05/10/2015, 00.00
ISRAELE - PALESTINA
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Gerusalemme: scontri fra esercito e palestinesi, ucciso 18enne. Timori di una nuova intifada

La vittima è Hudhayfah Ali Suleiman, colpito a morte al checkpoint di Tulkarm. Almeno un centinaio i feriti, alcuni in modo grave ma non in pericolo di vita. Netanyahu promette di “combattere sino alla morte il terrorismo palestinese”. Mahmoud Abbas si appella all’Onu contro la “aggressione” di Israele.

Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Continua la striscia di sangue in Terra Santa con la morte, nella notte, di un 18enne palestinese ucciso negli scontri - in atto da alcuni giorni - con l’esercito israeliano al checkpoint di Tulkarm, in Cisgiordania. A Gerusalemme e nei territori palestinesi la tensione è ai massimi livelli, dopo le violenze delle ultime 48 ore - due israeliani uccisi a coltellate e decine di palestinesi feriti da proiettili israeliani - e la decisioni del governo Netanyahu di impedire l’accesso dei palestinesi alla Città Vecchia. 

La vittima palestinese uccisa nella notte sarebbe Hudhayfah Ali Suleiman, un giovane di 18 anni originario di Bal’a. Centrato da un proiettile israeliano, egli è stato subito trasportato in una clinica dove i medici hanno dichiarato la morte. Secondo quanto riferisce la Radio dell’esercito israeliano, decine di giovani palestinesi avrebbero partecipato agli scontri della giornata di ieri e proseguiti nella notte, lanciando sassi, bombe Molotov e bruciando gomme.

In risposta, i soldati hanno aperto il fuoco ferendo oltre 100 persone. Oltre al giovane deceduto, altri tre avrebbero riportato gravi ferite ma non sarebbero in pericolo di vita. Ad oggi quasi 300mila palestinesi vivono a Gerusalemme est, sotto l’occupazione israeliana nell'area in cui si trova la Città Vecchia.

In un clima di crescente tensione, si parla con sempre maggiore insistenza di “terza intifada”, per una possibile nuova - e secondo alcuni analisti già in atto - ribellione palestinese dopo quelle del 1987 e del 2000. Fra le caratteristiche di questi nuovi nuovi scontri, l’aumento di operazioni “price tag” da parte di estremisti ebraici, che nei mesi scorsi hanno causato la morte di tre membri di una famiglia palestinese nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. 

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, appena rientrato dal vertice Onu a New York, ha subito convocato d’urgenza i vertici della sicurezza, ordinando una stretta nell’area per “combattere sino alla morte il terrorismo palestinese”. Tra i primi provvedimenti presi, l’accelerazione nella “distruzione delle case dei terroristi”.  

In precedenza erano entrate in vigore restrizioni per due giorni all’accesso alla Città Vecchia di Gerusalemme, luogo sacro per ebrei, musulmani e cristiani: l’entrata è consentita solo agli israeliani, ai turisti, ai residenti dell’area e ai commerciali, oltre che agli studenti. Per quanto concerne le preghiere sulla Spianata delle Moschee, una zona “sensibile” e contesa dalla frangia ultra-ortodossa ebraica, saranno permesse agli uomini oltre i 50 anni. Nessun vincolo invece per le donne. 

Da giorni le forze di sicurezza israeliane sono in allerta, dopo la morte il 3 ottobre scorso di una coppia di coloni uccisi - davanti ai loro figli - con diverse coltellate sferrate da un assalitore di nazionalità palestinese. Un secondo episodio di accoltellamento ha causato il ferimento di un giovane israeliano. In entrambi i casi gli assalitori sono stati uccisi dalla polizia di Israele. Ad aumentare ancor più la tensione il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele; immediata la reazione dell’aviazione israeliana, che ha colpito un sito di Hamas nel nord della Striscia. 

Il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas lancia un appello al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, chiedendo azioni immediate per garantire protezione internazionale al popolo palestinese vittima della “aggressione” di Israele. In una conversazione telefonica col capo della diplomazia Onu - che chiede calma e moderazione alle parti in causa - egli ha inoltre denunciato gli attacchi e le violenze dei coloni in Cisgiordania. Per Hanan Ashrawi, membro dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) gli attacchi di coloni ed esercito provano che “il governo di Israele crea in modo deliberato una situazione di violenza e instabilità, che minaccia di finire fuori controllo”. 

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