30/11/2004, 00.00
CINA
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Esplosione nella miniera: una tragedia annunciata

Già da diversi giorni degli incendi nel sottosuolo facevano presagire la strage;  minacciati  di licenziamento quanti si rifiutavano di tornare al lavoro.

Pechino (AsiaNews/Scmp) – Era una strage annunciata: la settimana scorsa i dirigenti della miniera nello Shaanxi avevano ordinato ai lavoratori di tornare sottoterra nonostante i continui incendi.

Il bilancio aggiornato della tragedia nella miniera di Chenjiashan parla di 63 vittime accertate, mentre i minatori ancora dispersi sono 103. Nessuna speranza di trovarli ancora in vita, perché l'ossido di carbonio ha saturato l'aria e il livello di tossicità è ormai 5 volte superiore al tasso di mortalità.

Il fratello di un minatore tuttora disperso afferma che i lavoratori si rifiutavano di tornare al lavoro a causa dei continui incendi nel sottosuolo, ma i dirigenti della miniera li hanno costretti sotto la minaccia di punizioni e sospensioni dal lavoro. L'uomo, di cognome Wang, riportando una frase del fratello sostiene che i lavori nella miniera dovevano proseguire nonostante l'incendio: i dirigenti chiedevano una maggiore produzione.

La madre di un minatore, parlando ad un quotidiano locale, afferma che il proprio figlio aveva lavorato con una squadra di pompieri nei giorni scorsi per spegnere gli incendi nel sottosuolo.

Il governo di Tongchuan e i dirigenti della miniera di Chenjiashan non hanno voluto rilasciare dichiarazioni sull'incidente o sul fatto che sapessero di incendi nei giorni precedenti l'esplosione.

Il direttore di un quotidiano locale denuncia pressioni, da parte delle autorità governative, per nascondere responsabilità e dinamiche della vicenda; egli aveva inviato dei giornalisti sul posto, ma essi non hanno potuto intervistare i familiari delle vittime e riportare le loro testimonianze. "Tutto quello che possiamo raccontare – afferma il direttore – sono i dispacci di agenzia dei media di Stato: la Xinhua e la China Central Television".

Song Chao, ex minatore e ora di professione fotografo, ha lavorato nel pozzo di Shandong per sei anni e conferma che "la sicurezza non è una priorità". Song racconta che nei suoi anni  in miniera lavorava anche "sei ore ogni giorno sottoterra per un compenso pari a 3000 Yuan (poco più di 270 euro) al mese. Per gli abitanti delle zone rurali è una discreta somma, quindi il fattore sicurezza passa in secondo piano".     

 

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