10/01/2012, 00.00
MYANMAR – INDIA
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Esule birmano: serviranno decenni per sfuggire alla morsa dei militari

La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi ha confermato la candidatura per un seggio in Parlamento alle elezioni del primo aprile. La Nld rientra a pieno titolo nell’alveo politico. Tint Swe: per l’opposizione, necessario guardare al futuro e ai giovani. Fra le priorità, le modifiche alla Costituzione promulgata dal regime.
Delhi (AsiaNews) – La leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi ha confermato l’intenzione di correre per un seggio in Parlamento, nelle elezioni suppletive in programma il primo di aprile. Da tempo il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), ha deciso di procedere alla registrazione – la mancanza di questo atto formale ha comportato l’esclusione dalle precedenti elezioni del novembre 2010 – e rientrare a pieno titolo nel panorama politico del Myanmar. Una probabile elezione garantirebbe alla Nobel per la pace, che ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari, un posto alla Camera e un possibile incarico in seno al governo di Naypyidaw. Tuttavia, la “Signora” intende anche smorzare facili entusiasmi, manifestando preoccupazione per le reali intenzioni di cambiamento “in seno all’esercito”. E anche se la Nld dovesse conquistare tutti i 48 seggi in lizza, avrebbe un potere minimo all’interno del quadro politico nazionale.

Per approfondire gli sviluppi della politica birmana, le prospettive del cammino democratico e il ruolo del Myanmar sulla scena internazionale, AsiaNews ha intervistato Tint Swe, membro del Consiglio dei ministri del governo di coalizione nazionale dell’Unione della Birmania (NCGUB), composto da rifugiati dal Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Lega nazionale per la democrazia, e mai riconosciute dalla giunta. Fuggito in India nel 1990, dal 21 dicembre 1991 Tint Swe vive a New Delhi, esercita la professione medica e ha il ruolo di responsabile per l’informazione sull’Asia del Sud e Timor Est nel Consiglio.

Ecco, di seguito, l’intervista rilasciata da Tint Swe ad AsiaNews:

Come giudica il via libera del governo birmano alla registrazione ufficiale della Nld?
In realtà, la decisione non ha sorpreso nessuno. È solo uno dei nuovi sviluppi che stanno prendendo piede in Myanmar nell’ultimo periodo. In molti ritengono sia parte di un più ampio accordo fra il presidente U Thein Sein e Aung San Suu Kyi. Da lunedì (ieri, ndr) la Nld ha redatto i moduli di iscrizione al partito e invita gli esiliati a compilare l’adesione on-line. In un intervento al programma in birmano di Voice of America, un ascoltatore birmano ha avvertito del pericolo di adesione, fra i nuovi membri, di “opportunisti”. Il monito è corretto, perché in ogni gruppo vi sono elementi con scopi diversi.  È interessante notare che la Nld avrà al suo interno anche membri che vivono al di fuori della Birmania. Questo perché all’indomani della schiacciante vittoria alle elezioni del 1990 – mai riconosciute dalla giunta militare – molti organizzatori e neo-eletti parlamentari hanno abbandonato il Paese. Oltretutto la Nld annovererà fra le proprie fila gli esiliati non per avere una sacca di voti, ma per mostrare che vanta sostenitori in tutto il mondo. E, cosa più importante, indica che resta ancora molto da fare, anche se molti pensano che il più è stato fatto e il peggio è passato. Ma non è così!

Quali sono i margini di vittoria per la Nld?
La Nld correrà per tutti i seggi disponibili, in tutti i distretti elettorali del Paese alle elezioni del primo aprile. Il ragionamento di Aung San Suu Kyi è equiparabile al principio di forza del tutto o niente. Ci si aspetta che i candidati della Nld abbiano i voti e Aung San Suu Kyi venga eletta in Parlamento. Questo, per la Nld, potrebbe essere il primo passo e la preparazione per le prossime elezioni generali.

Mr. Swe, che priorità politiche avrà il movimento di opposizione birmano?
Oltre ai numeri e i seggi conquistati, vi è il nodo legato alla Costituzione (approvata nel 2008, in piena emergenza causata dal ciclone Nargis, ndr) che non è accettata dalla Nld e dai partiti etnici delle elezioni del 1990. Al momento essa è vista come una pietra miliare che non può essere soggetta a modifiche. Ma la Costituzione è scritta dal popolo e può essere modificata dal popolo come ha detto in passato Aung San e ora lo ripete la figlia Suu Kyi. E una delle tre priorità del 2012 per il partito sarà proprio quella di emendare la Costituzione. Ora la comunità internazionale risponde con prontezza ai nuovi sviluppi in Myanmar. E il blocco occidentale tratta più o meno allo stesso modo il governo e Aung San Suu Kyi.

Saranno elezioni libere?
Gli esuli birmani autorizzati a rientrare in patria dal presidente sono più pessimisti degli osservatori stranieri. Il numero di rientri è marginale e non vi sono i segnali di un ritorno di massa per gli altri. Dei 35 membri del Parlamento eletto nel 1990 e fuggiti all’estero, solo uno ha fatto rientro. Ed essi non hanno diritto a competere per un voto in base alle norme odierne e ai regolamenti fissati dalla Commissione elettorale. Ma la Nld, che è nuova come nuova è la realtà del Paese, ha una visione di lungo periodo e riflette una nuova generazione. […] Ai giovani è concessa un’opportunità. Alla generazione del 1990 è affidato il compito di monitorare e guidare le nuove leve.

Come giudica la situazione delle minoranze etniche, in particolare i cristiani Karen e Chin?
Aung San Suu Kyi ha promosso una raccolta fondi per le vittime dei combattimenti nelle aree Kachin.  Per quanto riguarda i Chin, stride il fatto che il gruppo armato sta per normalizzare i rapporti col governo, mentre decine di migliaia di profughi in India, Malaysia e Thailandia non vedono alcuna speranza di poter tornare a casa. E non si tratta di una mera questione politica, quanto piuttosto di possibilità di impiego, istruzione, cure mediche, infrastrutture, ancora allo stato rudimentale nelle colline Chin. E l’esempio fornito dalla minoranza cristiana Chin rivela quanto sia ancora lungo il cammino che deve percorrere il Myanmar. E anche il secondo turno della cosiddetta amnistia annunciata il 3 gennaio può illustrare la reale situazione: Khun Htun Oo e i leader Shan, condannati a 90 anni di galera, ora hanno visto la pena ridotta a 30 anni. In questo modo, la Birmania non dovrà aspettare 90 anni, ma “solo” 30 per sfuggire alla morsa dei militari. (NC)
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