07/10/2016, 13.21
INDIA
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Gesuita indiano su Madre Teresa: Impariamo a vivere l’eredità che ci ha lasciato

di Cedric Prakash sj

Oggi si celebra l’anniversario della fondazione delle Missionarie della Carità. Dopo l’incontro con la Madre, p. Cedric Prakash sj ha avuto il coraggio di ammettere quello che non osava confessare: diventare sacerdote e unirsi ai gesuiti. Il coraggio di sfidare i potenti; la tempestività della risposta in situazioni di crisi.

Beirut (AsiaNews) – Mentre “celebriamo questa grande leggenda, proviamo a vivere la ricca eredità che Madre Teresa ci ha lasciato: essere aperti e amorevoli, raggiungere quelli che sono nel bisogno e soprattutto avere abbastanza coraggio da dire la verità ai potenti”. Lo afferma ad AsiaNews p. Cedric Prakash, gesuita indiano e noto attivista, attualmente impegnato in Libano con il Jesuit Refugee Service (Jrs) per il Medio Oriente. Egli afferma che “oggi, giorno in cui ricorre la Festa del Santo Rosario, è davvero una ricorrenza speciale per le Missionarie della Carità, perché è il giorno in cui è stato fondato il loro ordine”.

P. Prakash ricorda che il 7 ottobre 1950 papa Pio XII diede alla santa di Calcutta il permesso di fondare la congregazione [riconosciuta a livello pontificio nel 1965 da papa Paolo VI, ndr]. Questo, aggiunge, “ha consentito alla Madre e alle consorelle di avere un impatto sul mondo in un modo tale che pochi altri gruppi non politici hanno avuto. Le Missionarie non solo hanno raggiunto gli indesiderati, i non amati e non considerati negli angoli più sperduti del mondo, ma hanno anche ispirato migliaia di persone a fare lo stesso”.

Il 7 ottobre, la Festa del Santo Rosario, è un giorno davvero speciale per la Missionarie della Carità (le suore di Madre Teresa). Lo chiamano il loro “Giorno della fondazione”. In quel giorno, nel 1950, Madre Teresa e un piccolo gruppo di 12 compagne hanno ricevuto dal Vaticano l’approvazione come congregazione religiosa. Secondo le parole di Madre Teresa, la missione primaria della Congregazione “era di prendersi cura degli affamati, nudi, senza casa, invalidi, ciechi, lebbrosi, di tutte le persone che si sentono rifiutate, non amate, non curate dalla società, coloro che sono diventati un peso sociale e sono evitati da tutti”. Erano passati quattro anni da quel settembre 1946, quando Madre Teresa – mentre era in treno verso Darjeeling – aveva ricevuto l’ispirazione, “la chiamata”, di uscire dalla Congregazione a cui apparteneva [le suore di Loreto, ndr] e fare qualcosa di più tangibile per Gesù, servendo i più poveri dei poveri.

Da quel “Giorno dell’Ispirazione” ad oggi, 70 anni dopo, Madre Teresa e le sue consorelle hanno avuto un impatto sul mondo in un modo tale che pochi altri gruppi non politici hanno avuto. Le Missionarie non solo hanno raggiunto gli indesiderati, i non amati e i non considerati negli angoli più sperduti del mondo, ma hanno anche ispirato migliaia di persone a fare lo stesso. Questo è stato del tutto evidente il 4 settembre 2016, quando Madre Teresa è stata canonizzata; persone in tutto il mondo, a prescindere dal loro credo o dall’identità nazionale, l’hanno onorata come SANTA, ma anche per l’eredità più importante che ci ha trasmesso: il coraggio di vivere nelle piccole, semplici e ordinarie dimensioni delle nostre vite quotidiane.

Quindi, come posso vivere l’eredità che questa leggenda mi ha tramandato? Posso farlo ripercorrendo gli incontri personali che io ho avuto con la santa in quasi 25 anni. Quelle esperienze profonde che toccano il cuore di un essere umano; quegli incontri preziosi che saranno sempre incisi nella memoria, nel cuore della persona!

Il mio primo incontro con Madre Teresa è stato casuale. Nel 1972 ero un ragazzo e lavoravo a Madras [attuale Chennai, in Tamil Nadu – ndr] per la All India Catholic University Federation (Aicuf). Tra ottobre e novembre di quell’anno sono andato a Calcutta per un meeting. Una mattina p. Babu Beckers (gesuita), il cappellano della Aicuf, decise di portarmi con sé a visitare le Missionarie della Carità. A quel tempo non sapevo nulla di Madre Teresa nè delle Missionarie della Carità. Quando mi hanno presentato a lei, io credevo che mi avrebbe fatto le solite domande. “Da dove vieni? Cosa fai?”. Ma all’improvviso mi chiese: “Giovanotto, cosa vuoi fare nella vita?”. Io ero scioccato, davvero non sapevo cosa dire! Ho mormorato: “Forse l’avvocato”. A quel punto la Madre sorrise e rispose: “Giovanotto, tu devi seguire Gesù! Tu devi seguire Gesù!”.

