Cristiani senza lavoro: più istruiti, ma anche più discriminati
New Delhi (AsiaNews) – I cristiani in India hanno il maggior tasso di disoccupazione, nonostante siano i meno analfabeti. Lo dice uno studio per l’anno 2004-05 dell’Organizzazione nazionale per i sondaggi a campione del ministero della Statistica.
Lo studio, presentato il 30marzo a New Delhi, dice che nelle zone agricole i cristiani disoccupati sono il 4,4%, rispetto all’1,5% degli indù e al 2,3% degli islamici. Allo stesso tempo essi hanno la minor percentuale di analfabeti, nelle campagne (20% tra gli uomini e 31% per le donne) e in città (6% gli uomini e 11% le donne). La popolazione indù è più analfabeta di quella musulmana, tranne che per le donne rurali.
Nelle zone rurali il 56% dei cristiani masschi sono lavoratori dipendenti, rispetto al 55% degli indù e al 50% degli islamici. Le donne sono il 36% dei cristiani, il 34% degli indù e solo il 18% degli islamici. Nelle città la percentuale di lavoratori dipendenti maschi è più alta tra gli indù (56%) rispetto a islamici (53%) e cristiani (51%). Tra le donne, invece, è maggiore la percentuale delle cristiane (24%) rispetto a indù (17%) e musulmane (12%). Sempre nelle città, il 49% delle famiglie islamiche lavora in proprio, rispetto al 36% degli indù e al 27% dei cristiani. L’indagine è stata svolta in 7.999 villaggi su un campione di 124.680 famiglie.
Mons. Charles Soreng, vescovo di Hazaribag (Jharkhand) e presidente della Commissione episcopale per le Caste e i tribali, commenta ad AsiaNews che “questo studio indica che i Dalit cristiani sono emarginati anche tra gli stessi Dalit e hanno maggiori difficoltà degli altri. La disoccupazione divide chi ha da chi non ha… Le statistiche indicano che i posti riservati [di lavoro] debbono essere garantiti ai Dalit cristiani in risposta al loro grande bisogno di quelle opportunità [di lavoro] che sono state loro negate”.
John Dayal, presidente dell’Unione di tutti i cattolici indiani, commenta ad AsiaNews che lo studio conferma la situazione di povertà dei cristiani indiani, che per il 90% sono Dalit e tribali, anche perché la gran parte “sono impiegati dipendenti nel settore dei servizi, mentre la loro quota di lavoratori in proprio è la più bassa”. Occorre – aggiunge – che i cristiani beneficino dei posti di lavoro che gli Stati riservano ai gruppi più svantaggiati e poveri. “La Chiesa deve chiedere alla Corte Suprema maggiore sensibilità ai bisogni dei poveri e di chi non ha nulla”.
08/11/2018 12:29