16/03/2018, 10.57
HONG KONG - CINA
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Hong Kong, i fischi contro l’inno nazionale cinese saranno puniti con tre anni di carcere

È una forma diffusa di protesta dei giovani, durante le partite di calcio. La proposta rispecchia una legge già approvata da Pechino, ma non applicabile nella città. Timori per l’autonomia di Hong Kong. L’opposizione non ha i numeri per bloccare la norma.

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Il governo di Hong Kong ha proposto oggi nuove leggi per punire il vilipendio dell’inno nazionale cinese, con pene fino a tre anni di prigione. Una proposta che rispecchia le sanzioni disposte da Pechino nella Cina continentale, sollevando nuovi timori per il futuro delle libertà della città.

Fischiare l’inno nazionale è diventata una forma di protesta diffusa durante le partite di calcio a Hong Kong, un modo per i giovani di dimostrare la loro frustrazione per la crescente influenza del Partito Comunista Cinese sulla cultura e la libertà di Hong Kong.

La norma è stata proposta dal Consiglio legislativo e la data del voto non è ancora stata annunciata, ma è prevedibile una sua facile approvazione, dal momento che l’opposizione non ha sufficienti seggi per bloccarne il passaggio. Sulla base della norma proposta, chiunque “alteri pubblicamente e volontariamente il testo o la partitura” della canzone – la Marcia dei Volontari – in “maniera distorta o derogatoria” o insulti l’inno in qualsiasi altra maniera sarà passabile a tre anni di prigione o 50mila dollari hongkongesi (circa 5.170 euro) di multa. Inoltre, la normativa prevede l’obbligo alle scuole di insegnare l’inno, la sua storia e il suo “spirito”.

Una simile legge è in vigore nella Cina continentale dallo scorso anno, ma non è direttamente applicabile nella città. Nella regione a statuto speciale sono invece in vigore leggi che vietano l’insulto alla bandiera e agli emblemi nazionali, e anche esse prevedono una pena massima di carcere a tre anni.

Hong Kong è stata colonia britannica fino al 1997, quando è tornata alla Cina con la promessa di mantenere le proprie libertà in base al sistema “un Paese, due sistemi”. Ora, è lo stesso Regno Unito a sollevare nel proprio rapporto semestrale preoccupazioni per il futuro dell’autonomia di Hong Kong a causa della “crescente pressione” di Pechino. Timori a cui il governo di Hong Kong ha risposto affermando che i Paesi stranieri non dovrebbero interferire con i propri affari interni.

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