Ero in imbarazzo. Non avevo osato rivelarle che avevo sempre coltivato il desiderio di diventare sacerdote. In realtà io volevo unirmi ai gesuiti nel giugno 1972, ma poi avevo rinunciato. Il coinvolgimento con l’Aicuf aveva fatto sorgere delle domande, comprese quelle se la Chiesa esista davvero con Cristo e il suo messaggio. In qualche modo, a quel tempo, non ero più entusiasta di diventare sacerdote; quel desiderio era tramontato. Ad essere onesto, anche se non perdevo mai la messa quotidiana, non ero più sicuro se credevo o meno. Madre Teresa era stata diretta: la sua sfida mi fece riflettere profondamente.

Il giorno dopo ho visitato un “basti” (una baraccopoli in cui vivono persone povere) brulicante di rifugiati bangladeshi. Nel momento più alto della guerra tra Pakistan dell’est e dell’ovest, più di 10 milioni di rifugiati dal Pakistan dell’est (attuale Bangladesh) erano entrati nel West Bengal e in particolare nelle aree intorno a Calcutta. Anche se la guerra era finita un anno prima (nel dicembre 1971), nelle baraccopoli della città vivevano ancora migliaia di loro in condizioni disperate. All’improvviso mentre camminavo in quel “basti” ci fu una sorta di corri corri. Centinaia di persone si accalcavano attorno ad una macchina (credo una specie di taxi) che era appena arrivata. Erano Madre Teresa e due consorelle. È stato incredibile osservare il modo in cui quei poveri esseri umani si inginocchiavano ai suoi piedi e la chiamavano ‘Ma’, ‘madre’. Lei e le suore sembravano la loro àncora di salvezza – distribuivano cibo, medicine, vestiti e una carezza amorevole a tutti. Io le ho viste protendersi verso i malati. Quella scena, in quella parte sporca e puzzolente della città, ha lasciato dentro di me una profonda e duratura impressione! Qualcosa che non potrò mai dimenticare! Madre Teresa si prendeva cura di loro in modo incondizionato; i poveri, i rifugiati, avevano trovato in lei un vero rifugio.

Il 31 ottobre 1984 Indira Gandhi, [allora] primo ministro dell’India, fu assassinata! Delhi e altre parti dell’India del nord erano un turbine di violenze, con la brutalizzazione e l’uccisione dei sikh (una delle guardie del corpo che le aveva sparato era sikh)! Alcune città come Delhi erano in fiamme. Rajiv Gandhi, il primo ministro che era succeduto alla madre uccisa, ha chiesto a Madre Teresa di andare lì. Lei accorse subito e fornì un grande aiuto per riportare la pace in città. Noi eravamo studenti di Teologia al Vidya Jyoti Delhi. Organizzammo una manifestazione per la pace e Madre Teresa era lì con noi. Dato che ero uno dei coordinatori dell’organizzazione dei gesuiti per il soccorso, la riabilitazione e la riconciliazione, ho trascorso tanto tempo con lei. La Madre disse ai governatore di Delhi che io dovevo essere destinato al Ludlow Castle Relief Camp, dove avevano trovato rifugio centinaia di sikh. Il governatore non aveva altra scelta che ascoltarla. Sulla “carta d’identità” che aveva preparato per me, lei scrisse “Missionario della Carità”. Madre Teresa ha risposto subito alla situazione di crisi; metteva in pratica al meglio quello che pensava.

Nel marzo 1996 ho avuto il privilegio di invitare Madre Teresa ad Ahmedabad e organizzare lì un programma per lei! Keshav Varma, commissario municipale della città, mi aiutò a rendere quella visita un evento memorabile. Inoltre egli scrisse una lettera all’allora sindaco della città, una donna, per ottenere una cerimonia di accoglienza civica per la madre. Il sindaco Bhavna Dave, che apparteneva al partito di destra indù Bjp [Bharatiya Janata Party, nazionalisti], respinse la richiesta nel modo più assoluto. Senza essere scoraggiato, Varma ospitò una cerimonia (tea party) nella sua abitazione ufficiale, invitando vari personaggi di rilievo della città da far conoscere a Madre Teresa. Il sindaco Dave fece una capatina veloce. Il marito del sindaco, che la accompagnava, tentò di punzecchiare la Madre dicendo: “Perché converti le persone al cristianesimo?”. Ma poi rimase esterrefatto dalla replica, che la santa diede in maniera umile e gentile: “Io non ho il potere di convertire nessuno; ma se tu hai il desiderio di essere convertito, io pregherò Gesù per te, affinchè egli tocchi la tua vita”. Di sicuro a Madre Teresa non mancava il coraggio di prendere posizione su argomenti sensibili.

Perciò mentre celebriamo questa grande leggenda, proviamo a vivere la ricca eredità che ci ha lasciato: essere aperti e amorevoli, raggiungere quelli che sono nel bisogno e soprattutto avere abbastanza coraggio da dire la verità ai potenti!

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