12/06/2015, 00.00
MYANMAR - CINA
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Dissidente birmano: Pechino cambia rotta, l'invito ad Aung San Suu Kyi cambia tutto

di Francis Khoo Thwe
Dal 10 al 14 giugno la leader dell’opposizione in Myanmar è in visita ufficiale in Cina, su invito del Partito comunista. Ieri l’incontro col presidente Xi Jinping. Direttore Dvb: "Pechino manda un segnale importante a Naypyidaw: pronta a parlare non solo coi militari, ma anche con l’opposizione". E la Signora si mostra sempre più leader “politica”, oltre che icona dei diritti.

Yangon (AsiaNews) - “La Cina è un attore chiave per la politica del Myanmar, per via del sostegno di lunga data fornito al regime militare birmano in passato. Per questo è ancor più significativo che, oggi, stiano invitando la più importante leader dell’opposizione birmana”. Interpellato da AsiaNews Aye Chan Naing, direttore del sito dissidente Democratic Voice of Burma (Dvb), conferma che la cinque giorni di visita ufficiale in Cina di Aung San Suu Kyi ha una rilevanza storica, che rivela una politica improntata al pragmatismo sia da parte della Nobel per la pace che di Pechino. Difatti, anche se il viaggio “non avrà un grande impatto sulle prossime elezioni generali” in Myanmar in programma a novembre, spiega il dissidente, essa “manda un messaggio importante ai generali birmani: la Cina ora parla anche con l’opposizione, non solo con voi”.

Dal 10 al 14 giugno la “Signora” birmana è in Cina per un viaggio che tocca Pechino, Shanghai e la provincia sud-occidentale dello Yunnan, anche se non si hanno a disposizione molti dettagli sulla visita. Ieri la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping nel palazzo dell’Assemblea nazionale del popolo; in calendario anche un faccia a faccia con il premier Li Keqiang e altre cariche di primo piano del Partito comunista cinese.

Fino a qualche anno fa una tale visita sarebbe stata impensabile. Oggi, invece, Pechino ha accolto la donna che ha sfidato i militari birmani e ricevuto il Nobel per la pace - un premio poco popolare in Cina, per via dei tributi al Dalai Lama e all’intellettuale dissidente (in carcere) Liu Xiaobo - con gli onori di un capo di Stato. Del resto nel gruppo dirigente cinese sono emerse opinioni contrastanti sull’opportunità della visita e l’invito è arrivato non dal governo di Pechino, ma dal Partito comunista. Anche questa è una delle molteplici ragioni dietro la scarsità di notizie emerse sinora sulla visita, che solo i media ufficiali di Stato sono autorizzati a seguire. 

Incontrando la leader dell’opposizione birmana, il presidente cinese Xi Jinping ha auspicato che il Myanmar continui a mantenere relazioni positive e costruttive con Pechino, a prescindere dagli sviluppi di politica interna. Egli si augura inoltre rapporto improntati alla “fiducia” e alla “comprensione reciproca”. In risposta, Suu Kyi ha sottolineato i traguardi raggiunti dalla Cina sotto la guida del Partito e ha aggiunto che la Nld “apprezza” l’amicizia con i vertici comunisti di Pechino. Ignorato il tema dei diritti umani e non vi sono stati appelli alla liberazione di Liu Xiaobo, come hanno auspicato attivisti e dissidenti fra cui il cinese Bao Tong, secondo cui il Partito comunista "avrebbe molto da imparare dal movimento democratico birmano". 

Tuttavia, dietro le dichiarazioni di facciata vi sono diversi elementi in gioco che non riguardano solo il passato, ma anche e soprattutto le dinamiche future fra i due Paesi. Il governo di Pechino è stato un alleato di ferro della giunta militare in Myanmar, la quale ha mantenuto agli arresti domiciliari la “Signora” per oltre 15 anni. Fra le questioni in sospeso fra Pechino e Naypyidaw vi sono la controversa diga di Myitsone, un mega-impianto progettato da un’impresa cinese la cui costruzione è bloccata dal 2011 per timore di danni ambientali, e la miniera di rame di Letpadaung, chiusa per la stessa ragione. Rapporti inaspriti di recente dagli scontri lungo la frontiera sino-birmana fra ribelli Kokang ed esercito governativo, che hanno coinvolto cittadini cinesi oltreconfine. 

Commentando per AsiaNews la visita di Aung San Suu Kyi, il direttore di Dvb ricorda che “la Cina è un attore chiave per la politica del Myanmar, per via del sostegno di lunga dato al regime militare in passato”. Per questo, aggiunge, è “assai significativo che, oggi, stiano invitando la principale leader dell’opposizione birmana”. Aye Chan Naing sottolinea il cambiamento della “strategia della Cina verso la Birmania”, dalla salita al potere nel 2011 del presidente (timido) riformista Thein Sein, un ex generale della giunta militare. “Pechino ha capito che non può essere solo amica del governo e dei militari - avverte l’intellettuale birmano - ma deve anche mantenere un rapporto amichevole con l’opposizione e con la stessa società civile, al fine di proteggere gli affari in Myanmar, oltre che i futuri investimenti”. Ecco spiegata “una delle ragioni più importanti per cui hanno invitato Aung San Suu Kyi in Cina”. 

In queste ore non sono mancate le critiche verso la Nobel per la pace, che non avrebbe sollevato il tema dei diritti umani con la leadership cinese. Su questo punto il direttore Dvb è netto: “Aung San Suu Kyi è stata a lungo e lo è tuttora una icona in tema di diritti umani, ma dobbiamo anche capire che lei è anche una politica. E, in quanto leader politica, deve condurre la sua strategia guardando anche al tornaconto politico, piuttosto che basarsi solo sui diritti umani o gli standard morali. Il viaggio in Cina è uno degli esempi di questa strategia”.

“La Cina - avverte Aye Chan Naing - mantiene ancora oggi una grande influenza sul Myanmar. E non credo che la Birmania riuscirà mai ad affrancarsi da questa egemonia”. In quanto nostro stretto e potente vicino e considerata l’enorme potenza globale che ha assunto, conclude, “chiunque salirà al potere in Birmania dovrà mostrare un atteggiamento amichevole verso Pechino”.

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