28/08/2013, 00.00
CINA
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Guangdong, le nuove centrali a carbone “uccideranno 16mila persone”

Il governo della ricca provincia meridionale pianifica la costruzione di 22 nuovi impianti energetici, ma esperti e attivisti per l’ambiente avvertono: “Provocheranno una strage nei prossimi anni”. E il delta del Fiume delle Perle diventa nero.

Guangzhou (AsiaNews) - Le 22 nuove centrali elettriche a carbone pianificate dal governo del Guangdong provocheranno circa 16mila morti nei prossimi 40 anni, che vanno sommate alle 3.600 vittime che l'inquinamento provoca già oggi nella ricca provincia meridionale. È l'allarme lanciato da esperti e attivisti per l'ambiente, che chiedono al governo provinciale di tornale alla politica "no-carbone" lanciata nel 2009 nel delta del Fiume delle Perle. Che in questi giorni è diventato nero (v. foto) per l'inquinamento eccessivo.

Le stime sono state presentate da Andrew Gray, consulente per la qualità dell'aria ingaggiato da Greenpeace per studiare l'impatto sulla salute del PMI, il particolato emesso dalla combustione di carbone nell'aria. Questo elemento è già noto alle cronache nazionali e internazionali, dato che nei momenti di massima produzione industriale oscura i cieli di Pechino, Shanghai e delle altre megalopoli nazionali costringendo la popolazione a vivere il più possibile all'interno di case e uffici.

Al momento, le 96 centrali a carbone già attive nel territorio provocano ogni anno 3.600 vittime e circa 4mila casi di asma infantile nella provincia e a Hong Kong. Con l'attivazione delle nuove centrali, i casi di asma arriverebbero a 15mila mentre quelli di bronchite cronica sarebbero almeno 19mila. Zhou Rong, attivista per l'ambiente, dice: "L'impatto cumulativo sulla salute umana di questo progetto è devastante. La regione del delta del Fiume delle Perle dovrebbe tornare a una politica ambientalista come quella contro il carbone lanciata nel 2009. Ma nella sua fame di energia il Guangdong ha ignorato il bando sul carbone".

L'allarme è sostenuto anche dalle immagini del fiume Maozhou, il più ampio della città meridionale di Shenzhen e cuore del delta, che in questi giorni è divenuto nero a causa dell'inquinamento industriale e privato. Il governo ha stanziato circa 100 milioni di euro per ripulire il bacino entro il 2015, ma con questi ritmi sembra impossibile riuscire a raggiungere l'obiettivo senza che nuovi scarichi riportino la situazione al punto di partenza.

La sovrapproduzione industriale è un'arma a doppio taglio per il governo cinese. Da una parte essa garantisce una crescita sostenuta del Prodotto interno lordo, necessaria per mantenere la stabilità sociale e per affermare il nuovo ruolo da protagonista per la Cina sul palcoscenico mondiale; dall'altra provoca sempre più imponenti manifestazioni popolari contro l'inquinamento, gli espropri forzati dei terreni e la corruzione di funzionari del Partito e industriali.

 

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