26/03/2009, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Gran Muftì saudita: cinema e teatro, in genere sono contrari all’islam

Essi distraggono le persone dal lavoro e impediscono di raggiungere il successo professionale. Nella società saudita è sempre più evidente una spaccatura fra la leadership religiosa integralista e una base che vuole maggiori aperture e libertà. In otto giorni oltre 25mila sauditi hanno assistito alla proiezione di una commedia prodotta nel regno.

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) – Il cinema e il teatro sono “contrari alla legge islamica”, perché “distraggono le persone dal lavoro” e dalla possibilità di “raggiungere il successo”. È quanto affermato dal gran Muftì Abdul Aziz Alu Al Sheikh in un incontro con gli studenti della King Saud University. Nel corso del convegno si è anche parlato di tempo libero e divertimenti, guida, di arti visive e letteratura.

“Gli spettacoli teatrali, siano essi cinema o canzoni, sono in genere contro la Sharia” ha ammonito il gran Muftì. “Le persone necessitano solo di quelle [forme artistiche ] che sono utili per loro, al fine di cambiare lo stile di vita [secondo i precetti dell’Islam]”.

Lo scorso anno il leader religioso si era scagliato contro la televisione, lanciando una fatwa contro gli sceneggiati di successo turchi “Nour” e “The Last Years”, gli spettacoli tv più apprezzati e seguiti nel mondo arabo. Egli li ha definiti “diabolici e immorali”, distruttori della “nostra etica” e “contrari ai nostri valori”.

Nella società saudita appare evidente una spaccatura fra l’establishment composto da leader religiosi integralisti legati ai precetti più stretti dell’islam e una base sempre più vasta di giovani e liberali che desiderano maggiori aperture, garantire più libertà alle donne e permettere ai giovani forme diverse di intrattenimento.

Fra i giovani del Regno – così come in tutto il Medio Oriente – è ormai una prassi comune navigare in rete e guardare film di azione americani, ma il cinema resta sempre tabù. Ciononostante la recente diffusione in due cinema di Riyadh della commedia saudita Menahi – due spettacoli giornalieri, per otto giorni consecutivi – con gli uomini in platea e le donne rigorosamente in galleria, ha riscosso un enorme successo. “Abbiamo fornito gli spettatori di apparecchi acustici e visivi, abbiamo venduto per la prima volta nella storia dell’Arabia Saudita i biglietti dello spettacolo, abbiamo venduto anche i pop-corn” commenta Ayman Halawani, general manager di Rotana Studios, la casa di produzione di proprietà di Waleed bin Talal, membro della famiglia reale, nel mirino dell’ala conservatrice del Paese per le sue idee liberali e gli interessi nel mondo delle tv e dello spettacolo. “Il film è stato visto da almeno 25mila persone – aggiunge Ayman Halawani – queste sono cifre davvero significative”.

Il desiderio di apertura si scontra però con le direttive della classe dominante, che non vede di buon occhio l’apertura a costumi e tradizioni che non sono strettamente legate all’islam. Agli studenti della King Saud University, il gran Muftì ha ricordato che “il gioco degli scacchi è una perdita di tempo e nuoce al portafoglio”. La fotografia invece è “una delle necessità della vita”, da accompagnare “a conferenze o attività religiose” o per “mantenere la pubblica sicurezza. Solo la fotografia di sculture e modelli è proibita”. Guadagnare somme di denaro attraverso la poesia, la letteratura e gli eventi culturali è “ammissibile” solo se vengono veicolati messaggi positivi e senza peccato. Egli ammonisce infine i giovani invitandoli a “stare lontani dal fumo” e “a guidare con prudenza, in special modo a tarda notte e la mattina presto”.

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