11/02/2009, 00.00
CINA
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Crolla l’esportazione cinese, persi oltre 20 milioni di posti di lavoro

A gennaio l’export scende del 17,5%, oltre le peggiori previsioni. Minori importazioni del 43%; in crisi i mercati dell’Asia-Pacifico. Si teme una crescita non superiore al 6%. Ora si attendono le mosse del governo, che finora punta solo su investimenti pubblici e finanziamenti bancari.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – L’esportazione cinese scende del 17,5% a gennaio rispetto al gennaio 2007, il peggior dato dall’ottobre 1998, aumentando il timore per la perdita di posti di lavoro e il rallentamento della crescita cinese.

A dicembre la contrazione era stata “solo” del 2,8% e questo dato ha superato le peggiori previsioni, che parlavano di un -12/14%. Forse è conseguenza anche del Nuovo Anno Lunare, che è arrivato a gennaio mentre nel 2008 era caduto a febbraio.

I settori più colpiti sono il tessile, i giocattoli, l’elettronica e altre manifatture, proprio i prodotti che hanno sempre trainato l’export cinese e che sono la principale produzione della fabbriche della zona costiera. Il governo dice che 20 milioni di migranti hanno già perso il lavoro, ma si reputa il numero molto maggiore dato che tra i migranti è diffuso il lavoro nero. Il dato, inoltre, non considera i molti che già ricevono un salario minore o addirittura nessun salario, pur continuando a lavorare.

Esperti parlano di una crescita del Paese del 6,1% nel primo trimestre 2009, il minimo dal 1999.

In forte calo a gennaio anche le importazioni, -43,1% su base annua, conseguenza della minor domanda di componenti estere e materie prime per la produzione, ma anche sintomo della contrazione dei consumi per le crescenti difficoltà economiche. Grazie a questo dato, il surplus negli scambi con l’estero ha segnato un incremento di 39,11 miliardi di dollari a gennaio. Verso gli Stati Uniti il disavanzo a favore della Cina è cresciuto dell’1,9% per 12,3 miliardi di dollari.

Gli esperti prevedono ulteriori rallentamenti dell’esportazione e, quindi, della produzione, dato che non appare prossima una ripresa dei consumi di Usa ed Europa. Ma questo potrà avere effetti deprimenti sull’intera economia della regione, dato che i Paesi vicini vendono alla Cina materie prime e prodotti semilavorati. A dicembre le esportazioni di Taiwan sono scese del 42%, quelle giapponesi del 35% e quelle della Sud Corea del 17%: sono i 3 maggiori fornitori di prodotti semilavorati poi assemblati nelle fabbriche cinesi.

Il mercato interno appare depresso nonostante la crescente deflazione, con i prezzi delle merci alla produzione scesi del 3,3% a gennaio e i prezzi al consumo aumentati appena dell’1%, il minimo da 30 mesi, con un aumento del 4,2% per i generi alimentari (+19,6% per i vegetali) ma con forti diminuzioni per vestiti, trasporti e immobiliari. Esperti ritengono che il governo interverrà per contenere la deflazione, per non erodere i già ristretti margini di guadagno delle imprese produttrici, e per stimolare i consumi interni. C’è grande attesa per le iniziative di Pechino, che finora si è limitata ad annunciare grandi investimenti pubblici e a incentivare i finanziamenti bancari. (PB)

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