27/08/2007, 00.00
TURCHIA
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Domani sarà eletto presidente Abdullah Gul, “moderato” e “islamico”

di Mavi Zambak
Dopo due votazioni a vuoto, domani sarà senz’altro eletto. È riuscito a coagulare attorno a sé curdi e liberali. I timori sono dovuti al suo passato islamico e al monopolio che viene ad avere il partito di Erdogan, ma il mondo imprenditoriale lo appoggia. I pettegolezzi sul velo della First lady.

Ankara (AsiaNews) - Domani alle 15.00 il parlamento turco sarà impegnato al terzo turno di votazioni per l’elezione dell’ XI Presidente della Repubblica. Ormai tutti danno per vincente Abdullah Gul, originario di Kayseri – nel cuore della Cappadocia – 57 anni, fluente in inglese e arabo, ex Ministro degli Esteri, pupillo dell’attuale  primo ministro Erdogan.

Lo scorso aprile la candidatura di Gul, presentata dal suo partito, l’AKP (partito di ispirazione islamica attualmente al potere) fallì  per la mancanza del numero legale di due terzi del Parlamento (367 su 550) in seguito a quel boicottaggio del CHP (Partito repubblicano fondato dallo stesso Ataturk), che non volle – e non vuole, come gran parte dell’apparato amministrativo e militare – un presidente con moglie velata e passato da militante in due partiti islamici. Tutto ciò portò alla crisi politica  istituzionale, obbligando il popolo turco alle elezioni politiche anticipate, svoltesi il 22 luglio.

Forte della schiacciante vittoria ottenuta, l’AKP è tornato ora a riproporre il suo candidato alle elezioni presidenziali. Ma la settimana scorsa, per ben due volte la fumata è stata nera: il 20 agosto al Parlamento di Ankara ha ricevuto 341 voti - tutti quelli dei deputati del suo partito che lo hanno votato, compatti; e anche alla seconda votazione svoltasi il 24 agosto non è riuscito a farsi eleggere presidente della Repubblica, avendo ottenuto solo 337 voti, 29 in meno dei necessari due terzi (367) dell'intero Parlamento (550 seggi).

Ma ormai il gioco è fatto e i destini sono segnati: domani, alla terza votazione, quando sarà richiesta solo la maggioranza assoluta di 276 voti, cioè la metà più uno dei 550 membri del Parlamento unicamerale, l’AKP potrà agevolmente eleggere il suo candidato.

Se così fosse i militari non potranno fare altro che stare a guardare. Loro che, a fine aprile scorso con un memorandum via Internet chiarirono che il presidente turco doveva essere “un laico nei fatti e non solo a parole” e minacciarono un colpo di Stato in caso di attentato alla laicità turca, pare che ora abbiamo le mani legate: non potranno certo agire contro la volontà popolare e così, pur a disagio di fronte ad una first lady velata al palazzo presidenziale, dovranno accettare il dato di fatto e limitarsi a tutelare il Paese e la sua laicità.

Un diplomatico che tranquillizza

Ma chi è realmente questo papabile undicesimo Presidente della Repubblica turca? Apprezzato per le sue posizioni moderate, poco incline agli estremismi nonostante le compagini politiche in cui ha militato nel corso della sua carriera politica, fautore delle riforme democratiche necessarie per l'ammissione nell'Unione Europea, Abdullah Gul ha svolto un ruolo di primo piano come Ministro degli Esteri del 59° governo (di cui è anche vicepresidente) della Repubblica turca anche nei colloqui per la riunificazione dell'isola di Cipro.

Gul, diplomatico rispettato, che ha contributo notevolmente ad assicurare il varo delle trattative di ingresso della Turchia all'Unione Europea, è strenuamente difeso e sostenuto dal Premier turco Erdogan. E lo stesso Gul continua ad difendersi sostenendo che sarà un presidente laico e moderato e che nessuno deve temere per i valori fondanti della Repubblica. Per quanto credibile e dal curriculum impeccabile, rimane però il fatto che con Gul alla presidenza della Repubblica, il partito del premier avrà grande libertà di potere, e potrà presentare riforme costituzionali che potrebbero indebolire il potere giudiziario e dei militari, islamizzando il Paese. Abdullah Gul ha promesso imparzialità e garantito che la Turchia rimarrà uno Stato laico e a sentirlo parlare sembra quell’uomo del compromesso che il Paese sta cercando da tanto tempo.

