26/08/2014, 00.00
IRAQ - SIRIA - STATI UNITI
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Damasco: Pronti a collaborare con Usa e Onu per fermare lo Stato islamico

Le Nazioni Unite denunciano: nella presa di Mosul a giugno i miliziani avrebbero ucciso centinaia di prigionieri musulmani sciiti del carcere di Badoush. E ancora, omicidi mirati, conversioni forzate, sequestri, traffico di vite umane, riduzione in stato di schiavitù e violenze sessuali.

Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - I miliziani dello Stato islamico (Is) hanno ucciso almeno 670 prigionieri, di religione musulmana sciita, detenuti nel carcere di Mosul nelle fasi successive alla presa della città, a inizio giugno. I ribelli jihadisti hanno inoltre compiuto una serie di crimini, abusi,  violazioni ai diritti umani - fra i quali un progetto di pulizia etnica - di tale portata da essere classificati come "crimini contro l'umanità". È quanto afferma Navi Pillay, Alto commissario Onu per i diritti umani, secondo cui l'Is e i suoi alleati in Siria e Iraq hanno commesso ogni giorno "gravissime, orribili violazioni ai diritti umani" e le Nazioni Unite ne hanno le prove. 

Fra i crimini compiuti dai jihadisti vi sono omicidi mirati, conversioni forzate, sequestri, traffico di vite umane, riduzione in stato di schiavitù e violenze sessuali. Nella fase di consolidamento del proprio potere nel nord e nell'est dell'Iraq, lo Stato islamico ha anche distrutto monumenti religiosi e culturali, assediando intere comunità. 

Uomini, donne e bambini - prosegue l'alto funzionario Onu - sono stati "vittime sistematiche" di crimini e violenze "su base etnica, religiosa o confessionale", mentre le milizie hanno compiuto una operazione di "pulizia etnica" nelle aree sotto il loro controllo. Dopo settimane di polemiche e accuse di inerzia, le Nazioni Unite prendono una posizione netta nel contesto della crisi irakena, snocciolando accuse circostanziate, fatti e prove concrete che confermano i massacri e le violenze compiute dagli islamisti. 

Nelle fase concitate della presa di Mosul, il 10 giugno scorso, oltre la metà dei 3mila prigionieri sono riusciti a fuggire dal carcere di Badoush; gli altri, tra i mile e i 1500, sono stati divisi in due gruppi, sunniti e sciiti. I primi, dopo essere stati interrogati sulla loro fede, sono stati rilasciati; ai secondi, almeno 679, i prigionieri hanno assicurato un rilascio imminente, ma dopo poche ore sono stati trasportati in una zona desertica e giustiziati a colpi di pistola. Uno sparuto gruppo è riuscito a sopravvivere fingendosi morto e ha potuto raccontare questa ennesima barbarie degli islamisti. 

Le Nazioni Unite sarebbero dunque pronte a stanziare una "forza di pace" in Iraq, con il compito di creare una "zona di sicurezza" attorno alla piana di Ninve e contenere l'avanzata jihadista. E mentre l'Onu muove i primi passi della diplomazia mondiale, il governo siriano afferma di essere pronto a collaborare con la comunità internazionale contro la minaccia "terrorista" dello Stato islamico. L'attuale auto-proclamato Califfato islamico comprende infatti parti di territorio dell'Iraq e della Siria, un Paese da tre anni martoriato dalla guerra civile e dove i miliziani jihadisti hanno compiuto le prime azioni militari.  

Per la prima volta Damasco ha dichiarato di essere disponibile a cooperare con la comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, per risolvere il problema. Il ministro siriano degli Esteri Walid Muallem ha però precisato che qualsiasi attacco sul proprio territorio nazionale deve essere coordinato con il governo di Damasco. Di recente, in seguito all'uccisione del giornalista James Foley, Washington ha lanciato raid aerei contro i miliziani in Iraq, ma non nella vicina Siria dove la Casa Bianca ha per molto tempo sostenuto i gruppi ribelli - fra cui l'attuale Is - che miravano alla destituzione di Assad.

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