20/09/2021, 08.47
RUSSIA
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Gli ortodossi russi contro le ‘pretese’ di Costantinopoli

di Vladimir Rozanskij

Secondo il patriarca Kirill, c’è chi è deciso a distruggere le tradizioni dell’Ortodossia. Accuse al Patriarcato ecumenico di voler creare una frattura tra mondo ortodosso greco e slavo. Il prossimo Sinodo dei vescovi di Mosca condannerà le “innovazioni canoniche” dei greci.

Mosca (AsiaNews) – Al mondo c’è chi è deciso a distruggere le tradizioni dell’Ortodossia, seminando la divisione e l’ostilità tra i popoli e le Chiese. Lo ha dichiarato il patriarca russo Kirill (Gundjaev) nel saluto augurale con cui ha aperto i lavori di una grande conferenza sui destini universali del cristianesimo ortodosso: “L’Ortodossia mondiale: primato e comunione alla luce del magistero ortodosso”.

Ospitato dal 16 al 19 settembre nella sala sinodale della cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, all’evento hanno preso parte i membri della Commissione teologico-biblica del Sinodo dei vescovi, i rappresentanti delle istituzioni teologiche e delle scuole diocesane, diversi vescovi e sacerdoti, e ospiti dalle altre Chiese autocefale in buoni rapporti con il Patriarcato di Mosca.

Prima di recarsi alla conferenza, Kirill ha votato nella sua residenza per le elezioni politiche: le autorità gli messo a disposizione un’urna portatile a domicilio. Ai convenuti ha poi rivolto un chiaro appello ad affrontare con coraggio un tema così importante, visto che “la situazione del mondo ortodosso può essere definita critica”, dopo le vicende degli ultimi anni che hanno portato alla rottura con patriarcati di Costantinopoli, Alessandria, Atene e Kiev.

Non a caso in tutte le assise ecumeniche dell’ultimo ventennio, il patriarcato di Mosca si era rifiutato di discutere la questione del primato nella Chiesa, per timore che fosse un tentativo di “papizzare” gli orientali esaltando il ruolo del patriarcato ecumenico (Costantinopoli) a scapito delle autonomie locali, e soprattutto della Chiesa russa.

Kirill ha parlato di “una chiara tendenza a creare una frattura, un ‘mediastino’ che separi l’Ortodossia greca e mediterranea da quella balcanica e slava, contrapponendo Costantinopoli a Mosca”. Questo indebolisce la Chiesa ortodossa nel mondo “che oggi, insieme a poche altre confessioni cristiane, è la sola in grado di realizzare il servizio profetico necessario a illuminare ciò che avviene nella civiltà umana contemporanea”.

Dopo i saluti del patriarca, la relazione iniziale non poteva avere un tema più provocatorio: “Le pretese di potere di Costantinopoli come minaccia all’unità della Chiesa”. A tenerla è stato il principale collaboratore di Kirill, il metropolita Ilarion (Alfeev). Con relazioni sul tema del primato e dell’autocefalia, sono intervenuti poi il vescovo serbo Irinej (Bulović) e quello di Belgorod in Ucraina Silvestr (Stoyčev), che appartiene al patriarcato russo. Il metropolita georgiano Andrej (Gvazava) e quello cipriota Nikifor(Kikkotis), rappresentante dell’unica Chiesa greca favorevole ai russi, hanno presentato un contributo sugli stessi temi.

I relatori hanno ripreso le accuse di “neopapismo” rivolte dallo stesso Kirill al patriarca ecumenico Bartolomeo (Archontonis); si sono scagliati contro l’approvazione del Tomos di autocefalia della Chiesa ucraina “scismatica”, guidata dal metropolita Epifanyj (Dumenko), contrapposta agli ortodossi ucraini fedeli a Mosca.

Ilarion ha ricordato che il “primato costantinopolitano” non è di origine patristica, ma “è stato acquisito in seguito a circostanze storiche penose, dopo lo scisma con il papa di Roma”. Costantinopoli era solo“la seconda Roma, un titolo di onore, ma non di potere”. Soltanto nel XX secolo, in funzione anti-russa (dopo la rivoluzione del 1917), i patriarchi ecumenici avrebbero cominciato a pretendere di immischiarsi nelle questioni delle altre Chiese nazionali e dei loro “territori canonici”, fino agli “eccessi” di Bartolomeo.

Le conclusioni del convegno serviranno da documento-base per il prossimo Sinodo dei vescovi ortodossi russi, che si dovrebbe tenere entro la fine dell’anno. Esso definirà in modo solenne la condanna delle “innovazioni canoniche” introdotte dai greci nella questione dell’autocefalia e della dottrina sulla Chiesa in generale.

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