04/03/2021, 11.01
IRAQ - VATICANO
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Cristiani fedeli alla terra d'Iraq, aperti al mondo (II)

A Baghdad il patriarca caldeo ha guidato una veglia di preghiera alla vigilia dell’arrivo del pontefice. Per molti la sua presenza è considerata un invito a rimanere nel Paese e creare ponti con il mondo Ai giovani il compito di mantenere viva la presenza. Il monito ai politici, perché ribaltino il loro atteggiamento “farisaico” (Seconda parte).

Baghdad (AsiaNews) - In Iraq è tutto pronto per l’imminente viaggio apostolico di Papa Francesco, atteso per domani in una nazione che sta cercando - a fatica - di risollevarsi da anni di conflitti e violenze confessionali. La visita si snoderà attraverso tre direttive principali: l’incontro con la comunità cristiana, il tema del rapporto e del dialogo fra religioni diverse, in particolare cristiani e islam sciita, e la crisi politica e istituzionale che attraversa la nazione araba da quasi un ventennio. Ieri il patriarcato caldeo ha organizzato una serata di preghiera nella cattedrale di san Giuseppe, a Baghdad, guidata dal patriarca card. Louis Raphael Sako (foto 4). 

AsiaNews ha raccolto una serie di voci e testimonianze, approfondendo i temi che caratterizzano il viaggio apostolico: incontrare la comunità cristiana; il rapporto tra religioni diverse; incontrare l’Iraq. E la forza di una nazione che cerca di risollevarsi e provare un po’ di gioia, dopo un anno di lockdown a causa della pandemia da nuovo coronavirus.

Abbiamo raccolto pensieri e aspettative grazie alla collaborazione di don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles, nella piana di Ninive, e di p. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya, nel Kurdistan irakeno.
Ecco quanto ci hanno raccontato (Seconda parte. Per la prima parte clicca qui):

Eshak Yaqo Esho, contadino e pensionato, 72 anni, di Enishle (Kurdistan irakeno)
La visita del papa è un invito, rivolto a tutti noi cristiani, a restare in Iraq, a restare saldi alla nostra terra, la terra dei padri e dei nonni, perché i nostri figli possano mantenere viva questa eredità culturale e di fede. E perché possano continuare questa via di fede nella terra di Mesopotamia. Sul piano personale sono molto felice: quando ero bambino, nel vecchio villaggio quando si parlava del papa si pensava a qualcuno che vive in un altro mondo, o nel cielo. Comunque molto lontano, vicino a Cristo. Nonostante il coronavirus, voglio seguire questa visita e pregherò per il suo successo, perché di questi tempi è una benedizione divina. Spero anche che possa rafforzare la convivenza pacifica, come fratelli nell’umanità: abbiamo sofferto molto, ma vogliamo vivere in pace e mi aspetto che il papa ci ricordi che siamo responsabili di questa terra. Soprattutto i giovani, tocca a loro mantenere viva la presenza cristiana.

Rami Saddeeq, 30 anni insegnante universitario, Karamles 
Siamo molto eccitati per la visita di sua Santità papa Francesco in Iraq. Questo evento ha un grande significato e una importanza speciale per i cristiani che vivono in Iraq, perché darà loro speranza, forza e coraggio per restare in questo Paese. Noi qui abbiamo le nostre radici e diciamo a sua santità “Benvenuto in Iraq, benvenuto in Mesopotamia”. 

Marvin Zaya Shamoon, impiegato governativo, 32 anni, di Amadya
Considero la visita del papa prima di tutto un sostegno per i cristiani dell’Iraq e la conferma dell’importanza della loro presenza. La loro esistenza continua, nonostante tutte le difficoltà. È sempre stato il mio sogno vedere un pontefice, ma a causa delle difficoltà dei visti non ho mai potuto andare in Vaticano e partecipare alla messa. Ora è il papa a venire e a realizzare il mio sogno, potrò vedere da vicino l’uomo della pace, il successore di Pietro, la nostra roccia, la nostra pietra su cui il Signore ha costruito la sua Chiesa. Tutte le tappe del viaggio sono molto interessanti e spero che tutti i responsabili religiosi e politici ascoltino bene i suoi discorsi, imparando cosa voglia dire “siamo tutti fratelli”. Mi aspetto che il papa dica ai responsabili del nostro Paese, specialmente quelli che sono a Baghdad, di preservare la presenza cristiana in Iraq e in Medio oriente, perché noi siamo origine e civilizzazione di questa antica nazione, nelle scienze e nella sapienza. 

Ashwaq Hannani 48 anni, segretario parrocchia, Karamles
La speranza più grande è che il papa, con questo suo viaggio in Iraq, possa portare dei cambiamenti nella mentalità dei politici del Paese. Prima di tutto ribaltando la loro attitudine farisaica, perché si adoperino davvero per un servizio alla nazione e al suo popolo.

Zenna Yousif Toma, 30 anni, insegnate, Baghdad
Abbiamo vissuto l’attesa di Sua Santità con entusiasmo, gioia e partecipazione. La prima volta di un pontefice in Iraq è un evento storico. E le tappe della sua visita sono una motivazione ulteriore a lavorare nell’ottica del dialogo e della convivenza fra tutti gli irakeni. Aspettiamo, e confidiamo in questa visita, per diffondere la pace in tutta la nazione.

Samer Moner Butros, 25enne cantante della corale parrocchiale, Mosul
La visita del papa cambierà la prospettiva del mondo verso l’Iraq, che non è solo una nazione di guerra, ma aspira alla pace e alla convivenza. Lo aspettiamo colmi di gioia, in special modo in questa situazione instabile e difficile per la pandemia da nuovo coronavirus. Abbiamo bisogno di questa gioia, dopo un anno difficile fatto di molti lockdown. La sua presenza sarà di aiuto per far rinascere un Paese nuovo, grazie anche all’unione di intenti fra tutte le etnie, le sette e le religioni. E dal papa mi aspetto discorsi improntati a una convivenza concreta, e vera, una legge uguale per tutti, il fondamento comune della cittadinanza e il creare ponti fra gli irakeni e il mondo.

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