22/02/2010, 00.00
MYANMAR – INDIA
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Esule birmano: in vista delle elezioni, il regime attua una repressione durissima

di Tint Swe
Tint Swe, membro del governo in esilio, denuncia la campagna lanciata dalla dittatura militare contro monaci, giornalisti e oppositori politici. L’impotenza delle organizzazioni internazionali e la connivenza dei Paesi confinanti, come Cina e India, attirati dalle ricchezze economiche.
New Delhi (AsiaNews) – Nei giorni scorsi abbiamo riferito della condanna a sette anni di galera, inflitta a un monaco buddista per “associazione illegale”. Gaw Thita è stato arrestato nell’agosto scorso all’aeroporto internazionale di Yangon, mentre rientrava da un viaggio a Taiwan. Il monaco buddista è stato condannato il 17 febbraio da una corte speciale della prigione di Insein, il famigerato carcere in cui sono rinchiusi molti membri dell’opposizione birmana e attivisti per i diritti umani.
 
La condanna è giunta durante la visita dell’Alto funzionario Onu per i diritti umani, Tomas Ojea Quintana, in Myanmar. Sulla vicenda abbiamo raccolto il parere di Tint Swe, membro del consiglio dei ministri del National Coalition Government of the Union of Burma (NCGUB), costituito da rifugiati del Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia e mai riconosciute dalla giunta militare. Fuggito in India nel 1990, dal 21 dicembre del 1991 vive a New Delhi. Da allora fa parte del NCGUB dove ricopre l’incarico di responsabile dell’informazione per l’Asia del Sud e Timor Est.
 
Questo è il Myanmar, governato da un regime che non si cura della legge. Il monaco buddista è stato riconosciuto colpevole e condannato a sette anni perché ha aiutato le vittime del devastante ciclone che ha colpito le aree del delta dell’Irrawaddy nel maggio 2008. I soccorsi attuati per il ciclone Nargis sono stati differenti rispetto al terremoto del Sichuan, in Cina, e al sisma che ha colpito Port-au-Prince, ad Haiti. Fino a oggi nessuno è stato arrestato in Cina o a Haiti per aver aiutato le vittime. Ma un monaco buddista, il venerabile U Gawthita, è stato arrestato il 26 agosto per le sue attività caritative e condannato il 17 febbraio 2010 a sette anni. Il suo crimine: aver aiutato le vittime del devastante ciclone. Ciò che sembra impossibile diventa possibile in Myanmar, guidato da una dittatura militare.
 
Vi sono rapporti documentati di discriminazioni religiose e persecuzioni sotto il regime corrente. Questi rapporti si concentrano nella maggioranza dei casi sulle pratiche non buddiste. Ma si sono visti monaci buddisti sia in televisione, sia in filmati postati su YouTube, in cui essi protestano contro un regime ingiusto e per questo vengono perseguitati. I generali birmani sono di fede buddista. Ma quando la religione minaccia il loro dominio, allora non esistono distinzioni e la fede diventa una nemica.
 
Prima ancora della guida buddista, una giornalista di nome Hla Hla Win è stata condannata il 30 dicembre scorso a 27 anni di prigione; il 27 gennaio è stata la volta del collega Tun Kyaw, che dovrà scontare una sentenza a 13 anni di carcere. La loro colpa è aver diffuso notizie vere, via radio, a emittenti in lingua birmana che trasmettono dall’estero. Inclusi gli ultimi due, tutti i prigionieri politici sono trasferiti in carceri isolate, nelle aree più impervie del Paese, di modo che pure i parenti debbano soffrire.
 
Queste punizioni devono servire da esempio per le elezioni, che si dovrebbero tenere entro l’anno. Quanti si oppongono ai piani [della giunta] faranno la stessa fine. Le elezioni in Myanmar sono il fatto del giorno. E nessuno eccetto il dittatore unico Than Shwe sa quando e come verranno effettuate queste elezioni. Le speculazioni che vengono fatte, si rivelano in genere sbagliate. E il panorama pre-elettorale non è affatto incoraggiante.
 
