05/01/2011, 00.00
MYANMAR
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I militari celebrano l’indipendenza, il popolo birmano vuole la fine della dittatura

Ieri la giunta ha festeggiato il 63mo anniversario dalla fine del colonialismo britannico. Ma i birmani ricordano che “il giorno della liberazione” deve ancora arrivare, perché il Paese è ancora “oppresso”. Candele accese alla pagoda di Shwedagon per i detenuti politici. Aung San Suu Kyi “fonte di speranza” per un futuro di libertà.
Yangon (AsiaNews) – Il regime militare ha celebrato il 63mo anniversario dell’Indipendenza birmana invitando il popolo a difendere la sovranità nazionale dalle mire di “nazioni aggressive”. Una parata militare ha attraversato le vie della capitale, Naypyidaw, e il generalissimo Than Shwe ha diffuso un messaggio alla nazione. La gente comune, invece, ricorda che “il giorno della liberazione” (lut-lat-ye-ne, in birmano) è ancora lontano, perché il Myanmar è tuttora in una condizione di “oppressione”. Tuttavia, la liberazione di Aung San Suu Kyi – più delle elezioni “farsa” del novembre scorso – e il rinnovato impegno politico e sociale della Nobel per la pace costituiscono “fonte di speranza” per un futuro di libertà.
 
Il 4 gennaio del 1948 la ex Birmania ha conquistato l’indipendenza dalla Gran Bretagna, dopo una lunga battaglia condotta dal generale Aung San, padre della futura icona della lotta democratica Suu Kyi. In un messaggio alla nazione Than Shwe, leader della giunta militare, ha avvertito la popolazione a “guardarsi” dalle mire di “nazioni aggressive” – il riferimento è a Stati Uniti e al blocco Occidentale – che sarebbero “ansiose di conquistare il controllo politico” di una nazione “strategica a livello geografico”. Il nuovo parlamento birmano – nominato in seguito alle elezioni “farsa” di inizio novembre – dovrebbe riunirsi entro la fine di gennaio ed eleggere il nuovo presidente, ma non è ancora chiaro il ruolo che Than Shwe ricoprirà nel nuovo assetto del Paese. Intanto il generalissimo ha ordinato di persona il monitoraggio di oltre 3mila telefoni cellulari di politici (anche del suo partito), dissidenti, attivisti, artisti e giornalisti.
 
Commentando le celebrazioni, fonti di AsiaNews a Yangon – anonime per sicurezza – riferiscono che “il Paese non ha mai conquistato una vera indipendenza”, perché “il giorno della liberazione coincide con quello della nuova oppressione”. Un gruppo di esponenti della Lega nazionale per la democrazia (Nld) “ha pregato e acceso candele alla pagoda di Shwedagon” (vedi il filmato) per gli oltre 2mila prigionieri politici richiusi nelle carceri birmane. “Un gesto bello e significativo – commenta la fonte – unita a una fiera che si è tenuta dal 2 al 4 gennaio e organizzata dalla Nld, a cui hanno partecipato molti giovani accorsi per acquistare prodotti tipici, foto e libri, finanziando in questo modo la lotta democratica”. Sempre in città, al mattino si è svolto un concerto in un parco pubblico alla presenza del sindaco; i giovani hanno donato sangue. “Ma quest’anno – spiega la fonte – giochi e celebrazioni si sono svolti in tono minore”.
 
La liberazione di Aung San Suu Kyi, che ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni agli arresti, ha dato “forza e speranza” alla popolazione, anche se “ci vorrà del tempo, prima che la situazione cambi”. “Ogni cittadino del Myanmar – chiarisce la fonte – deve avere coscienza di essere protagonista della lotta per la liberazione. La ‘Signora’ è sempre prudente, flessibile, forte, ma non può vincere da sola la battaglia”. E conclude con un aneddoto: “All’indomani della liberazione, un cittadino le ha chiesto ‘cosa fate voi della Nld per il Paese’ e Suu Kyi ha risposto: ‘cosa fai tu per il tuo Paese… la vera democrazia è compito di tutti i cittadini”.(DS)
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