«Mi sono candidato perché ho seguito il volere del popolo - ha detto Gul -. Questa candidatura è l’espressione della democrazia. La Turchia è uno stato laico e democratico e io sarò un presidente imparziale. Di questo non deve avere dubbi nessuno». Una tranquillizzazione anche per Bruxelles: «La Turchia in questi anni è cresciuta, anche nella considerazione internazionale: adesso dobbiamo andare avanti con le riforme necessarie per entrare in Europa». Parole importanti, a cui però una parte del Paese continua a non credere. Il Chp, il Partito repubblicano del Popolo, principale voce dell’opposizione, ha definito la candidatura di Gul a capo dello Stato una «minaccia per la democrazia». Il suo nome non entusiasma neanche il Mhp, il Partito nazionalista, che però partecipa alla votazione in Parlamento per non fare mancare il numero legale. Contenti i deputati indipendenti curdi, che per questo appoggio potrebbero chiedere in cambio a Erdogan quelle leggi speciali che l’est del Paese aspetta da tempo.

E i laici cosa ne pensano? Le folle oceaniche di persone che erano scese ben quattro volte nelle piazze delle più importanti città della Turchia ora sembrano tacere. Forse sarà perché non piace l’interferenza continua dell’esercito? Forse sarà che di fronte ad un partito corrotto e lontano dalla gente, come il CHP, anche loro hanno preferito votare l’AKP? Forse sarà perché il profilo dei deputati del partito islamico moderato AKP è profondamente cambiato in senso laico rispetto alle precedenti elezioni. Lo osserva il quotidiano Vatan: dei 341 deputati acquisiti dal partito del premier Erdogan solo 90 hanno un passato islamista, in particolare nel movimento Milli Gorus (opinione nazionale) fondato negli anni ‘70 dal padre dell’islam politico radicale, Necmettin Erbakan. Tra i deputati dell’AKP vi sono circa 100 definiti “liberali” perché professori universitari, rappresentanti del mondo degli affari o ex diplomatici e alti burocrati; 70 degli eletti nelle liste dell’AKP provengono da partiti laici di sinistra e 6 sono ex nazionalisti; e delle sue 30 donne elette deputato, nessuna di esse porta il velo islamico.

L’appoggio del mondo economico

Gli ambienti economici che all’inizio si erano dichiarati contrari all’ipotesi di una concentrazione delle principali cariche dello Stato in mano ad un partito filoislamico, ora appaiono più consenzienti. Arzuhan Yalcindag Dogan, la presidente del Tusiad (la Confindustria turca) che il 19 aprile a Bruxelles si opponeva ad una probabile candidatura di Erdogan a presidente della Repubblica, ha incontrato Abdullah Gul dimostrandogli tutta la sua simpatia e il suo appoggio, dichiarando che per questa carica politica egli è l’uomo ideale.

Ed Erdogan continua a reagire di fronte agli attacchi sferzati al suo delfino, affermando la sua fedeltà alla linea secolarista della Costituzione turca: “Non ambiamo a distruggere la laicità”, ha dichiarato ancora in un’ultima conferenza stampa, e contro chi afferma che non si può accettare che lo stesso partito abbia il presidente del Parlamento, il primo ministro e il presidente della Repubblica, ribatte che questo è avvenuto e avviene in diversi Paesi europei e anche nel passato della repubblica turca nel 1989 con il partito ANAP (Partito della Madrepatria) si era avuta la stessa concentrazione di potere.

Per molti il problema non è che un solo partito controlli le cariche istituzionali più importanti, ma che questo partito sia l’AKP, islamico di nome, conservatore sul piano culturale, ma estremamente liberista in economia.

Il velo della First Lady

Intanto la questione del velo delle donne continua a destare preoccupazione. Lo stilista della futura First Lady assicura che Hayrunnisa Gul indosserà vestiti semplici, moderni, adatti al suo ruolo di moglie del presidente della Repubblica e continuerà sì ad indossare il velo, ma proponendo nuovi modelli che si ispirano a famose stelle del cinema hollywoodiano che non temevano di coprire il capo con un foulard, come mostrano le tante foto di Sophia Loren, Elizabeth Taylor, Ava Gardner, Audrey Hepburn e Catherine Deneuve che troneggiano sui giornali in questi giorni.

Si parla però anche di nuove riforme che daranno la possibilità alle donne - sia studenti che docenti o impiegate - di accedere nei luoghi pubblici e soprattutto nelle scuole, a capo coperto: capricci da donna o inizio di una nuova islamizzazione? Staremo a vedere.

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