02/02/2009, 00.00
PALESTINA-ISRAELE
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Diviso al suo interno, Hamas accetta la tregua con Israele

di Paul Dakiki
La decisione dovrebbe essere ufficializzata oggi ed avere la durata di un anno. Si moltiplicano le voci di contrasti all’interno del movimento islamista, tra i leader residenti a Gaza, favorevoli ad un accordo con Israele e quelli che vivono all’estero, che inneggiano al “martirio”.
 Beirut (AsiaNews) - Hamas avrebbe accettato “in via di principio” il progetto egiziano per una tregua di un anno con  Israele, che comprende anche il controllo dei 14 chilometri del confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto da parte degli uomini dell’Olp, a condizione che siano riaperti i valichi della Striscia con Israele. E’ quanto dichiarato oggi da un portavoce dell’organizzazione islamista, alla vigilia dell’arrivo previsto al Cairo di rappresentanti del movimento, che dovrebbero ufficializzare la decisione.
 
La tregua, a quanto afferma la televisione al Arabiya dovrebbe cominciare giovedì prossimo, 5 febbraio.
 
Ma se l’orizzonte sembra meno cupo sul fronte dello scontro armato con Israele, i morti e le distruzioni provocati dai 22 giorni di conflitto sembrano aver aperto divisioni all’interno di Hamas, che si riflettono sui rapporti tra il movimento e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Voci provenienti da Gaza parlano di contrasti tra gli esponenti islamisti residenti a Gaza e quelli che sono all’estero, capeggiati, questi ultimi, dal capo politico di Hamas, Khaled Meshal, che vive a Damasco. Meshal è ritenuto l’ispiratore della rottura della tregua con Israele e dei lanci di razzi che ancora ieri sono stati fatti contro le città di confine dello Stato ebraico e quindi della rappresaglia che oggi ha provocato almeno un morto e quattro feriti tra i palestinesi. Lo stesso Meshal ha inoltre chiesto lo scioglimento dell’Olp, che dal 1964 raduna le diverse formazioni politiche palestinesi (ma non Hamas), in quanto “non rappresenta più un punto di riferimento per tutti i palestinesi” Tutte posizioni che sono condivise dall’Iran – con la Siria sponsor del movimento – dove ieri Meshal si è recato, incontrando la Guida suprema Ali Khamenei e il presidente Mahmoud Ahmadinejad (nella foto).
 
Proprio da tali “frequentazioni” vengono le accuse che venerdì il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha lanciato contro la proposta Meshal, di voler “distruggere un edificio esistente da 45 anni”, che è “riconosciuto da arabi e musulmani” e da “120 Paesi”. Abbas si è anche scagliato contro chi ha fatto scorrere “sangue palestinese”, provocando lo scontro con gli israeliani “per interessi che non sono dei palestinesi”.
 
Alla divisione che si sarebbe dunque creata tra chi è stato a Gaza sotto le bombe israeliane e chi dall’estero continua ad inneggiare al “martirio” dei palestinesi, si aggiunge così quella politica, che ha trovato voce nell’ex portavoce di Hamas, Ghazi Hamad, ed in un esponente della Jihad islamica (altro gruppo estremista che non fa parte dell’Olp), Khaled al-Batsh. Hamad detto di essere contrario a “ulteriori divisioni” e ha sostenuto che esse sarebbero un “colpo fatale” alla speranza di arrivare ad uno Stato palestinese. Al-Batsh, dal canto suo, ha sostenuto di non essere favorevole ad un’alternativa all’Organizzazione, ma ne chiede una riforma.
 
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