16/09/2020, 14.53
INDIA
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Delhi: Nessuno sa quanti migranti sono morti per il Covid

di Nirmala Carvalho

Nessuna compensazione finanziaria per le loro famiglie. I contagi nel Paese hanno superato i 5 milioni; oltre 80mila i morti. Per le autorità, più di 10 milioni di lavoratori migranti sono tornati nei propri villaggi. Conferenza episcopale: Non c'è giustizia, uguaglianza o attenzione umanitaria per migranti, tribali e Dalit. Per evitare discriminazioni, famiglie e capi villaggio non rivelano i decessi a causa del morbo.

New Delhi (AsiaNews) – Non ci sono dati sulle morti da Covid-19 dei lavoratori migranti, quindi la “questione delle compensazioni alle famiglie non si pone”. Le parole del ministro indiano per il Lavoro Santosh Gangwar‎, pronunciate il 14 settembre, il primo giorno della sessione monsonica del Parlamento, hanno scatenato la dura reazione delle opposizioni e della società civile.

I contagi da coronavirus hanno superato i cinque milioni nel Paese, il numero più alto al mondo dopo gli Stati Uniti. Il morbo polmonare si sta diffondendo a grande velocità, con 90mila casi giornalieri. Oltre 80mila persone sono morte, tra carenze di posti letto per la terapia intensiva e di scorte di ossigeno. Malgrado ciò, il tasso di mortalità è inferiore a quello di molti Paesi con un alto numero di contagiati.

Il boom di infezioni arriva mentre il governo continua ad alleggerire le restrizioni di ordine sanitario per cercare di rilanciare un’economia che da marzo, quando la crisi pandemica ha colpito l’India, ha perso milioni di posti di lavoro. In questo quadro, i migranti interni sono la categoria che sta soffrendo di più dall’emergenza.

Il ministro del Lavoro ha ammesso che più di un crore (10 milioni) di migranti sono tornati nei loro luoghi di origine da vari Stati del Paese. P. Nicholas Barla, segretario della Commissione per gli affari tribali della Conferenza episcopale indiana, nota però che i dati sulle morti di Covid-19 sono scarsi, e ciò a ogni livello: nazionale, statale, distrettuale e di villaggio. “È da anni – dice p. Barla ad AsiaNews – che chiediamo alle autorità di fornire cifre sui migranti interni, prima ancora dello scoppio della pandemia. Ma nel Paese non c'è giustizia, uguaglianza o attenzione umanitaria per migranti, tribali e Dalit (senza casta), tutti costretti a cavarsela con le proprie forze”.

Anche p. Anand Mathew, un missionario di Varanasi che in questo periodo ha assistito tanti migranti interni con cibo e altri aiuti, ha condannato la dichiarazione del ministro Gangwar: “In un Paese così vasto, dotato di un sistema amministrativo colossale, è possibile che il governo non è in grado di fornire dati sui decessi da coronavirus?”. Egli lamenta che le autorità spendono milioni per cose “frivole”, e poi non vogliono compensare le famiglie di questi poveri lavoratori. “Siamo di fronte a un esecutivo crudele e insensibile, che si vanta di non occuparsi delle persone più povere”.

Goretti Xalxo, coordinatrice di Pahunch, una Ong che aiuta i migranti tribali nell’area di Vasai, spezza una lancia a favore delle autorità: “Il coronavirus porta con se discriminazione sociale. Per questo motivo, molte persone non hanno rivelato la morte di propri familiari. Nei villaggi, poi, i Grampanchayat (consiglieri e amministratori eletti) non hanno registrato i decessi, quindi è impossibile avere dati certi. Come possiamo ora dare la colpa al governo? Il popolo deve essere educato, è un suo diritto, riconosciuto nella Costituzione”.

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