10/02/2009, 00.00
CINA-AFRICA
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Hu Jintao inizia il primo viaggio in Africa nell’epoca della crisi globale

Da anni la Cina aumenta i rapporti economici con i Paesi africani, comprando materie prime. Pechino ama presentarsi come Paese amico, ma spesso è accusata di sfruttamento coloniale. Ora, in periodo di crisi, diminuisce la concorrenza con le società occidentali.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente cinese Hu Jintao inizia oggi il “tradizionale” viaggio in Africa, che lo porterà in Mali, Senegal, Tanzania e Mauritius. Attesi importanti accordi economici, mentre cresce sempre più la presenza e l’influenza cinese nel Continente. Prima di atterrare in terra africana, Hu farà tappa in Arabia Saudita, principale fornitore di petrolio per la Cina.

Fonti del ministero cinese degli Esteri ripetono che il viaggio nel continente nero non ha anzitutto finalità commerciali ma è segno della “buona e profonda amicizia con i Paesi africani”. Pechino ama ripetere che si rapporta a tali Stati in modo paritario e sottolinea che i Paesi toccati da questo viaggio sono privi delle vaste risorse naturali di cui la Cina è alla ricerca.

Ma è  un dato di fatto che gli scambi commerciali con l’Africa sono giunti a 106,8 miliardi di dollari nel 2008, rispetto ai 40 miliardi del 2005. Pechino, anche tramite ditte controllate dallo Stato, ha destinato in Africa finanziamenti e investimenti per decine di miliardi di dollari, soprattutto per assicurarsi diritti di sfruttamento di materie prime: petrolio dal Sudan (Paese contro cui la gran parte del mondo applica un embargo per il genocidio nel Darfur), dalla Nigeria e dall’Angola; cobalto e rame in Zambia e dalla Repubblica Democratica del Congo; ferro in Liberia; bauxite in Guinea.

Pechino porta via preziose materie prime ed esporta la sua merce (tessili, autoveicoli, elettronica, telecomunicazioni), spesso a detrimento delle nascenti industrie locali (ci sono state ampie proteste anticinesi di industriali e commercianti in Sudafrica). Le organizzazioni internazionali la accusano di concludere affari anche con governi corrotti, senza preoccuparsi se le somme pagate vadano ad effettivo vantaggio della popolazione o arricchiscano una ristretta elite di potere.

Le opere finanziate sono spesso realizzate da ditte cinesi.

La Cina è stata talvolta accusata anche di sfruttare la manodopera locale facendola lavorare in condizioni inaccettabili: nel marzo 2008 i minatori dello Zambia sono scesi in piazza e hanno aperto una vera caccia all’uomo contro i proprietari cinesi, salvati dalla polizia. Pechino è pure accusata di sfruttare le risorse locali senza rispetto per l’ambiente e l’ecologia.

Peraltro nel presente periodo di crisi, con molti investitori occidentali che sono in difficoltà, le aziende statali cinesi vedono buone opportunità per rinforzare la loro presenza, investendo in infrastrutture e materie prime d’ogni tipo.

Esperti osservano che, in cambio degli aiuti, la Cina riceve il sostegno dei Paesi africani negli organismi internazionali.

Nella foto: la costruzione del Gran Teatro di Dakar, Senegal, nel quale la Cina ha investito 233,5 milioni di yuan, circa 23 milioni di euro.

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