06/08/2012, 00.00
INDIA
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Cristo risorto, speranza per quanti soffrono nelle prigioni indiane

Ieri la Chiesa indiana ha celebrato la giornata dedicata alla Pastorale delle carceri. La testimonianza di un attivista, per cinque anni in galera da innocente. La stretta del governo sui movimenti pro diritti umani. Sacerdote indiano: una storia di speranza, che ricorda “la sfida quotidiana del Cristo crocifisso”.

Mumbai (AsiaNews) - Da innocente ha trascorso cinque anni in prigione per il suo impegno a favore degli emarginati e delle vittime di violenze. Perché, spiega, dal settembre 2001 il governo indiano ha promosso una politica improntata alla "sicurezza",  che ha colpito anche l'attivismo sociale. Il suo capo d'accusa, falso, è collaborazionismo con i maoisti e appartenenza al movimento naxalita; tuttavia, pur fra violenze e abusi, in carcere non ha perso fede e speranza, che gli hanno permesso di riconquistare la libertà. È la storia di Arun Ferreira, raccontata ieri alla parrocchia di San Pietro, a Bandra Mumbai (nel Maharashtra), in occasione della giornata - domenica 5 agosto - che la Chiesa indiana dedica alla Pastorale delle carceri. "Una storia di speranza" per p. Errol Fernandes, che ci ricorda "la sfida quotidiana del Cristo crocifisso" e risorto.

Arun Ferreira, 39 anni, ha studiato al collegio di San Francesco Saverio di Mumbai e fin da giovane ha mostrato impegno e partecipazione nel sociale. Nel biennio 1992-93 si è speso per portare aiuto alle migliaia di musulmani vittime delle violenze degli estremisti indù a Babri Masjid. In seguito ha aderito al movimento studentesco Vidyarthi Pragati Sanghatan, che si proponeva di costruire una società indiana democratica ed egualitaria.

Tuttavia, l'attentato alle Torri gemelle dell'11 settembre 2001 ha causato un cambiamento radicale nelle politiche del governo, che ha visto sempre più nei movimenti popolari un nemico ostile da combattere. "Le organizzazioni sono state messe al bando" ha spiegato l'uomo, "le idee messe all'indice e le organizzazioni sociali bollate come terroriste". Per questo quanti si adoperavano per portare aiuto ai tribali oppressi nelle zone di campagna sono stati tacciati di "maoismo" e arrestati.

Nei mesi precedenti il suo arresto, molti attivisti dalit sono stati fermati e imprigionati. "Nonostante il clima - ha continuato Arun Ferreira - non avrei mai pensato di diventare pure io un obiettivo per il mio governo". Nel maggio 2007 viene incarcerato, con generiche accuse di adesione al movimento Naxalita. In cella subisce violenze, abusi, vengono montate prove a suo carico per poterlo condannare, ma questo non basta. A settembre del 2010 il tribunale di Nagpur ordina la scarcerazione; tuttavia, in breve tempo viene arrestato di nuovo da agenti in borghese, con generiche accuse di violazioni al regime carcerario nel periodo trascorso dietro le sbarre.

Infine, il 4 gennaio 2012, il rilascio su cauzione che gli ha restituito piena libertà. A sostenerlo durante gli anni di prigionia, racconta Arun, sono stati "l'aiuto spirituale dei miei genitori durante le visite in prigione" e il "contributo legale" ricevuto dagli amici.

P. Errol Fernandes, studioso e professore universitario, sottolinea ad AsiaNews che la sua storia è "una storia di speranza" per il sostegno ricevuto dalla famiglia (una famiglia "allargata", che comprende anche amici e colleghi ai tempi dell'università). Egli non ha mai perso la voglia di combattere per la giustizia e la verità, conseguendo un master universitario durante gli anni di prigione. La sua vicenda, continua il sacerdote, "ci invita ad andare oltre il dolore del momento, le ingiustizie e gli errori". Come Gesù, egli insegna a portare la croce per guadagnare la resurrezione finale e testimonia che "possiamo sopportare qualsiasi sfida o difficoltà" grazie alla fede. (NC)

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