12/05/2021, 12.14
CINA
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I giovani cinesi non vogliono figli: in pericolo crescita demografica ed economica

Costa troppo e lo Stato non li aiuta. Matrimoni in calo del 12%, nuove nascite del 18%. Con la politica del figlio unico ci sono troppi uomini: circa 118 per ogni 100 donne. Cancellare le politiche di controllo delle nascite non basterà a invertire il trend: gli esperti chiedono sussidi per le coppie.

Pechino (AsiaNews) – I giovani cinesi non vogliono fare figli: costa troppo e lo Stato non li aiuta. Le nuove generazioni preferiscono rinunciare a diventare genitori per mantenere il proprio livello di vita. È il problema che si trovano di fronte le autorità cinesi mentre per il Paese si profila un crollo demografico.

Secondo il ministero per gli Affari civili, lo scorso anno si sono registrati 8,1 milioni di matrimoni: in calo del 12% rispetto al 2019. È il 7° anno consecutivo che diminuiscono le nozze; le cifre del 2020 rappresentano una caduta del 40% da quelle del 2013.

Ieri l’Ufficio nazionale di statistica ha pubblicato i risultati del censimento nazionale. Nel 2020 la popolazione ha superato gli 1,4 miliardi, ma rispetto al 2019 le nuove nascite sono calate del 18%: da 14,65 a 12 milioni.

Le cinesi in età di gravidanza partoriscono 1,3 figli ciascuna, lontano dai 2,1 necessari per mantenere la popolazione stabile. Il dato è inferiore anche a quello del Giappone (1,37 figli per donna), uno tra i Paesi con più anziani al mondo. Alcuni ricercatori stimano che nei prossimi 10 anni la quota di donne cinesi tra 22 e 35 anni si ridurrà più del 30%.

Un altro problema è che con la politica del figlio unico la popolazione maschile è di gran lunga superiore a quella femminile: nella fascia 15-19 anni ci sono 118,39 uomini per ogni 100 donne.

L’invecchiamento della popolazione e il calo del numero di persone in età di lavoro richiedono la modifica e l’adattamento della struttura economica. Secondo diversi osservatori, il ritmo con cui la Cina invecchia è maggiore di quello con cui accumula ricchezza.

Il calo evidente della manodopera rappresenta una minaccia per i leader di Pechino: il regime fonda la propria legittimità sulla crescita economica e sulla promessa di benessere ai cinesi. Ad aprile la Banca centrale cinese ha raccomandato al governo di abbandonare le politiche di controllo delle nascite, perché senza un’azione di questo tipo il Paese perderà la sua forza economica.

I ricercatori dell’istituto monetario hanno confermato in sostanza il fallimento della passata politica del figlio unico. Il suo allentamento nel 2016, con la possibilità di avere due figli per famiglia, non ha cambiato la situazione. Secondo la Banca centrale, la “liberalizzazione” delle nascite deve avvenire ora che vi sono ancora coppie che vogliono avere più figli: per dinamiche socio-economiche, come già accaduto nei Paesi più sviluppati, ciò potrebbe cambiare in futuro.

Diversi esperti sostengono però che cancellare le politiche di controllo delle nascite non basterà a scongiurare il tracollo demografico. I cinesi devono essere anche incentivati a mettere su famiglia. Soprattutto le donne dovrebbero ricevere sussidi per compensare i costi e le rinunce professionali a cui vanno incontro se scelgono di avere figli. Il sostegno finanziario dovrebbe concentrarsi nelle grandi città, dove i costi delle abitazioni e della cura materna sono maggiori.

La sfida è ardua per il Partito comunista cinese. Molte società occidentali, con sistemi di welfare ben più generosi di quello del gigante asiatico, non riescono ad arrestare la caduta delle nascite. Lo stesso discorso vale per il Giappone, dove il declino demografico è coinciso con quello economico.

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