10/03/2011, 00.00
CINA
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E' in rosso la bilancia degli scambi commerciali della Cina

Pechino registra un deficit di 7,3 miliardi di dollari, con una minima crescita delle esportazioni e un forte aumento delle importazioni. Questo avrà immediati riflessi sulla querelle sul valore dello yuan. Il problema è anche che i consumi interni crescono con lentezza e non riescono a sostenere l’economia cinese.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Cina ha avuto a febbraio un deficit negli scambi commerciali per 7,3 miliardi di dollari (5,7 miliardi di euro), il maggiore da 7 anni. E’ conseguenza soprattutto del minimo aumento delle esportazioni, solo +2,4% rispetto al febbraio 2010, mentre le importazioni sono aumentate del 19,4%.

Per favorire le esportazioni, Pechino tiene lo yuan molto sottostimato rispetto al valore reale, tenendo basso il prezzo dei suoi prodotti sui mercati esteri. Ma questo significa anche un minor potere d’acquisto per i prodotti d’importazione, i cui alti prezzi favoriscono l’attuale robusta inflazione interna.

L’analista economico Wang Janhui  commenta che questo deficit permetterà a Pechino di rinviare un apprezzamento dello yuan, come i Paesi occidentali chiedono da tempo, per timore che un aumento del costo dei propri prodotti causi un’ulteriore contrazione dell’export, con danno per la produzione e diminuzione dell’occupazione. Ma altri esperti ritengono che proprio questo dato spingerà a un  aumento del valore dello yuan, per diminuire le importazioni con un riequilibrio negli scambi commerciali.

L’appuntamento è al 31 marzo quando a Nanjing si riuniranno i responsabili finanziari dei G20 per discutere del sistema monetario mondiale, con ovvia attenzione sul valore dello yuan e sul suo crescente ruolo mondiale.

Il boom economico cinese si fonda da decenni sulle forti esportazioni. Quando le economie di Stati Uniti ed Europa hanno iniziato a rallentare, Pechino ha detto di voler puntare sull’aumento dei consumi domestici per mantenere il tasso di crescita economica. Ma negli ultimi mesi l’espansione del consumo interno è stata frenata dalla forte inflazione e dalla progressiva perdita di valore dei redditi del ceto medio. Le importazioni sono un buon indice dell’aumento del consumo interno e la loro crescita del 19,4% a febbraio è molto inferiore al previsto +30% in occasione del Nuovo Anno Lunare cinese, a conferma che il consumo interno ha un’espansione contenuta.

Peraltro il deficit negli scambi commerciali aiuterà a drenare denaro contante dal mercato e a ridurre la spinta inflattiva, specie di fronte ai continui aumenti del greggio a seguito della Rivoluzione dei Gelsomini.

Il noto economista Andy Xie ha osservato che l’economia interna subisce le distorsioni per lo strapotere del Partito Comunista, i cui dirigenti occupano spesso posti di potere nelle aziende statali e anche private, che hanno ruoli di monopolio e arricchiscono i leader: il “costo” di queste distorsioni ricade sull’amplissimo ceto medio, che gode di limitati ammortizzatori sociali e ha redditi fissi il cui potere d’acquisto viene eroso con rapidità.

Funzionari economici del Pc hanno annunciato questi giorni l’intenzione di aumentare i salari del 13% annuo per il quinquennio fino al 2015. Peraltro Li Daokui, esperto della centrale Banca di Cina, prevede che nel 2011 la bilancia degli scambi registrerà comunque un surplus non inferiore a 150 miliardi di dollari, rispetto ai 183 miliardi del 2010 e ai 295 del 2008.

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