La scorsa settimana, il 17 febbraio, le autorità hanno confiscato e venduto all’asta il negozio di proprietà di un membro del comitato organizzativo del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld). Lo stesso giorno, l’udienza di appello di 16 attivisti – tra cui un fisico di Myingyan – è stato respinto. Essi sono stati condannati a pene che variano dai cinque ai 50 anni di galera. Inoltre, il 15 febbraio 2010 Naw Ohn Hla e altre tre donne della Nld sono state condannate a due anni di prigione perché hanno tenuto preghiere settimanali in una pagoda, per chiedere il rilascio della loro leader, Aung San Suu Kyi.
 
Ancora, il 19 febbraio 2010 l’appello speciale lanciato da Su Su New, in cui invocava uno sconto sulla pena a 12 anni e mezzo, è stato respinto. Il crimine commesso da questa donna dal cuore grande della Nld è stato quello di aver fissato poster, in cui chiedeva democrazia all’indomani della protesta dei monaci del 2007.
 
Tutte queste punizioni ingiustificate sono solo un esempio in vista delle elezioni in programma quest’anno. Il messaggio è che tutti – monaci, giornalisti o chiunque si oppone ai piani della giunta – dovrà subire lo stesso destino. Alla vigilia delle ultime elezioni, nel 1990, non si sono registrate condanne di questo tipo. Questo perché le elezioni sono state libere e giuste. Da ciò si deduce che le prossime elezioni saranno di sicuro illegali ed effettuate sotto stretta sorveglianza.
 
Tomas Ojea Quintana, l’Alto rappresentante Onu per i diritti umani, ha completato la sua terza visita in Myanmar. Il Comitato centrale esecutivo della Nld, il partito di Aung San Suu Kyi, ha sollevato la questione della legittimazione del potere. Tin Oo, vice-presidente della Nld, liberato poco prima – il 13 febbraio – dopo sei anni di arresti domiciliari ha confermato che il massacro del “venerdì nero” – consumato nel maggio 2003 vicino a Depayin – era un deliberato crimine politico orchestrato dalle autorità. L’inviato delle Nazioni Unite ha riconosciuto che tutte le udienze in tribunale, incluse quelle a carico della “Signora”, non sono pubbliche.
 
Durante la settimana di visita in Myanmar, il diplomatico Onu non ha ricevuto alcuna informazione di rilievo in merito alla data delle elezioni, sulla registrazione dei partiti e la commissione elettorale. Egli ha anche ammesso che non vi saranno liberazioni di prigionieri politici prima del voto, condizione richiesta dalla Lega nazionale per la democrazia e dalla comunità internazionale.
 
L’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) ha prodotto scarsi risultati. Un tribunale nel centro del Paese ha ridotto i termini di prigione per 12 agricoltori, condannati a cinque anni ai lavori forzati lo scorso mese di ottobre. Essi avevano vinto una battaglia legale su 2000 acri di terreno confiscati, in seguito a un vertice nel mese di marzo fra rappresentati Ilo e funzionari governativi.
 
Al tempo stesso, due organismi internazionali sotto l’egida delle Nazioni Unite seguono da vicino le vicende birmane. Amnesty International ha chiesto alla giunta militare di porre fine alla repressione contro le minoranze etnico-religiose in vista delle elezioni. L’Ilo ha iniziato a distribuire volantini sui lavori forzati e il reclutamento di bambini soldato, con dati che posizionano il Myanmar fra le nazioni con il più alto tasso di minori arruolati nell’esercito. Tuttavia, gli stampati devono prima passare attraverso le rigide maglie della censura imposta dalla giunta.
 
Nel frattempo le nazioni occidentali e i Paesi confinanti mostrano un crescente interesse per il Myanmar. Il governo indiano ha approvato una serie di investimenti sul petrolio e il gas birmano, consentendo alla Oil and Natural Gas Corporation (Ongc) di sborsare 832,5 milioni di dollari e alla compagnia di trasporto del gas Gail una somma aggiuntiva di 502 milioni di dollari per coprire le spese de progetto. Il Bangladesh ha avviato una repressione durissima e senza precedenti contro i profughi musulmani fuggiti dal Myanmar. Le guardie costiere bangladeshi hanno arrestato otto birmani con il sospetto di spionaggio.
 
Per ora la Cina domina il Myanmar e manifesta tutta la sua rabbia per l’incontro fra Obama e sua santità, il Dalai Lama. In vista delle elezioni, va tutto a vantaggio della giunta che i Paesi confinanti non si curino di ingiustizie e malaffare che accadono in Myanmar.
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