che legge il testo delle preghiere, non è una Chiesa che prega".

La carenza di direttori spirituali e di figure vicine ai giovani, come anche l'esigenza di una formazione più profonda e moderna, ha spinto da tempo le diocesi della Cina ad inviare all'estero seminaristi, sacerdoti, religiose. A tutt'oggi, i preti e le suore cinesi che studiano in Europa e America sono alcune centinaia. Al Colloquium sono stati verificati i pro e i contro di questo rapporto e si è tentato di tratteggiare i modi migliori per aiutare la Chiesa della Cina. Per evitare il più possibile lo choc culturale e rendere più fruttuosa la presenza di studenti cinesi all'estero, gli istituti missionari chiedono alle diocesi di inviare in Europa o negli Usa solo persone già ordinate (e non seminaristi), che abbiano indicazioni dal vescovo su un progetto di studio e che abbiamo già studiato per un anno la lingua straniera del Paese dove vengono inviati.

Il dialogo con la società

Pur dentro queste difficoltà, i partecipanti sono rimasti stupiti della vitalità dei cristiani cinesi e della capacità che essi hanno a offrire una risposta di fede ai problemi della loro società, caratterizzata nelle città da un materialismo consumista che produce il vuoto spirituale nei giovani. In molte università i cristiani lavorano e studiano fianco a fianco con professori che cercano di riflettere ai mali suscitati dal violento sviluppo economico: l'inquinamento delle acque e delle città, le migrazioni, la corruzione e la mancanza di legalità.  Un professore cinese ha fatto notare che la società cinese contemporanea presenta tante sfide: "il materialismo nella vita quotidiana, … l'individualismo sfrenato, che spinge all'egoismo e a non fare attenzione alle persone, al futuro e all'ambiente". La Chiesa – ha continuato l'accademico – è chiamata "ad ascoltare il grido silenzioso nel cuore della gente", mostrando che "una sana collaborazione fra la fede e la ragione migliora la vita umana e incoraggia il rispetto per la creazione".

Dentro questo nuovo volto della Chiesa, non manca quello tradizionale: molti villaggi nelle campagne si convertono alla fede perché i sacerdoti cattolici sanno scacciare i demoni o, attraverso la preghiera, riescono a guarire gli infermi.

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