21/07/2007, 00.00
CINA
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Han Dongfang: gli operai-schiavi sono “normali” nella Cina odierna

Il fondatore del primo sindacato non di partito parla dello scandalo degli schiavi nelle fabbriche di mattoni. Sono solo un aspetto di una società in cui le autorità usano il pretesto dell’utile sociale per arricchirsi e coprire le malefatte. La teoria di Deng sul gatto bianco e il gatto nero, in una società che stritola il cittadino comune privo di potere.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Non erano un segreto le migliaia di operai-schiavo nelle fabbriche di mattoni in Henan e Shanxi: lo sapevano polizia e autorità locali, i compratori dei mattoni, parecchi cittadini, ma nessuno è intervenuto. Han Dongfang, creatore del primo sindacato cinese non di partito, dice che è solo “la punta di un iceberg” di un sistema politico che “fomenta” indifferenza e disonestà.

Sul sito web China Labor Bullettin di Hong Kong che dirige, Dongfang riassume come è esploso lo scandalo: il 5 giugno una tv locale manca in onda l’appello di 400 genitori dell’Henan i cui figli sono stati rapiti, “venduti per 500 yuan l’uno in zone dove ci sono molte fabbriche di mattoni, come le municipalità di Yongji e di Linfen nello Shanxi”, segregati per anni, percossi se non lavorano o tentano la fuga. L’appello finisce su internet ed esplode lo scandalo. Entro il 25 giugno la polizia libera 532 schiavi nelle fabbriche di Henan e Shanxi, tra loro 109 minori. Si indigna l’opinione pubblica e i leader nazionali ordinano indagini approfondite. Ma dopo un mese sono stati puniti solo 95 funzionari pubblici locali di basso rango, la maggior parte con semplici ammonimenti. Non sono stati puniti funzionari importanti.

E’ qualcosa di già visto – dice Han – come i grandi disastri nelle miniere, con centinaia di morti, una vasta indignazione popolare contro le collusioni tra autorità pubbliche e proprietari disonesti che per fare maggiori guadagni trascurano le misure di sicurezza.

Il vero problema “è che in Cina molti capi considerano i lavoratori quali semplici ‘strumenti umani’ da pagare il meno possibile. Nella fabbriche dello Shanxi non erano pagati affatto”. Ma anche in altre fabbriche “i capi tolgono agli operai le carte d’identità per non farli protestare o fuggire” e non danno l’intera paga.

Han ritiene che sia conseguenza delle tre massime dell’ex presidente Deng Xiaoping: “non importa se un gatto è bianco o nero, è un buon gatto se acchiappa i topi”, “stabilità prima di tutto”, “l’imperativo dello sviluppo”. Dopo la sua presa di potere nel 1978 queste massime sono state la base della politica nazionale di sviluppo economico. Ma la teoria del “buon gatto” “è diventata il possibile pretesto per l’assenza di scrupoli, la ricerca di un veloce successo e una generale mancanza di leggi”. Inoltre funzionari disonesti possono usare le massime dello “sviluppo economico imperativo” e della “stabilità prima di tutto” per giustificare la ricerca di vantaggi personali e per fermare chi li denuncia o anche soltanto protesta.

Con il boom economico degli anni ’90 “il governo, per mantenere una crescita del 10%, ha ignorato l’inquinamento ambientale, l’uso incontrollato delle terre, lo spreco di risorse, il crescente divario tra ricchi e poveri, il collasso dell’ordine pubblico e l’erosione della morale tradizionale”. I lavoratori hanno sopportato la maggior parte dei costi richiesti dalla crescita economica, ma la loro vita non è migliorata. Anzi, “si è formata una nuova classe di lavoratori migranti, sfruttati sia dai capitalisti che dai burocrati e discriminati a causa del sistema di registrazione dei residenti”.

“In una società dove non è più possibile distinguere il bene dal male, il bianco dal nero e il giusto dallo sbagliato”, il cittadino può solo osservare in silenzio, oppure cercare vantaggi a danno di altri. “Per oltre 20 anni il governo ha fomentato una diffusa invidia e una brutale competitività e favorito un’indifferenza che tollera e incrementa questo comportamento. La popolazione cinese vede una società sempre più inumana”.

“Lo scandalo dello Shanxi – conclude - è solo la punta dell’iceberg. Se il governo non cambia via e abbandona queste idee obsolete, non solo il Partito comunista cinese rischia l’estinzione, ma, soprattutto, non ci sarà futuro per il cittadino cinese comune” privo di potere".

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