29/11/2012, 00.00
VATICANO
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Gaudium et Spes, quando la famiglia divenne vera e propria "Chiesa domestica"

di Amina Makhlouf
In un momento nel quale affioravano i primi segnali della futura crisi, il Concilio dovette affrontare il tema della santità del matrimonio e della famiglia, valorizzando l'amore personale e sviluppando l'immagine di famiglia come "comunità di vita e d'amore". I tempi hanno superato la visione conciliare. Gli interventi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Roma (AsiaNews) - Luz Maria e Jose Alvarez, messicani, erano confusi tra i padri conciliari nella Basilica di San Pietro. Questa coppia appartenente al Movimento delle famiglie cristiane aveva il compito di rappresentare i desideri, le attese, le speranze di milioni di famiglie cattoliche nell'aula conciliare. In quegli anni di grande fermento era forte la consapevolezza che proprio la famiglia fosse il primo luogo di dialogo tra la Chiesa e il mondo: non solo nella sua struttura portava i segni dei tanti cambiamenti in atto nella società, ma assorbiva lo smarrimento e la confusione che la società industriale, la ridefinizione del ruolo della donna, i flussi migratori e i nuovi stili di vita imposti dalla società dei consumi avevano generato.

 La presenza dei coniugi Alvarez, dunque, era un segno dell'attenzione della Chiesa ai tempi e la dimostrazione del protagonismo della famiglia nella quotidianità ecclesiale. All'inzio degli anni '60 l'istituto familiare era, in gran parte del mondo, ancora la cellula portante del tessuto sociale, nonostante il disagio che affiorava nei circoli intellettuali dell'occidente, gli scricchiolii che si avvertivano nelle più granitiche roccaforti della tradizione e le prime avvisaglie di quella che nel Sessantotto si sarebbe rivelata come una vera a propria rivoluzione dei costumi. Era d'obbligo, per chi lavorava alla costruzione del nuovo volto della Chiesa, affrontare il tema della santità del matrimonio e della famiglia, valorizzando l'amore personale e sviluppando l'immagine di famiglia come "comunità di vita e d'amore" già affiorata nella Casti Connubii di Pio XI.

La discussione venne inserita nel più ampio dibattito tra Chiesa e modernità, tanto che la "questione famiglia" all'interno della costituzione conciliare più discussa e innovativa, la Gaudium et Spes, occupò un posto importante. Era chiaro ai padri conciliari che l'insieme di relazioni che permetteva alla persona di scoprire ed esprimere la sua vocazione era essenziale per la vita cristiana.

Nella famiglia i figli imparavano attraverso il rapporto con i genitori, in maniera naturale, la comunione, dimensione indispensabile per la comunità cristiana, ma anche le nozioni elementari e indispensabili della fede. La prima preoccupazione del Concilio fu di tenere insieme il tema dell'amore personale tra i coniugi, la relazione tra uomo e donna esseri di uguale dignità, e il valore sociale della famiglia, il suo rilievo per il mondo civile.

La nuova sensibilità teologica, il personalismo cristiano, il recupero di una certa tradizione biblica permisero di spostare l'attenzione dalla famiglia come strumento per la procreazione ed educazione delle nuove generazioni a vera e propria "Chiesa domestica", esperienza chiave per vivificare la società. La discussione e la definizione dell'istituto familiare però non furono semplici: nell'affrontare il tema si confrontarono visioni diverse, e si ripresentò la dialettica tra maggioranza e minoranza che aveva attraversato tutto il complicato iter della Gaudium et Spes. L'enfasi sull'amore tra uomo e donna, riproposto dalle filosofie personaliste, finì per spaventare quei vescovi e padri conciliari già preoccupati per la perdita di rilievo sociale della famiglia. Quello che impensieriva era una possibile fuga nell'intimità dei coniugi. Emblematica a questo riguardo la discussione sulla sessualità, presentata dai teologi più attenti ai mutamenti culturali non solo come finalizzata alla procreazione, ma come atto di carità reciproca tra i coniugi. Una formulazione possibile grazie al recupero della tradizione medievale: la concezione dell'amore umano nella riflessione tomista, infatti, considerava l'atto sessuale meritorio in sé e non come semplice ed unico mezzo per la generazione, costituendo una solida base teologica per affrontare il problema del boom demografico e l'invito al controllo delle nascite.

Sappiamo che il tema della procreazione responsabile, dalle tante implicazioni etiche e morali, fu così lacerante da indurre Paolo VI a sottrarlo all'aula assembleare e affidarlo ad una commissione extra-conciliare per poi farne materia dell'enciclica Humanae Vitae. Ancora oggi costituisce uno dei nodi irrisolti, sebbene le sfide del mondo moderno si siano, in questo campo, moltiplicate.

La codificazione della famiglia raggiunta nella Gaudium et Spes non ha retto a lungo. La "famiglia liquida", l'inversione degli indici demografici in molte zone del mondo, l'assolutizzazione della libertà personale e i nuovi sistemi comportamentali hanno fatto saltare quell'equilibrio raggiunto tra fecondità ed amore personale. Nella Chiesa da tempo si sono aperti nuovi spazi di riflessione, con il contributo decisivo di Giovanni Paolo II e del suo magistero. Il pontefice, autore di "Amore e responsabilità", aveva indagato da arcivescovo di Cracovia il mistero dell'amore coniugale, parlando dell'atto sessuale all'interno del sacramento del matrimonio come di una delle più alte espressioni dell'amore e affrontando senza reticenze temi come castità, omosessualità, desiderio sessuale. Durante il suo pontificato intorno alla concezione unitaria di persona si elabora una "ecologia dell'uomo", un'attenzione al linguaggio del corpo, che servirà a delineare i confini e le potenzialità di una "sessualità" intensa come dono e non come strumento. Una "ecologia dell'uomo" riproposta anche da Benedetto XVI, sin dalla sua prima enciclica Deus Caritas Est  e ribadita in molti dei suoi interventi magisteriali.

Integrazioni necessarie al testo conciliare che risente delle preoccupazioni dell'epoca e non tiene conto dei 50 anni di sistematica devastazione dell'istituto familiare portata avanti da una cultura nichilista e libertaria. Le nuove frontiere della bioetica, la legalizzazione dell'aborto in sempre più ampie regioni del pianeta, la pianificazione delle nascite dettata da stili di vita egoistici e autoreferenziali, l'assolutizzazione del corpo e le legislazioni che aggrediscono l'istituto del matrimonio fondato sull'amore tra un uomo e una donna, rendono quanto mai urgente una difesa della famiglia ad oltranza.

Anche nel recente Sinodo dei Vescovi sull'Evangelizzazione si è discusso a lungo dei fattori di crisi che interessano la cellula fondamentale della società, trascurata dalle politiche sociali e spesso assediata da habitus che la penalizzano. Forse proprio su questo più che su altri temi risulta stridente l'ottimismo che sottende ogni parola della Gaudium et Spes. I padri conciliari non potevano certo immaginare l'accellerazione subita dalla società globale, né le derive del relativismo etico e le sue conseguenze sul baluardo naturale della famiglia. E' certo che il manifesto di simpatia e realismo cristiano attraverso cui la Chiesa spiegò la modalità di presenza dei cristiani nella società va aggiornato, ma rimane fermo il punto di partenza: attraverso la famiglia si gioca la comunicazione della fede e il destino dell'umanità.   

 

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