29/11/2013, 00.00
VIETNAM
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Hanoi, ancora più poteri per il Partito unico comunista

Il Parlamento ha approvato con 486 voti favorevoli su 488 (due astenuti) la riforma della Carta costituzionale. Disattese le speranze di attivisti, intellettuali e vescovi che nei mesi scorsi hanno promosso petizioni in chiave pluralista e multipartito. Siti cattolici: "Questa scelta porterà il Vietnam all’abisso”. "Angoscia" per il futuro del Paese.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Il Vietnam ha approvato una versione aggiornata della Costituzione che rafforza ancora di più il potere e il dominio del Partito comunista in campo politico, sociale ed economico. Il Parlamento ha approvato ieri il testo della nuova Carta, con 486 voti favorevoli su 488 parlamentari, e due soli astenuti; nessun voto contrario. Sono andate deluse le attese di quanti - attivisti, intellettuali, vescovi cattolici - nei mesi scorsi hanno promosso petizioni e iniziative di riforma in chiave democratica, moderna e multipartitica. Lo Stato asiatico resta quindi sotto il rigido controllo dei vertici comunisti di Hanoi e delle varie amministrazioni locali, annichilendo le speranze di un cambiamento sostanziale all'insegna del rispetto dei diritti umani, della libertà di pensiero, di religione e di proprietà dei terreni.

La nuova Costituzione riafferma (e rafforza) il principio secondo cui il Partito comunista è "la forza motrice dello Stato e della società". Archiviate, dunque, le timide prospettive di riforma, sostenute fin da inizio anno da decine di migliaia di cittadini che hanno proposto modifiche, innovazioni, suggerimenti attraverso la Rete. Il governo, con una mossa senza precedenti, aveva chiesto suggerimenti e proposte al popolo per la revisione della Carta, alimentando illusioni per una possibile svolta democratica.

Fra i punti al centro delle modifiche dei riformisti, l'abolizione dell'art. 4 che proteggeva e tutelava il potere del Partito comunista; oltre che la separazione dei poteri fra esecutivo, legislativo e giudiziario. Tuttavia, le speranze di cambiamento - per le quali si è battuto in prima persona anche il vescovo di Vinh, mons. Paul Nguyen Thai Hop, che ha chiesto di sostenere il progetto di riforma - sono andate deluse.

Duro il commento di Phil Robertson, vice-direttore della sezione Asia di Human Rights Watch (Hrw), secondo cui "si è persa una grandissima opportunità per attuare le riforme". Un Paese che "dice di rispettare i diritti, ma li viola di continuo all'atto pratico".  Intellettuali vietnamiti aggiungono che "il Parlamento appartiene [e risponde] al Partito comunista, non certo al popolo vietnamita".

Di contro, la leadership comunista di Hanoi accoglie con favore la nuova Costituzione, parlando di un "momento storico". Il Partito mantiene saldo nelle proprie mani il potere e continua a negare la formazione di altri movimenti politici. Metterne in dubbio l'autorità, inoltre, resta un "grave crimine" per il quale dozzine di attivisti sono finiti in galera. Difatti, dall'inizio del 2012 almeno 65 dissidenti pacifici e attivisti sono stati rinchiusi in prigione, al termine di una ventina di processi condannati con forza dalle associazioni internazionali a difesa dei diritti umani. Sarebbero inoltre almeno 75 i prigionieri di coscienza segregati nelle carceri del Paese, spesso in condizioni detentive durissime.

Dura la reazione di oppositori e dissidenti: il sito Dân Lam Bao sottolinea che "l'adozione della Costituzione manifesta in modo chiaro l'appartenenza dell'Assemblea nazionale al Partito comunista". Dello stesso tenore un articolo pubblicato su diversi siti cattolici, secondo cui "la nuova Costituzione porterà il Vietnam all'abisso". Il 28 novembre è considerato dal presidente del Parlamento "come un bel giorno" per l'introduzione della Carta, ma "questo cosiddetto bel giorno è fonte di disperazione per milioni di vietnamiti, angosciati per il futuro della loro patria". 

 

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